di Monica Guerzoni Richiamo alla prudenza: serve un segnale per l’Europa Fare presto, fare bene ed evitare passi falsi. Giorgia Meloni ha sin troppo chiaro in testa che la prima manovra economica del suo governo è un test decisivo per la credibilità dell’Italia. Una prova che non si può fallire, a costo di far fibrillare (sottotraccia) i partiti. Con uno stato d’animo che tiene assieme fiducia nella solidità della squadra e preoccupazione per il quadro economico generale complicato dalla guerra in Ucraina, la presidente aprirà nel tardo pomeriggio di oggi il Consiglio dei ministri. Il testo non è chiuso, perché negli uffici della Ragioneria c’è ancora un margine di incertezza riguardo alle coperture di alcune misure. Ma nell’agenda dei ministri è scritto «Cdm alle 17». Potrebbe essere preceduto da una riunione tecnico-politica e dovrà dare il via libera a una legge di Bilancio da 32 miliardi circa, due terzi dei quali in deficit (21 miliardi) impegnati per contrastare la crisi energetica e aiutare le famiglie e le imprese a pagare le bollette: misure che ricalcano la strategia del governo Draghi e alle quali potrebbe aggiungersi una norma per imporre un price cap nazionale al costo dell’energia. Tra Palazzo Chigi e via XX Settembre i tecnici hanno fatto le ore piccole anche nel week end, la presidente ha sentito più volte il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti per sciogliere (o tagliare di netto) gli ultimi nodi e decidere «misure concrete e realizzabili per sostenere la famiglia». Un esponente del governo che ha visto la bozza assicura che «non ci saranno grandi sorprese». Come ha spiegato nell’ultimo incontro politico Giorgetti, con i pochi soldi che ci sono in cassa i fuochi d’artificio non si possono sparare. Si farà quel che si può, è la strategia della prudenza di Meloni, che per placare gli appetiti dei partiti delinea come orizzonte del governo una intera legislatura. Per stupire e sedurre ci sono cinque anni di tempo, è il messaggio che la premier porterà anche oggi in Cdm. «Adesso la nostra priorità è affrontare l’emergenza e dare all’Europa e ai mercati un segnale di grande serietà e senso di responsabilità», ragiona con i ministri più fidati la leader di Fratelli d’Italia. E spiega perché non ci saranno «azioni spericolate», vale a dire quelle misure di grande impatto su pensioni e Fisco sbandierate dalle forze politiche in campagna elettorale: «Non ci sono le risorse, non c’è il tempo e non possiamo sbagliare. Siamo arrivati da 30 giorni e abbiamo poco più di mese per approvare la manovra». Nulla può dirsi certo fino all’ultimo minuto, ma l’ipotesi di tagliare l’Iva sui beni di prima necessità come pane, pasta e latte rischia di tramontare. Salvini ci spera ancora, perché «sarebbe un bel segnale». Berlusconi la ritiene una misura «essenziale» per tutelare le fasce più deboli. Ma un ministro la chiude lì: «Non è importante, non si fa». Come ha dichiarato al Corriere il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, sforbiciare di pochi punti l’Iva è una misura che «incide poco» e rischierebbe di non portare grandi benefici. Insomma, realismo e prudenza, vista la «forte preoccupazione» per le conseguenze economiche e sociali del conflitto in Ucraina. Il taglio del cuneo fiscale potrebbe salire dal 2% al 3%, ma privilegiando gli stipendi più bassi. La flat tax al 15% per autonomi e partite iva sarà estesa fino al tetto di 85 mila euro, con buona pace di Forza Italia che spingeva per arrivare a 100 mila. E sulle pensioni Salvini deve accontentarsi di quota 103, 41 anni di versamenti e 62 di età: una riforma contenuta, perché più di 750 milioni proprio non si possono spendere. E se Giorgia Meloni resta determinata a rivedere il reddito di cittadinanza e a combattere le truffe legate al sussidio, anche lei si è convinta che la misura simbolo del M5S vada stoppata gradualmente, anche per non andare in corto circuito con la volontà di ridurre le diseguaglianze e sostenere i redditi più bassi. «Il quadro economico e internazionale è molto complesso, non possiamo non essere preoccupati», dirà oggi la premier ai ministri anche per motivare il monito con cui ha respinto i desiderata dei leader di maggioranza e l’arrivo in Cdm di una manovra pressoché blindata: «Non siamo in uno scenario che consente di scendere a compromessi». E il governo non può essere quello che «sfascia i conti». Matteo Salvini, che va avanti a video su Tik Tok all’insegna del «si può fare di più», vorrebbe bloccare le cartelle esattoriali anche «da 5 o 10 mila euro», ma dovrà accontentarsi di azzerarle solo sotto i mille. Il leader della Lega smentisce tensioni («c’è assolutamente accordo»), eppure qualche attrito ha creato l’uscita leghista di un bonus matrimoni. Prova ne sia la nota con cui alle nove di sera Palazzo Chigi ha chiuso la norma fuori dal testo della manovra: «Proposta di iniziativa parlamentare, non è allo studio del governo». 21 novembre 2022 (modifica il 21 novembre 2022 | 07:15) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-11-21 12:43:00, Richiamo alla prudenza: serve un segnale per l’Europa, Monica Guerzoni