Guerra in Ucraina, Prigozhin ironizza sulle intromissioni nel voto americano e crea campi di addestramento della Wagner

di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

Il capo della Wagner continua a comportarsi e a parlare come fosse l’unico capace di rispondere alle esigenze della Russia: sul campo di battaglia, in politica, nel reclutamento di riservisti (detenuti e criminali inclusi)

Nel taccuino quotidiano sulla guerra in Ucraina brilla, di nuovo, il nome di Evgeny Prigozhin e della Wagner, il lungo braccio armato del Cremlino.

Il gerarca, molto vicino a Putin, si è vestito da troll ironizzando sulle intromissioni nel voto americano: è vero, lo abbiamo sempre fatto e lo rifaremo. Un modo per far parlare di se stesso, alimentando reazioni e commenti fino oltre Oceano. Interferisce senza interferire. Al tempo stesso ha confermato che la sua compagnia di sicurezza ha creato centri d’addestramento a Kursk e Belgorod, non lontano dalla frontiera ucraina. Nelle scorse settimane aveva anche ipotizzato la creazione di una milizia per proteggere le installazioni spesso colpite o sabotate dal nemico. Quasi nelle stesse ore, sempre a Belgorod, è stato segnalato un incendio nel termine petrolifero di Golvochino, evento attribuito ad «un attacco terroristico».

Altre informazioni sono state rilanciate dal fronte di Bakhmut, qui sono le unità della Wagner a premere sulle linee avversarie, con successi parziali. La sintesi è che Prigozhin continua a comportarsi e a parlare come fosse l’unico capace di rispondere alle esigenze della Russia. Sul campo di battaglia, in politica, nel reclutamento di riservisti (detenuti e criminali inclusi). Alcuni analisti ritengono che voglia accrescere peso e ruolo potendo contare sull’appoggio dei vertici, un’alternativa dei «competenti» ai ritardi dei generali, non di rado bersagliati da media amici. Ma c’è anche chi pensa ad un gioco di equilibri da parte del leader del Cremlino, che fa oscillare il pendolo dell’approvazione dalla Difesa alla società di mercenari.

Il modello Siria

Possiamo chiamarlo il «modello Siria». Contatti dietro le quinte tra Usa e Russia per evitare incidenti o peggio. Le due superpotenze hanno usato questo sistema nella fase più acuta della guerra civile nel Paese mediorientale — dove incrociavano caccia di molte nazioni — ora lo ripetono nello scacchiere ucraino. Il Wall Street Journal ha rivelato che il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan dialoga con alti funzionari del Cremlino attraverso canali riservati. Questo per abbassare la tensione, in particolare sul cosiddetto fronte nucleare. E l’esperienza siriana c’entra anche per un secondo aspetto: l’attuale comandante delle operazioni russe, il generale Surovikin, ha diretto il contingente nel Paese mediorientale applicando tattiche e strategia oggi riservate all’Ucraina: la mano pesante, la terra bruciata, la distruzione delle infrastrutture civili, la popolazione come bersaglio.

Storie iraniane

Una breve sintesi sul regime iraniano. Prima ha negato di aver fornito droni d’attacco agli invasori, quindi ha fatto mezze ammissioni esaltando il loro impatto, successivamente è tornato a smentire, infine ha raccontato di averli venduti a Mosca prima dell’inizio del conflitto. Con una coda inattesa. Ambienti conservatori, per ragioni interne, hanno criticato l’appoggio dato alla Russia, hanno chiesto uno stop delle spedizioni dei velivoli sollecitando una presa di distanze dall’aggressione a Kiev. Capriole che rispecchiano le diverse anime della teocrazia. Gli osservatori aggiungono che l’impiego dei droni-kamikaze Shahed 136 sarebbe diminuito, non è chiaro se perché li hanno «finiti» o se si tratta di una pausa in vista di nuova ondata paventata dall’Ucraina. L’intelligence statunitense afferma che Teheran potrebbe inviarne di altri insieme a missili terra-terra. In cambio, oltre a valuta, otterrebbe un aiuto per il suo programma nucleare.

7 novembre 2022 (modifica il 7 novembre 2022 | 17:51)

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, 2022-11-07 18:52:00, Il capo della Wagner continua a comportarsi e a parlare come fosse l’unico capace di rispondere alle esigenze della Russia: sul campo di battaglia, in politica, nel reclutamento di riservisti (detenuti e criminali inclusi), Andrea Marinelli e Guido Olimpio

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