di Marzio BredaIl presidente della Repubblica deve valutare la coerenza del programma con i trattati di adesione all’Unione europea e alla Nato Parleranno tutti? E diranno tutti le stesse cose, senza distinguo o furbesche sfumature? Oppure, come ha anticipato Maurizio Lupi (di Noi Moderati), si affideranno alla sola Giorgia Meloni nel ruolo di portavoce della coalizione, per trasmettere un’immagine di unità? Davvero dei primattori come Silvio Berlusconi e Matteo Salvini rinunceranno a qualche teatrale sortita, una volta davanti a telecamere e cronisti o addirittura al chiuso dello studio di Sergio Mattarella? Ecco le domande che rimbalzavano ieri tra Montecitorio e il Quirinale, in attesa che il capo dello Stato chiuda stamane, con la folta delegazione del centrodestra, il consulto per far nascere un nuovo governo. Domande scontate, dopo l’alta tensione interna dei giorni scorsi, in un clima che ha rischiato di avvelenare i pozzi nella marcia — ben poco trionfale finora — verso il potere della coalizione che ha vinto alle urne. Molti si augurano che la decantazione delle ultime ore si traduca in una definitiva prova di responsabilità. Compreso il presidente della Repubblica, che vuole raccogliere segnali chiari prima di affidare l’incarico di premier. A partire dai numeri, ovviamente. E dall’urgenza di dare al più presto al Paese un esecutivo coeso. Ma, considerando le polemiche sorte sulle esternazioni «rubate» di Silvio Berlusconi a proposito della guerra all’Ucraina, stavolta il suo parametro d’esame si concentra molto anche sulla politica estera e sulla fedeltà, da parte dell’Italia, dei Trattati sottoscritti. Che sono quelli con l’Unione europea e la Nato. C’è chi obietta che il presidente non dovrebbe occuparsi più di tanto di tali patti. Ora, quel qualcuno non conosce l’articolo 117 (comma 1) della nostra Magna Charta, dove si dice che «la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e gli obblighi internazionali…». Traducendo: significa che Mattarella, in quanto garante della Carta, ha il dovere di valutare la coerenza complessiva di un programma di governo con la nostra adesione a Ue e Nato. E un esempio di quanto severamente interpreti la vigilanza lo diede quando bocciò la candidatura a ministro di Paolo Savona, per il suo esplicito e forte euroscetticismo. Che questa preoccupazione lo coinvolga pure oggi, del resto, lo hanno spiegato gli esponenti del Gruppo misto. I quali, usciti dal Quirinale, hanno raccontato che il presidente ha sgombrato le loro inquietudini sul dossier internazionale dicendo appunto: «Tranquilli, l’Italia resterà dov’è, nel campo europeo e in Occidente». È un particolare che sembra dissolvere alcune illazioni su Antonio Tajani. Ha guidato il parlamento di Strasburgo ed è stato vicepresidente del Ppe, ciò che lo ripara da controindicazioni quirinalizie per un incarico agli Esteri. Per il resto della squadra, si vedrà. La situazione è complicata, ma non irreparabile. E basta poco per la svolta. Non a caso, sul Colle tutto è pronto per consentire il giuramento del governo già domenica. 20 ottobre 2022 (modifica il 20 ottobre 2022 | 22:25) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-10-20 20:08:00, Il presidente della Repubblica deve valutare la coerenza del programma con i trattati di adesione all’Unione europea e alla Nato, Marzio Breda