Gli interessi economici non sono tutto: ricerca e conoscenza come exit strategy

Gli interessi economici non sono tutto: ricerca e conoscenza come exit strategy

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di Barbara Stefanelli

A uno stop del gas russo risponderà meglio chi (stati, istituzioni, imprese) ha investito su nuovi modelli di sviluppo

«La quantità induce la peggiore delle perversioni: sminuire la gravità di ciò che è gravissimo, per questo da un certo punto in poi non vengono più contati i caduti di una guerra, almeno finché la guerra dura e continua a fare morti. E talvolta i responsabili prolungano inutilmente i conflitti proprio per questo: perché non si comincino a contare i morti che peseranno sulle loro spalle». Così riflette Javier Marías – che sempre pone la lente della scrittura sulla consapevolezza e le scelte degli individui – in Tomás Nevinson, il suo ultimo romanzo innescato dalla storia di due uomini (uno nella finzione e uno nella realtà) che ebbero la possibilità di uccidere Hitler. Ebbero dunque la chance, fuggevole ma concretissima, di evitare all’umanità una guerra mondiale e i campi di concentramento.

INQUIETA IL SONDAGGIO IPSOS DI APRILE SECONDO CUI CIRCA IL 30 % DELLE POPOLAZIONI NEGLI STATI EUROPEI (IL 35% IN ITALIA) GIUDICA QUANTO STA ACCADENDO A KIEV, MARIUPOL, ODESSA, LEOPOLI «UNA CRISI REMOTA»

Ogni conflitto ci chiama a non pensare mai che quanto accade nella battaglia – oggi, domani – possa non riguardarci. Ci chiama a non invocare la tregua se non quando le vittime, gli invasi, gli aggrediti saranno stati accompagnati verso un porto sicuro e consolati delle macerie delle loro vite con la promessa di una giustizia possibile. La guerra di Putin all’Ucraina ci riguarda. E continua a riguardarci in questo terzo mese di dispacci dal fronte orientale o di aggiornamenti via Telegram. È per questa ragione che inquieta il sondaggio Ipsos di inizio aprile secondo cui circa il 30 per cento delle popolazioni negli Stati europei (il 35 in Italia) giudica quanto sta accadendo a Kiev, Mariupol, Odessa, Leopoli «una crisi remota», per la quale non avrebbe senso subire conseguenze dirette. Gli interessi economici – come abbiamo imparato a chiamare i parametri che sembrano poter definire il benessere – sono importanti, entrano a determinare le nostre giornate e prospettive. Ma infinitamente di più conta ciò che siamo nel presente e vorremmo fossero i nostri figli e le nostre figlie in un futuro di libertà.

Se dire «valori» ci suona subito faticoso, quasi una parola divenuta astratta e impronunciabile, simile a quelle che – «funghi ammuffiti» – si disfacevano nella bocca del giovane Lord Chandos di Hugo von Hofmannstahl, autore austriaco di inizio Novecento, allora proviamo a dirci che il primo dei nostri interessi vitali è non abdicare come sistema democratico-liberale ancora funzionante e persino resiliente. Proviamo a dirci che se una cosa ci ha insegnato l’invasione di Vladimir Putin è che il denaro non è il solo mezzo che possa garantire una exit strategy nelle grandi prove globali. Disporre di più capitali non ci salverà, non sarà abbastanza. Aver dichiarato alla Russia una guerra finanziaria, che paralizza le riserve della Banca centrale moscovita, è una delle leve che incideranno sul seguito di un’offensiva che voleva sbrigarsi in un lampo.

E tuttavia, forse per la prima volta dopo 70 anni di azzeramento occidentale del senso di vulnerabilità, abbiamo scoperto che la conoscenza può fare la differenza quanto le risorse economiche nell’immediato. E spingerci avanti, nonostante tutto. I mercati, gli accordi commerciali non sono l’unico meccanismo che tiene insieme gli Stati e ne protegge gli equilibri aggiustandoli man mano. Se le forniture di gas russo verranno sospese, per fare l’esempio più forte di questi giorni, starà meglio chi – Stati, istituzioni, imprese – ha investito in ricerca; chi ha saputo confidare nella scienza e ha creduto nell’esplorazione di altre fonti di energia; chi sta scommettendo sulla possibilità di immaginare nuovi modelli di sviluppo e convivenza. C’è una vulnerabilità interna alle democrazie ed è questa la nostra prima linea.

5 maggio 2022 (modifica il 5 maggio 2022 | 21:29)

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, 2022-05-05 22:49:00, A uno stop del gas russo risponderà meglio chi (stati, istituzioni, imprese) ha investito su nuovi modelli di sviluppo, Barbara Stefanelli

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