Gianni Clerici è morto, addio al giornalista e scrittore: aveva 91 anni

Gianni Clerici è morto, addio al giornalista e scrittore: aveva 91 anni

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di Gaia Piccardi

Una vita dedicata al tennis, che aveva anche raccontato in tv assieme a Rino Tommasi: a luglio avrebbe compiuto 92 anni

Si è chiuso la porta alle spalle infilandosi tra i suoi grandi amori, il Roland Garros e Wimbledon, in punta di piedi come per non disturbare l’impresa mostruosa di Rafa Nadal, vincitore domenica a Parigi del 14esimo titolo, e la prossima di chi alzerà la coppa sull’erba di Church Road. Se n’è andato Gianni Clerici , il campione della bella prosa, l’aedo dei gesti bianchi, lo scriba capace in un diluvio di parole forbite di non lasciarsi mai sfuggire lo spunto tecnico, la pennellata felice che ti aiutava a capire perché Boris Becker aveva vinto Wimbledon a 17 anni e Andre Agassi perso per l’ennesima volta da Pete Sampras, avendo lui stesso giocato a tennis (anche nel giardino dell’All England Club, «immeritatamente» come diceva Gianni: correva il 1953) e bene.

Una partecipazione a Wimbledon

È morto a Bellagio, sul lago di Como, quarantotto giorni prima del 92esimo compleanno (i numeri gli piacevano fino a un certo punto ma se erano funzionali alla narrazione venivano piegati con maestria alle esigenze delle storie), ex tennista, giornalista (penna storica di Repubblica insieme agli altri due enormi Giuan, Brera e Mura), scrittore, una vita dedicata al gioco della pallacorda, uomo intelligente, colto e garbato. Aveva vinto due titoli nazionali juniores di doppio insieme all’amico Fausto Gardini (‘47 e ‘48), raggiunto la finale del singolare (‘50), conquistato la Coppa de Galea a Vichy, successi con cui in sala stampa intratteneva i giovani colleghi senza prendersi mai troppo sul serio, infarcendo i racconti con aneddoti esilaranti e iperboli raffinate, e chi aveva la fortuna di fargli compagnia a cena li riascoltava ridipinti di nuovi colori, quegli aneddoti mai uguali a se stessi, come le corrispondenze che ha inviato a Repubblica dai quattro angoli del tennis (Melbourne, Parigi, Londra, New York) per oltre trent’anni. Sempre da singolarista, vantava una partecipazione a Parigi (‘54) e Wimbledon (‘53): aveva raggiunto Church Road con un avventuroso viaggio in macchina e perso al primo turno. E che quell’avventura non fosse andata oltre era un piccolo, sottile, rammarico.

Giornalista e scrittore

In quei ruggenti anni Cinquanta, già scriveva sulla Gazzetta dello Sport. Poi, nel ’56, il passaggio al Giorno, dove aveva trovato un fuoriclasse del suo livello, Gianni Brera, come caporedattore. Ma è su Repubblica che la sua produzione — inframmezzata dalla pubblicazione di libri che sono rimasti nella storia della letteratura sportiva (il suo «500 anni di tennis», andato in libreria nel ‘74, aggiornato e ripubblicato in continuazione, è un totem venerato da generazioni di appassionati), da romanzi diventati opere teatrali (uno su tutti: Divina, Suzanne Lenglen, storia della prima personalità esuberante ed eccentrica del tennis femminile, donna di fine 800 per la quale Gianni aveva un dichiaratissimo debole) e persino da raccolte di poesie —, ha toccato l’apice.

Da Bill Tilden alla Santissima Trinità, Federer-Nadal-Djokovic, non c’è giocatore di tennis fenomenale o scarso che Clerici non abbia accarezzato con i suoi giri di parole, fino all’evento cui noi tutti credevamo non avremmo mai assistito — Francesca Schiavone prima tennista italiana a conquistare uno Slam, a Parigi nel 2010 —, quando la strepitosa Next Gen di azzurri (Matteo Berrettini, Jannik Sinner, Lorenzo Musetti) era ancora un pensiero che la mente non considerava. E chissà quali nuovi neologismi si sarebbe inventato per raccontare l’ascesa nei top 10 di Matteo e Jannik, a lungo allenato da Riccardo Piatti, coach lacustre come Gianni e suo buon amico, che oggi lo piange come tutto il mondo dello sport e della cultura.

Istrionico alla tv

Chi ha avuto il piacere di ascoltare le sue telecronache insieme a Rino, l’amico di una vita, sa che l’era del tennis alla televisione si divide in due periodi: le trasmissioni di Clerici e Tommasi (il poeta e lo scienziato, Gianni sempre scanzonato e Rino aggrappato alla logica stringente dei numeri, delle statistiche, dei record) e tutto ciò che è venuto dopo. Celebre la volta in cui, raccontando un match dall’Australia, l’istrionico Clerici riuscì a trascinare l’algido Tommasi in un’esilarante versione di «Bingo bango bongo» che — proposta oggi — solleverebbe onde di indignazione social e interrogazioni parlamentari.

Considerato uno dei maggiori esperti di tennis al mondo, Gianni Clerici nel 2006 era stato inserito nella International tennis Hall of Fame a Newport, secondo italiano nella storia dopo Nicola Pietrangeli. Pochi hanno amato il tennis, riamato, come lui. E se la pallina di certo continuerà a rimbalzare per i courts del pianeta, oggi che Gianni non c’è più la rete sembra un po’ allentata, l’erba di Wimbledon di un verde meno brillante, il rosso della polvere di mattone di Parigi più spento e la sua amata Venus Williams («splendida modella disallenata» la definì un anno al Foro Italico durante gli Internazionali d’Italia, che gli dedicheranno la sala stampa) un po’ più vecchia. Come noi tutti, d’altronde.

6 giugno 2022 (modifica il 6 giugno 2022 | 21:54)

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, 2022-06-06 19:55:00, Una vita dedicata al tennis, che aveva anche raccontato in tv assieme a Rino Tommasi: a luglio avrebbe compiuto 92 anni, Gaia Piccardi

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