di Alessandro Fulloni e Giulia Mietta
Il blitz dei carabinieri nelle sale della mostra. Acquistato da una famiglia genovese a 300mila euro come appartenente alla scuola fiamminga e poi autenticato a Praga. Quotazione milionaria. Dopo la radiografia e il restauro, spunta una seconda Madonna
Non volendolo — o forse s, ancora non chiaro — i proprietari del Rubens sequestrato venerd a Palazzo Ducale a Genova, e finiti sotto inchiesta per riciclaggio ed esportazione illecita, loro malgrado hanno aperto un tema non da poco, destinato ad appassionare chi segue l’arte, sia pure da lontano. Infatti solo grazie al restauro commissionato dai due collezionisti che acquistarono l’opera nel 2012 — indagati assieme a un commercialista e al figlio, loro complici nei passi truffaldini predisposti per portare il quadro fuori dai nostri confini — emerso il pentimento avuto dal pittore fiammingo davanti alla sua tela. Il prima della sua tela su olio — 184,5 per 150 centimetri — vede ritratti unicamente una Madonna sulla sinistra accanto a Ges che la guarda da destra. Scena che per non doveva avere del tutto convinto Rubens. Tanto da inserire nella prospettiva, non si sa se nell’immediatezza o in tempi successivi, un’altra Madonna, posizionata tra le due figure precedenti ma poi, chiss perch, ricoperta.
Appunto: nell’arte il pentimento, quel ripensamento in corso d’opera che un pittore o uno scultore mettono in atto, mascherando la versione precedente non ritenuta soddisfacente per i pi svariati motivi. A confermare il dietrofront del fiammingo non solo una fonte giudiziaria, ma la scheda del quadro fornita da Palazzo Ducale. I proprietari — un sardo e un toscano, evidentemente ben addentro ai segreti dell’arte — disposero una radiografia, che solitamente il primo passaggio diagnostico che consente di vedere se esiste qualcosa sotto ci che si vede in superficie. Poi, nel 2015 un restauratore in Italia rimosse gli strati superiori pittorici facendo emergere la seconda figura della Madonna, quella visibile a Palazzo Ducale nella mostra dedicata a Rubens e che, gi prima del sequestro, stava riscuotendo un enorme successo di pubblico.
Da subito, gi da ottobre, all’inaugurazione, la scoperta del pentimento nell’opera esposta in anteprima mondiale aveva acceso il dibattito: giusto o no ricoprire, in vista di future esposizioni, la seconda Madonna, riportando il quadro alla prospettiva voluta da Rubens? Dubbi che non investono certo la nostra indagine taglia corto, sia pure divertito e interessato, un carabiniere del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale di Genova che ha condotto l’indagine. Agli atti dell’inchiesta coordinata dalla pm Eugenia Menichetti e affidata agli investigatori dell’Arma diretti da Alessandro Caprio ci sono documenti falsificati, societ di comodo create nell’Est europeo, vendite fittizie. E quotazioni milionarie, destinate a salire vertiginosamente. Il raggiro — del quale, va detto chiaramente, Palazzo Ducale parte lesa, avendo anche collaborato fattivamente all’inchiesta — ha preso corpo nel 2012, quando gli eredi di una famiglia nobile di Genova decide di mettere in vendita il capolavoro del fiammingo.
Ma a questo punto il caso di fare un lungo passo all’indietro, per approdare agli anni tra il 1600 e il 1608, quelli del soggiorno di Rubens in Italia. Quando vi si stabilisce per un lungo periodo, quello del pittore verso la Superba amore a prima vista. Tra carruggi e creuze, il fiammingo dipinge il possibile, dai ritratti della nobilt locale alle pale d’altare. Fonti attestano il Cristo risorto a Genova nel 1818, poi transita in due dimore dei Cambiaso, tra cui Palazzo Pitto, inserita nel circuito dei Rolli (i palazzi storici, destinati, tra l’altro, all’accoglienza di re, imperatori e papi, e dichiarati patrimonio dell’umanit dall’Unesco). Gli eredi avevano provato a vendere il quadro, ben sapendo che fosse un Rubens, inizialmente senza riuscirci. Nel 2012 riescono a piazzarlo ai due collezionisti indagati, accontentandosi di 350 mila euro. I nuovi proprietari fanno uscire il dipinto dall’Italia dichiarando falsamente, all’ufficio esportazione della Sovrintendenza di Pisa, che era di un anonimo autore fiammingo e che valeva 25 mila euro.
Aiutati da un commercialista e dal figlio, dopo una serie di passaggi a societ estere il quadro —nel frattempo attribuito ufficialmente a Rubens dopo delle perizie affidate in Belgio ai massimi esperti, estranei anch’essi all’inchiesta — stato prestato per la mostra, dopo averlo assicurato per un valore di quattro milioni. L’esposizione a Genova avrebbe consacrato l’opera in tutto il mondo contribuendo ad aumentare a dismisura il valore del Cristo risorto appare alla madre in vista di successive mostre previste nel Nord Europa. Anna Orlando, curatrice della mostra, precisa: Sotto inchiesta non il quadro, ma sono le vicende che lo hanno riguardato, passaggi di propriet che risalgono a molti anni fa quando l’opera era sconosciuta a tutti. Ma bisogna essere molto chiari nel dire che non stiamo parlando di un falso. L’opera autentica ed stata esposta con tutte le cautele e le spiegazioni in un settore della mostra dove abbiamo deciso di esporlo come opera di Rubens e bottega, e c’ una parete intera che spiega il perch di questa decisione, che coinvolge pi strutture e pi studiosi.
Da Palazzo Ducale, sede della mostra, parlano di piena e assoluta collaborazione con i carabinieri e ribadiscono come la richiesta di prestito dell’opera sia avvenuta nel pieno rispetto delle normative vigenti: E non potrebbe essere altrimenti, considerato il ruolo che la Fondazione svolge non soltanto a livello cittadino, sono le parole della direttrice Serena Bertolucci. Ma ora? Mentre la mostra continua ad essere frequentatissima il Cristo di Rubens resta sotto sequestro, impossibile per ora ammirarne luci e colori. Da Palazzo Ducale l’appello che venga disposto il dissequestro prima del termine dell’esposizione previsto il 5 febbraio. Ma il pentimento sar ricoperto di nuovo come volle Rubens? Nessuno si sbilancia. Staremo a vedere.
1 gennaio 2023 (modifica il 1 gennaio 2023 | 07:37)
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