Guerra in Ucraina, svolta della Finlandia. Addio neutralità, ora bussa alla Nato

Guerra in Ucraina, svolta della Finlandia. Addio neutralità, ora bussa alla Nato

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di Paolo Valentino In nessun’altra nazione la guerra in Ucraina pone una autentica questione esistenziale. Se Helsinki facesse il passo, la Svezia seguirebbe È la storia di una piccola nazione aggredita militarmente da un Paese confinante molto più grande e potente. Una guerra dall’esito scontato, ma nella quale una fiera e coraggiosa resistenza contro gli invasori infligge loro perdite gravissime, tenendoli in scacco per un anno intero. Alla fine, il piccolo Stato è sconfitto ma è il vincitore morale, anche se è costretto a cedere il 10% del proprio territorio e a pagare l’alto prezzo di 400 mila deportati e 70 mila morti. Non è il 2022, ma il 1939-40. E non è l’Ucraina, ma la Finlandia. A essere lo stesso è soltanto l’aggressore: la Russia, allora Unione Sovietica. Più di ottant’anni dopo, la memoria di quella tragica ed eroica esperienza è viva e presente nella coscienza del popolo e dei dirigenti della Finlandia, mentre l’esercito di Vladimir Putin fa scempio dell’ex nazione sorella, ma fatica a sottometterla. C’è perfino una parola nel vocabolario finlandese, «Sisu», che descrive il coraggio e la capacità di resistere propri del carattere nazionale del Paese dei laghi. In nessun’altra nazione come in Finlandia, la guerra in Ucraina pone una questione esistenziale e sta producendo una svolta epocale decisiva nella sua dottrina di sicurezza. Membro dell’Unione Europea sin dal 1995, il Paese nordico, che condivide 1.340 chilometri di frontiera terrestre con la Federazione russa, si voleva finora non più «neutrale» come durante la Guerra fredda, quando era fuori dai blocchi e teneva rapporti di buon vicinato con l’Urss, ma «militarmente non alleato». Ora anche questa sottile distinzione sta per finire: la Finlandia bussa alle porte della Nato e la sua adesione all’Alleanza atlantica potrebbe essere questione di mesi. «La situazione è radicalmente cambiata — dice il presidente della Repubblica, Sauli Niinisto, al quale la Costituzione finlandese affida la guida della politica estera insieme al governo — i sondaggi recenti dicono che più del 60% dei miei connazionali è favorevole all’ingresso nella Nato». Già prima di Pasqua, il Parlamento di Helsinki presenterà un libro bianco di valutazione sui pro e i contro di un’adesione. Ma Niinisto, l’uomo politico più popolare del Paese, prevede che ci sia una «massiccia maggioranza parlamentare favorevole» e che la decisione potrebbe esser presa dall’esecutivo di centrosinistra di Sanna Marin già prima del vertice Nato di giugno a Madrid. «Sarebbe una scelta storica e irreversibile», dice il capo dello Stato. E sarebbe anche accolta molto bene dagli alleati: «Se vi decidete per un’adesione, penso che tutti i partner vi daranno il benvenuto», ha detto giovedì il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in visita a Helsinki. La Finlandia, insieme alla Svezia, partecipa come osservatore già da anni alle esercitazioni militari alleate. Nelle scorse settimane, per la prima volta Stoccolma e Helsinki hanno inviato una brigata comune di oltre 2.200 soldati all’esercitazione Cold Response. Per anni la percentuale dei finlandesi pro Nato non aveva mai superato il 30%. Per tutta la Guerra fredda e anche dopo, il pilastro della politica di sicurezza finlandese è stato quello di non provocare l’ingombrante vicino russo integrandosi nella Nato. Era la cosiddetta «finlandizzazione», termine che i finlandesi stessi hanno sempre considerato negativo perché spesso legato a un’idea di quasi acquiescenza verso Mosca. In realtà, memore della propria Storia, né prima né dopo la Guerra fredda la Finlandia ha mai trascurato la sua difesa nazionale, investendo somme significative. «Non abbiamo mai abolito la leva e, quando mobilitiamo l’esercito, disponiamo di 300 mila uomini e donne, cioè quanto la Germania che ha 15 volte la nostra popolazione», ha detto di recente Niinisto a un gruppo di giornalisti tedeschi. In dicembre, Helsinki ha acquistato 64 caccia da combattimento americani F-35, il massimo della tecnologia sul mercato, per 10 miliardi di euro. E la scorsa settimana il governo ha aumentato di altri 2,2 miliardi di euro gli stanziamenti per l’acquisto di armamenti. «La base dei rapporti di buon vicinato con Mosca è saltata in una notte — spiega Mika Altola, dell’Istituto finlandese per gli Affari internazionali — e i tempi nei quali un’adesione alla Nato veniva considerata una perdita dell’identità nazionale sono finiti. Oggi c’è una nuova comprensione: la Finlandia dev’essere parte del contenimento collettivo della Russia». Se la Finlandia facesse il grande passo verso la Nato, non sarebbe probabilmente da sola. Il suo esempio potrebbe infatti far rompere gli indugi alla Svezia, dove la prospettiva atlantica è oggetto in queste settimane di intenso dibattito. 10 aprile 2022 (modifica il 10 aprile 2022 | 21:32) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-10 19:33:00, In nessun’altra nazione la guerra in Ucraina pone una autentica questione esistenziale. Se Helsinki facesse il passo, la Svezia seguirebbe, Paolo Valentino

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