di Tommaso Labate
Il toto ministri del probabile governo Meloni: Giorgetti per ora depennato, compariva nella lista di FdI, ma non in quella leghista. L’idea: Rixi alle Infrastrutture e Centinaio alle politiche agricole
ROMA — Nella lista dei desideri sul prossimo governo compilata lunedì mattina nel quartier generale leghista di via Bellerio, a Milano, quando la dimensione del tracollo elettorale del Carroccio era già nota, il nome di Matteo Salvini c’era ancora. Non c’era il nome di Giancarlo Giorgetti, per esempio, ma quello del segretario federale sì. Qualche ora dopo, a oltre cinquecento chilometri di distanza, quando nell’hotel romano trasformato da Fratelli d’Italia in una specie di quartier generale post elettorale i colonnelli hanno iniziato insieme a Giorgia Meloni a buttar giù un loro elenco di possibili ministri, ecco, il nome di Salvini non compariva. Ma compariva, in quota ovviamente Lega, il nome dell’avversario interno del «Capitano», Giancarlo Giorgetti.
Basta questo piccolo incrocio di informazioni riservate, che viaggiano tra gli ufficiali di collegamento nella triangolazione Fratelli d’Italia-Lega-Forza Italia, per capire quanto spinosa può diventare la questione della composizione del governo se non gestita per tempo, con cura e col massimo della prudenza possibile. E qualche piccolo passo in avanti dev’essere stato fatto se ieri pomeriggio, nell’ultima versione della «bozza» di governo a guida Meloni, il nome di Salvini comunque non è comparso; ma in compenso, cosa che avrà fatto piacere ai fedelissimi del segretario, è scomparso quello di Giorgetti, non si sa se provvisoriamente o per sempre.
E quindi eccolo, il puzzle che lentamente prende forma, la bozza di progetto di quello che presto potrebbe diventare il governo Meloni I, con l’ipotesi, che si sta facendo strada, di due vicepremier, uno leghista, l’altro azzurro. Nei rapporti con FI si tiene conto del fatto che Silvio Berlusconi non ha ancora digerito «l’affronto» — il diretto interessato lo chiama proprio così — del governo Draghi, quando la selezione della delegazione azzurra era passata sopra la sua testa senza che potesse mettervi mano. E si è posto rimedio. Nelle prime indicazioni arrivate da Arcore, ci sono i nomi di Antonio Tajani, Anna Maria Bernini, Andrea Mandelli, in campo per un dicastero «pesantissimo» e altri due di primissimo piano. L’ex presidente del Parlamento Ue è in corsa per diventare il prossimo ministro della Difesa, la capogruppo al Senato uscente è in pole position per il ministero dell’Istruzione mentre a Mandelli, ex vicepresidente della Camera rimasto fuori dal Parlamento, potrebbe toccare il cambio della guardia con Roberto Speranza al ministero della Salute.
Più robusta, almeno come numero di presenze, la delegazione leghista. Nell’ultima bozza ci sono i nomi di Edoardo Rixi alle Infrastrutture, Gianmarco Centinaio alle Politiche agricole (si tratterebbe di un ritorno), Giulia Bongiorno alla Pubblica amministrazione, Vannia Gava alla Transizione ecologica. Senza dimenticare che in conto alla Lega, se l’operazione andrà in porto, va computato il ministero dell’Interno, per cui è in pista il prefetto di Roma Matteo Piantedosi, già capo di gabinetto di Salvini al Viminale.
Decisamente più agevole, per Meloni, combinare la formazione dei suoi. A Guido Crosetto, se la Difesa va a Tajani, potrebbe venir chiesto di andare alla Farnesina, anche se rimane in piedi l’ipotesi di portare il regista delle operazioni più delicate direttamente a Palazzo Chigi, coi galloni di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Ruolo per cui si valuta anche Giovanbattista Fazzolari, che potrebbe incassare anche la delega per l’Attuazione del programma. Gli altri nomi? Francesco Lollobrigida ai Trasporti, l’ex cda Rai Giampaolo Rossi alla Cultura, Daniela Santanché al Turismo, Edmondo Cirielli al ministero del Sud e della Coesione territoriale, Raffaele Fitto alle Politiche europee.
In questo quadro, due sarebbero i «tecnici»: il ministro dell’Economia, casella per la quale Meloni non ha smesso di sognare un sì di Fabio Panetta, nel board della Bce; e quello dello Sviluppo, per il quale l’identikit più gettonato nelle ultime ore è quello dell’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato.
Annotazione: nessuno dei ministeri «internazionali» — né Esteri, né Difesa, né Politiche comunitarie — è stato per ora associato a un leghista. Ma il cammino è all’inizio. Anche se un pezzo di strada, parecchia strada, è stato fatto.
28 settembre 2022 (modifica il 28 settembre 2022 | 07:28)
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, 2022-09-28 05:28:00, Il toto ministri del probabile governo Meloni: Giorgetti per ora depennato, compariva nella lista di FdI, ma non in quella leghista. L’idea: Rixi alle Infrastrutture e Centinaio alle politiche agricole, Tommaso Labate