politeia Mezzogiorno, 20 novembre 2022 – 09:29 Non basteranno al Sud più risorse se saranno amministrate come adesso, cioè male, con sperperi, corruzione, clientelismo inefficienza, disprezzo per l’interesse pubblico e predominio di quello privato di Antonio Polito Come per il budino, della cui qualità ci si può accertare solo mangiandolo, anche questo progetto di «autonomia differenziata» per cui si batte la Lega può essere disastroso o portentoso per le sorti del Mezzogiorno a seconda di come verrà cucinato. Anzi, quando verrà cucinato. Perché ieri Giorgia Meloni ha messo questa riforma così cara a Salvini e così voluta da Lombardia e Veneto su un binario molto affollato, sul quale viaggeranno anche i progetti per il presidenzialismo e per Roma Capitale. Queste ultime due sono riforme che necessitano di leggi costituzionali, dunque richiedono un iter molto più lungo e complesso. Legare a loro l’autonomia vuol dire infilarla in un processo intanto molto più democratico, perché coinvolge il parlamento e un ampio dibattito pubblico, e poi molto meno precipitoso, perché non vedrà la luce né oggi né domani, e non è detto che la veda neanche dopodomani: le riforme costituzionali partono sempre con grandi proclami, ma spesso non arrivano a meta. Paradossalmente, l’unica riforma costituzionale rilevante che sia arrivata a dama è proprio quella con cui il centrosinistra introdusse vent’anni fa a colpi di maggioranza il regionalismo nel Titolo V, compresi quegli articoli sulla base dei quali oggi la Lega pretende l’autonomia per le regioni del Nord, e il centrosinistra strepita in difesa delle regioni del Sud. Si sarebbe tentati di attribuire alle stranezze della politica italiana, e alla naturale tendenza al tafazzismo del centrosinistra che regolarmente fa leggi delle quali poi si pente (basti pensare al Jobs Act) questo paradosso. Ma in realtà c’è anche dell’altro. Nel dibattito sui giornali e alla tv avrete spesso sentito citare i Lep, Livelli Essenziali di Prestazione. Ebbene sono proprio loro l’ingrediente che renderà nutriente o indigesta questa riforma per il Sud. Nel senso che se verranno definiti prima della autonomia differenziata, in un modo che sia accettato e conveniente per le regioni del Sud, allora ci si può aspettare un miglioramento. Al contrario sarà un disastro per noi. Questi Lep (anch’essi previsti all’art. 117 della Costituzione così come riformata dal centrosinistra nel 2001) sono quei servizi e quelle prestazioni che lo Stato centrale deve garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, poiché incarnano il pieno rispetto dei diritti sociali e civili dei cittadini. Se dunque trovo un modo diverso di distribuire le risorse pubbliche tra le regioni devo prima assicurarmi che a ogni regione lo Stato comunque garantisca quei livelli. Se si fissano prima, c’è speranza per il Sud. Se non si fissano prima, sarà il secessionismo dei ricchi, che diventeranno anche più ricchi. Facciamo qualche esempio concreto per spiegare che sono questi Lep. E prendiamolo dai dati che ci ha forniti Save The Children nel suo Atlante dell’infanzia, così come riportati dal nostro Vincenzo Esposito su questo giornale. In Campania, tanto per dirne una, la percentuale dei minorenni che vivono in uno stato di povertà relativa sono il 38,7% del totale. Un Lep dovrebbe prevedere, a mio parere, l’obbligo per lo Stato di investire nella lotta alla povertà minorile abbastanza risorse e personale da portare quel 38,7% almeno al 22%, che è la media nazionale. Se invece io confermo alla Regione Campania le stesse risorse in questo campo, cioè la sua «spesa storica», otterrò che il divario tra il bambino che ha la sfiga di nascere qui e ogni altro bambino d’Italia verrà confermato e anzi nel tempo aggravato. Un altro esempio: in Campania il 45,9% dei minori tra i 3 e i 17 anni non pratica mai uno sport, mentre la media nazionale è del 24,7%, quasi la metà. Nelle province di Napoli e Caserta solo il 16% di alunni nella scuola primaria ricevono un buon pasto da una mensa scolastica, contro il 53,3% della media italiana. Di conseguenza, in quella fascia di età la percentuale di minori in sovrappeso oppure obesi è del 37,6%, contro il 27% nazionale. Per me un livello essenziale di prestazione è garantire un’attività sportiva e una mensa a un numero di bambini campani pari a quelli delle altre regioni. Questo io intendo per «essenziale». Altrimenti la sfortuna di nascere in Campania, e cioè la più grande delle ingiustizie perché perpetua l’ineguaglianza di nascita, avrà conseguenze che si trascineranno sulla esistenza dei nostri concittadini fino alla morte: la speranza di vita in buona salute di un bambino che nasce oggi, mettiamo a Portici, è di soli 59,5 anni: sette anni in meno di un suo coetaneo che nasce a Bolzano. È uno scandalo. Cui andrebbe posto rimedio anche senza dover procedere all’autonomia differenziata. Però, voglio fare un’avvertenza, sulla quale hanno ragione i governatori del Nord: non basteranno al Sud più risorse se saranno amministrate come adesso, cioè male, con sperperi, corruzione, clientelismo inefficienza, disprezzo per l’interesse pubblico e predominio di quello privato. Ieri sul Corriere hanno fatto a Giovanni Toti, presidente della Liguria, questa obiezione: il Paese marcia a più velocità. E lui ha risposto: «Ma oggi l’autonomia non c’è e se il maggiordomo non c’è, non può essere lui l’assassino». Vuol dire che oggi le cose vanno male per il Sud non solo per la iniqua distribuzione delle risorse, ma anche per la scarsa qualità e la demagogia delle sue classi dirigenti politiche. Sogno il giorno in cui una vera autonomia regionale comporti anche una responsabilità fiscale delle regioni e di chi le amministra. Per cui, se dai 10 alla Campania e De Luca è capace di rendere un servizio da 5, la cosa sarebbe visibile ai suoi elettori, mentre invece oggi ne può dare sempre colpa a qualcuno altro. Quel giorno sì, che il regionalismo sarebbe un affare per il Sud. 20 novembre 2022 | 09:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-11-20 08:30:00, Non basteranno al Sud più risorse se saranno amministrate come adesso, cioè male, con sperperi, corruzione, clientelismo inefficienza, disprezzo per l’interesse pubblico e predominio di quello privato,
Pietro Guerra
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