Giovanni Melillo è il nuovo procuratore Antimafia

Giovanni Melillo è il nuovo procuratore Antimafia

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di Giovanni Bianconi

Battuto il rivale Nicola Gratteri con 13 voti a 7. Ora si apre la partita per la Procura di Napoli

È Giovanni Melillo, il nuovo procuratore Antimafia. Lo ha nominato il plenum del Csm preferendolo a Nicola Gratteri. Attuale procuratore di Napoli, Melillo è stato capo di gabinetto di Andrea Orlando quando era ministro della Giustizia. È nato a Foggia, ha 61 anni. Il plenum lo ha nominato con 13 voti, 7 sono andati al procuratore di Catanzaro Gratteri, 5 al procuratore aggiunto della Dna Giovanni Russo.

È stato scelto il magistrato che «ha dedicato la propria vita professionale al contrasto alla criminalità organizzata» mantenendo sempre un profilo «autorevole, sobrio e riservato», al posto di quello «che più di tutti evoca la lotta alla mafia anche in virtù di una presenza mediatica collegata ai processi che ha fatto». Il procuratore di Napoli Giovanni Melillo ha vinto sul procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, ed è il nuovo procuratore nazionale antimafia, nominato dal Consiglio superiore della magistratura con 13 voti. Gli altri consiglieri si sono divisi tra Gratteri (7 voti) e Giovanni Russo, l’attuale procuratore nazionale aggiunto Giovanni Russo, che ne ha avuti 5. Con Melillo si sono schierati i cinque componenti di Area (il gruppo della «sinistra giudiziaria» che l’ha proposto e al quale lui stesso aderisce), i tre «centristi» di Unità per la costituzione, i laici Filippo Donati e Alberto Benedetti (Cinque stelle) e Michele Cerabona (Forza Italia) insieme ai vertici della Cassazione: il primo presidente Pietro Curzio e il procuratore generale Giovanni Salvi. Loro solitamente si astengono ma stavolta hanno deciso di esprimere la loro preferenza perché – come hanno spiegato nel dibattito che ha preceduto il voto – l’Ufficio della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo è incardinato presso la Corte suprema, ha dimensioni e competenze nazionali, e proprio per le sue peculiarità è bene che abbia una guida «scelta con il maggior consenso possibile».

Proprio i due voti dei vertici della Cassazione sono risultati decisivi a raggiungere una maggioranza sufficiente a evitare il ballottaggio con Gratteri, sul quale probabilmente sarebbero confluiti tutti o quasi i voti inizialmente andati a Russo (i quattro di Magistratura indipendente più il laico forzista Alessio Lanzi), provocando un testa a testa tra quelle che il laico Stefano Cavanna (di derivazione leghista, schierato con Gratteri) ha definito «due visioni diverse di concepire il contrasto alla criminalità organizzata»: da un lato «la prudenza» di Melillo (espressione da lui usata per illustrare l’approccio ai colloqui investigativi con i detenuti, concessi ai magistrati della Superprocura) e dall’altro l’atteggiamento più “barricadero” del procuratore di Catanzaro, «che definisce i colloqui investigativi una fonte inesauribile di informazioni, e che non intendeva usare la Procura nazionale come luogo di incontri conviviali».

Naturalmente – ha replicato chi ha votato per Melillo – il neo procuratore nazionale antimafia non intendeva affatto privilegiare la prudenza nel contrasto alle mafie né ridurre l’ufficio romano di via Giulia a sede di rappresentanza, bensì privilegiare un uso meno disinvolto dei colloqui investigativi che in passato hanno provocato non pochi problemi nei rapporti con le Procure distrettuali (come ha ricordato il pg Salvi). Per Gratteri, oltre ai laici indicati dalla Lega (Emanuele Basile oltre a Cavanna) hanno votato i tre togati di Autonomia e indipendenza (Sebastiano Ardita, Giuseppe Marra e Ilaria Pepe) e Nino Di Matteo, un’intera carriera dedicata alle indagini antimafia nelle procure di Caltanissetta e Palermo prima di approdare proprio a quella nazionale. «Una scelta diversa significherebbe la bocciatura di un magistrato particolarmente esposto al rischio di attentati proprio a causa delle sue indagini – ha spiegato Di Matteo –, e rappresenterebbe una pericolosa presa di distanza nei suoi confronti, foriera di ulteriori rischi. Attenzione a non ricadere negli errori che il Csm ha fatto in passato, quando contribuirono a un isolamento divenuto terreno fertile per omicidi eccellenti e stragi».

Un paragone con gli eventi che trent’anni fa precedettero gli eccidi di Capaci e via D’Amelio in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, dal quale altri consiglieri hanno voluto prendere le distanze (ad esempio Giuseppe Cascini, di Area) confermando la stima e la difesa di Gratteri, già espressa di fronte agli attacchi ricevuti anche dal mondo politico. In questo caso si trattava, per i sostenitori di Melillo, semplicemente di scegliere il candidato più idoneo in virtù delle esperienze maturate finora, valutazione nella quale hanno pesato i trascorsi di Melillo sia alla Superprocura come sostituto, sia in uffici collegati alla presidenza della Repubblica e al governo: è stato capo di gabinetto del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Trascorsi che per altri rappresentavano un ostacolo. Mai citato esplicitamente, ma indicato attraverso l’esaltazione del diverso percorso di Gratteri: «indipendenza piena dal potere politico» (Di Matteo), «non ha mai avuto ruoli curiali né a contatto con il potere esecutivo» (Cavanna), «simbolo dei magistrati senza collegamenti con la politica e che fanno carriera senza appartenere ad alcuna corrente» (Marra). Nel 2014 Matteo Renzi aveva pensato di proporlo come ministro della Giustizia, poi non se ne fece più nulla. Con la scelta di Melillo alla guida della Superprocura, ora si aprirà la corsa alla Procura di Napoli, la più grande d’Italia per dimensioni: se Gratteri concorrerà, sarà tra i candidati più accreditati e quotati.

4 maggio 2022 (modifica il 4 maggio 2022 | 13:03)

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, 2022-05-04 11:23:00, Battuto il rivale Nicola Gratteri con 13 voti a 7. Ora si apre la partita per la Procura di Napoli, Giovanni Bianconi

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