Gran Bretagna,  oltre 1 milione di posti di lavoro disponibili e una marea di inattivi: il paradosso inglese

Gran Bretagna, oltre 1 milione di posti di lavoro disponibili e una marea di inattivi: il paradosso inglese

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di Luigi Ippolito

Sia il governo che l’opposizione laburista stanno cercando modi per incentivare la gente a tornare al lavoro. La soluzione proposta dal mondo delle imprese è favorire l’immigrazione

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

LONDRA — L’economia britannica soffre di un paradosso: c’è una marea di posti di lavoro disponibili ma una ancora più vasta platea di persone inattive. La disoccupazione ufficiale – quella di chi si registra come tale – è infatti ai minimi storici, al 3,6%, e le aziende faticano a riempire i ranghi, tanto che si contano 1 milione e 250 mila posizioni lavorative libere: allo stesso tempo però sono più di cinque milioni i cittadini che vivono di sussidi e che non si pongono il problema di entrare nel mercato del lavoro.

È una questione non da poco: innanzitutto per la crescita, ormai anemica fin dalla crisi finanziaria del 2007-08, ma anche perché questa situazione alimenta la spinta inflazionistica. Le aziende britanniche sono infatti costrette a rincorrere i lavoratori offrendo stipendi sempre più alti, in un Paese dove già esiste un generoso salario minimo (9,50 sterline l’ora, che per un impiego a tempo pieno si traducono in 1.450 sterline nette al mese, ossia quasi 1.700 euro). Una situazione aggravata dalla pandemia, che ha comportato l’abbandono del lavoro da parte di 630 mila persone, in maggioranza per motivi di salute: è l’effetto del “long Covid”, ma anche di un sistema sanitario allo stremo per l’imbottigliamento dovuto ai lockdown.

Tuttavia c’è anche una buona fetta di anziani, ultracinquantenni, che hanno deciso semplicemente di ritirarsi dal lavoro (in Gran Bretagna il sistema pensionistico è largamente privato e dunque molto flessibile). Si tratta di una zavorra che pesa sull’economia: e dunque si cerca di correre ai ripari. La soluzione proposta dal mondo delle imprese è semplice: più immigrazione. Ma non è una strada elettoralmente praticabile per nessuna forza politica, nel momento in cui gli arrivi di immigrati hanno superato il milione in un anno. E dunque sia il governo che l’opposizione laburista stanno cercando modi per incentivare la gente a tornare al lavoro (anche il Labour ha infatti detto che bisogna farla finita con la “dipendenza dall’immigrazione”).

In particolare, il partito guidato da Keir Starmer annuncia oggi un piano per affrontare il problema dell’inattività economica. Il ministro ombra del Lavoro, Jonathan Ashworth, indicherà tre punti: superare la dipendenza dalle agenzie di collocamento e dare più poteri alle autorità locali, riformare i centri pubblici di avviamento al lavoro e fornire training agli anziani per farli tornare in attività. Lo scoglio è quello dei sussidi: in Gran Bretagna esiste lo Universal Credit, una integrazione del reddito per le fasce basse che decresce in base all’aumento del salario. In molti casi, questo rappresenta un disincentivo a trovare lavoro, nel timore di perdere l’assistenza: ma per i laburisti occorre una politica della “porta aperta”, evitando la “mano pesante” nel tagliare i sussidi (anche se pure la sinistra intende mantenere la condizionalità per l’accesso al Welfare, per “proteggere i contribuenti”). L’obiettivo del Labour, nelle parole del ministro ombra, è “raggiungere i più alti livelli di impiego del G7”. Ma si tratta di buone intenzioni: le prossime elezioni non sono previste prima di due anni e anche se i laburisti sono al momento nettamente favoriti la strada per arrivare al governo è ancora lunga.

29 novembre 2022 (modifica il 29 novembre 2022 | 15:40)

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, 2022-11-29 14:41:00, Sia il governo che l’opposizione laburista stanno cercando modi per incentivare la gente a tornare al lavoro. La soluzione proposta dal mondo delle imprese è favorire l’immigrazione, Luigi Ippolito

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