Il circo è il primo spettacolo dal vivo a cui partecipa, personalmente, un bambino (a scuola, se ad accompagnare l’alunno è l’istituto, con i propri docenti, o con i genitori se allo spettacolo il bambino è accompagnato dai genitori). La sua poliedricità di valori è stata, nel corso dei numerosi secoli, tra le più produttive fonti di capacità creativa per poeti, artisti e cineasti. Il circo italiano, tra i numerosi al mondo – come sottolinea adeguatamente la proposta di legge d’iniziativa dei deputati Goisis, Bragantini, Callegari, Dal Lago, Luciano Dussin, Gidoni, Grimoldi, Maccanti, Munerato, Negro, Rivolta, avente come denominazione “Delega al Governo e altre disposizioni concernenti la disciplina delle attività circensi” presentata l’11 marzo 2009 – ha dato inizio alle più grandi tradizioni del mondo, con le sue famiglie le cui tracce si immergono nella commedia dell’arte, realizzando i primi circhi in Russia, in Francia e nelle diverse America e originando, nei secoli, talenti individuati a livello planetario.
Dal 1968, anno nel quale è stata emanata in Italia la prima legge al mondo sul circo, la legge 18 marzo 1968, n. 337, tale settore ha avuto uno sviluppo rilevante: la qualità e il prestigio dei maggiori circhi italiani si sono considerevolmente ampliati; le industrie e le competenze del nostro Paese collegate ai supporti per il settore (attrezzature, consulenze) sono divenute leader in campo universale; la fondazione dell’Accademia dell’arte circense ha importato la nozione di formazione circense; è stato previsto un protocollo tra circensi e animalisti; l’attenzione recente del mondo intellettuale verso la sperimentazione del «nuovo circo» e le arti di strada ha riscoperto, in linea con le nuove tendenze internazionali, il circo come soggetto di arte e di cultura anche nel mondo mediatico.
La formazione, la scuola e la pensabile curvatura circense
Il circo è, chiaramente, un evento culturale e sociale prima di tutto artistico. Mel nostro Paese tale settore è il solo a non aver adeguate norme capaci di supportare e incoraggiare la ricerca scientifica e la sperimentazione. I progetti di «circhi sperimentali e di ricerca» stanno conquistando un nuovo pubblico con iniziative non originarie obbligatoriamente dalla tradizione circense, collegate a diverse arti contemporanee e alle già ricche reti di produzione e di circuitazione culturali mondiali dai quali, purtroppo, talvolta ma non sempre, per fortuna, l’Italia è ogni tanto assente. Una necessità parallela è quella di rinnovare la formazione circense uguagliandola al livello e alle scelte dei principali Paesi del mondo. Il modello di «Accademia dell’arte circense» italiana è senza dubbio una delle migliori al mondo. Una ulteriore modernizzazione della struttura didattica, una istruzione superiore a curvatura circense e lo scambio con le altre arti formative europee e mondiali potrebbe permettere a questa arte importantissima di non scomparire.
La scuola e l’inclusione degli alunni itineranti: un esempio di Protocollo
Una dimensione così complessa necessita di una particolare attenzione da parte della scuola. Il contesto circense necessita di un’attenzione particolare per i figli degli attrazionisti in età scolare. Il loro iter scolastico, infatti, per forza maggiore, e per via di questa diversificata permanenza sui territoti, è costellato di varie tappe, più o meno lunghe e di numerosi, spesso difficoltosi, incontri con insegnanti e compagni di classe. In questi casi la scuola deve cercare di ricevere le diverse esigenze dei bambini e dei ragazzi nel migliore dei modi possibili, impegnandosi per capitalizzare al massimo sul piano didattico (per quel che si può) e più e meglio ancora educativo e formativo le esperienze di vita, di cui gli attrazionisti sono portatori. Il Protocollo di cui dovrebbero dotarsi le scuole che insistono sui territori a maggiore presenza di circhi dovrebbe essere finalizzato alla piena inclusione degli alunni itineranti nella scuola dell’Infanzia, primaria e secondaria di primo grado”. Tale attenzione sancirebbe il passaggio dal “diritto di accesso” alla scuola al “diritto di percorso”. Una scolarizzazione che si realizzasse attraverso il mero adempimento dell’obbligo di frequenza, senza tener conto delle specifiche esigenze degli alunni , oltre a rivelarsi del tutto inefficace, tradirebbe lo spirito sia del nostro ordinamento scolastico sia dei fondamentali principi informatori di una moderna società civile. Non va dimenticata la bilateralità del principio dell’obbligo, che impone alle famiglie degli alunni di garantire ai figli la frequenza e alla scuola il dovere di predisporre, per quanto possibile, un’organizzazione proficua, soddisfacente e rispondente ai reali bisogni degli stessi. Il Protocollo dovrebbe contenere criteri e indicazioni riguardanti l’inserimento degli alunni itineranti e definisce i compiti e i ruoli degli operatori scolastici. Numerose scuole, in Italia, hanno previsto un apposito protocollo e si adorano a che i bambini e i ragazzi abbiano una scuola nella quale costruire i propri progetti di vita, segnaliamo tra quelle maggiormente impegnate, l’eccellente istituto comprensivo statale “Dante Alighieri” di Opera (Mi), guidato con grande spirito inclusivo e con spiccate qualità manageriali dalla Dott.ssa Giuseppina Lavorio, che indubbiamente, con i suoi validissimi documenti e le sue numerose sperimentazioni, possiamo considerare tra quelle scuole che guardano agli altri con una grande attenzione.
L’obbligo di iscrizione e la presa in carico del minore
Gli alunni soggetti all’obbligo di istruzione devono essere iscritti a una scuola che si faccia carico del minore, fino a una eventuale diversa scelta operata, anche successivamente, dalla famiglia. La stessa scuola è responsabile di procurarsi gli esiti dello scrutinio finale e definire, per intero e complessivamente, quella che è, a punto terminal del percorso, la documentazione certificativa.