Globalizzazione, fischi, paesaggi: i dubbi su Eurovision

Globalizzazione, fischi, paesaggi: i dubbi su Eurovision

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di Aldo Grasso

Ci sono paesi che hanno un quinto del nostro patrimonio storico, artistico e paesaggistico eppure hanno una cultura dell’accoglienza che noi ci sogniamo

Proviamo a porci qualche domanda sull’Eurovision Song Contest, visto l’entusiasmo generale che sta avvolgendo la manifestazione. È vero che c’è una qualche sproporzione fra l’imponente apparato produttivo Rai, dalla perfetta organizzazione all’impianto scenico, e la qualità delle canzoni? È vero che Laura Pausini non sa presentare e sarebbe stato meglio invitarla solo come grande interprete? Lo spirito di ESC è attraversato da un sincero sentimento europeista o ci troviamo di fronte a una delle non poche manifestazioni globalizzate dove, a parte le lingue, tutto si assomiglia? (Motivo per cui mi ha molto colpito il passaggio in finale di «In corpore sano» dei serbi Konstrakta, una canzone che parla della salute mentale; davvero un corpo non so quanto sano ma certamente estraneo).

È vero che il pubblico in sala ha fischiato la Macedonia del Nord perché la loro nazionale di calcio ha fatto fuori la nostra alle qualificazioni dei mondiali? Perché Achille Lauro, in quota San Marino, e Emma Muscat, in quota Maria De Filippi, sono stati eliminati? È vero che, in fondo, la sagra di paese non ci dispiace? È vero che il nuovo immaginario nasce da TikTok? Il fatto che quasi tutti i paesi si buttino sulla fluidità significa che la fluidità stessa sta entrando nel novero dei luoghi comuni generazionali? Il grande successo di Cristiano Malgioglio, un fidanzato in ogni paese, significa che è il miglior interprete dello spirito queer che anima molta parte della manifestazione, all’insegna dell’eccesso, del travestimento, della clownerie? È vero che non ci meritiamo, intendo come italiani, il meraviglioso paesaggio riproposto dai droni?

Ci sono paesi che hanno un quinto del nostro patrimonio storico, artistico e paesaggistico eppure hanno una cultura dell’accoglienza che noi ci sogniamo. Quest’ultima è la sola risposta sicura.

13 maggio 2022 (modifica il 13 maggio 2022 | 20:36)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-05-13 19:09:00,

di Aldo Grasso

Ci sono paesi che hanno un quinto del nostro patrimonio storico, artistico e paesaggistico eppure hanno una cultura dell’accoglienza che noi ci sogniamo

Proviamo a porci qualche domanda sull’Eurovision Song Contest, visto l’entusiasmo generale che sta avvolgendo la manifestazione. È vero che c’è una qualche sproporzione fra l’imponente apparato produttivo Rai, dalla perfetta organizzazione all’impianto scenico, e la qualità delle canzoni? È vero che Laura Pausini non sa presentare e sarebbe stato meglio invitarla solo come grande interprete? Lo spirito di ESC è attraversato da un sincero sentimento europeista o ci troviamo di fronte a una delle non poche manifestazioni globalizzate dove, a parte le lingue, tutto si assomiglia? (Motivo per cui mi ha molto colpito il passaggio in finale di «In corpore sano» dei serbi Konstrakta, una canzone che parla della salute mentale; davvero un corpo non so quanto sano ma certamente estraneo).

È vero che il pubblico in sala ha fischiato la Macedonia del Nord perché la loro nazionale di calcio ha fatto fuori la nostra alle qualificazioni dei mondiali? Perché Achille Lauro, in quota San Marino, e Emma Muscat, in quota Maria De Filippi, sono stati eliminati? È vero che, in fondo, la sagra di paese non ci dispiace? È vero che il nuovo immaginario nasce da TikTok? Il fatto che quasi tutti i paesi si buttino sulla fluidità significa che la fluidità stessa sta entrando nel novero dei luoghi comuni generazionali? Il grande successo di Cristiano Malgioglio, un fidanzato in ogni paese, significa che è il miglior interprete dello spirito queer che anima molta parte della manifestazione, all’insegna dell’eccesso, del travestimento, della clownerie? È vero che non ci meritiamo, intendo come italiani, il meraviglioso paesaggio riproposto dai droni?

Ci sono paesi che hanno un quinto del nostro patrimonio storico, artistico e paesaggistico eppure hanno una cultura dell’accoglienza che noi ci sogniamo. Quest’ultima è la sola risposta sicura.

13 maggio 2022 (modifica il 13 maggio 2022 | 20:36)

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Pietro Guerra

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