Hadi Matar, attentatore di Rushdie e le foto di  Khomeini sui profili social|Lo scrittore rischia di perdere  un occhio

Hadi Matar, attentatore di Rushdie e le foto di Khomeini sui profili social|Lo scrittore rischia di perdere un occhio

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di Viviana Mazza e Guido Olimpio

Simpatizzante con il governo iraniano e i pasdaran, l’uomo arrestato ieri aveva una patente falsa intestata a un «martire» di Hezbollah e immagini di Khomeini sui profili social. Gli inquirenti credono che abbia agito da solo

Un uomo in maglietta, carnagione scura, capelli corti. Sono le prime immagini dell’assalitore di Salman Rushdie, descritto dai testimoni come «una furia» , balzato sul palco indossando una mascherina nera e capace di infierire sulla vittima e di lottare con gli agenti. La sera la polizia diffonde il suo nome: Hadi Matar, 24 anni, nato in California, residente a Fairview, in New Jersey. Nulla ancora si sa ufficialmente delle motivazioni. Il New York Post, citando fonti nelle forze dell’ordine, afferma che i primi indizi suggeriscono che Hadi simpatizzi con il governo iraniano e i pasdaran. Lo indicherebbero, se confermati, anche alcuni post a lui attribuiti sui social in cui appaiono immagini dell’ayatollah Khomeini, dell’attuale Guida suprema Ali Khamenei e del generale Qassem Suleimani. Immagini che aveva anche sul telefonino.

Gli inquirenti credono che abbia agito da solo, hanno chiesto un mandato per perquisire uno zaino e «dispositivi elettronici». Interessante poi un dettaglio: sembra che fosse in possesso di una patente falsa intestata a Hassan Mughnyah, lo stesso cognome del capo militare dell’Hezbollah sciita ucciso dal Mossad nel 2008. Sono indicazioni investigative importanti, saranno le indagini a precisarle per indicare con certezza la pista, anche se sappiamo che Salman Rushdie rappresenta il bersaglio «perfetto». Lo è per l’estremista che obbedisce alla fatwa lanciata dall’imam Khomeini nell’89. Lo è per chi vuole diventare famoso assalendo una celebrità. Una volta il terrore era marcato, oggi può essere più sfumato. Il fanatismo si mescola all’opportunismo: ecco l’autore, l’evento pubblico, la possibilità di avvicinarsi ad una personalità inseguita da una «condanna di morte» irrevocabile. A Hadi è bastato il pass per un festival.

Gli episodi

Di recente sono emersi il tentativo di uccidere Bolton e le minacce a un’attivista iraniana. C’era chi, a ripetizione, chiedeva ai mullah se la sentenza religiosa contro lo scrittore fosse sempre valida e qualcuno da Teheran rispondeva che la «freccia ormai era stata scoccata», «il proiettile che non si fermerà fintanto che non raggiungerà il target», a poco sarebbero servito un ordine contrario. Formula per evitare di prendersi la responsabilità diretta, anche se era evidente la complicità morale di un eventuale attacco. Poi è stato l’attuale leader Khamenei a ribadire la validità della maledizione lasciando ampia autonomia a chi avesse voluto portarla fino in fondo. Gli ayatollah hanno creato le condizioni per presentare un gesto violento come la reazione «spontanea» alle offese dei Versi satanici. E ciò vale per il militante “professionista”, per l’estremista fai-da-te, per l’instabile suggestionato.

La pista

Un paio di giorni fa il Dipartimento della Giustizia Usa ha incriminato un esponente dei pasdaran iraniani ad oggi latitante. Shahram Poursafi, 45 anni, è accusato di aver incaricato un killer di uccidere l’ex consigliere di Trump, John Bolton. Un piano in risposta all’eliminazione del generale Qassem Soleimani a Bagdad da parte di un drone statunitense. Secondo le indagini Poursafi, nell’ottobre 2021 ha contatto via web una persona negli Stati Uniti ed ha offerto una ricompensa di 250 mila dollari a missione compiuta. Solo che il suo contatto avrebbe accettato di collaborare con l’Fbi e ha permesso di prevenire l’operazione. Il pasdaran ha poi cercato di allargare la rete di complici fornendo dettagli precisi su una serie di bersagli: sembra che il secondo dovesse essere l’ex segretario di Stato Mike Pompeo. Un progetto forse velleitario ma che rientra in un modus operandi adottato da cellule sciite: invece che agire con propri uomini si affidano a persone già presenti nell’area. Più incerta la cornice della vicenda emersa alla fine di luglio. La polizia ha fermato un uomo, Khalid Mehdiyev, nei pressi dell’abitazione a Brooklyn della giornalista in esilio iraniana Masih Alinejad. Aveva un Kalashnikov e molti caricatori. Il nome della reporter era emerso nel 2021 in un’indagine dove non era stato escluso che volessero rapirla per trasferirla in patria.

Le reazioni in Iran

Alcuni giornali conservatori di Teheran hanno espresso soddisfazione per l’attentato. Come il più conservatore di tutti, Kayhan — il cui direttore è di diretta nomina dell’ayatollah Khamenei — che scrive::«Congratulazioni a quest’uomo coraggioso e consapevole del dovere che ha attaccato l’apostata e vizioso Salman Rushdie. Baciamo la mano di colui che con un coltello lacerò il collo del nemico di Dio». Il quotidiano Khorasan titola: «Satana torna all’inferno».

13 agosto 2022 (modifica il 13 agosto 2022 | 12:19)

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, 2022-08-13 13:35:00, Simpatizzante con il governo iraniano e i pasdaran, l’uomo arrestato ieri aveva una patente falsa intestata a un «martire» di Hezbollah e immagini di Khomeini sui profili social. Gli inquirenti credono che abbia agito da solo, Viviana Mazza e Guido Olimpio

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