Haiti, Suor Luisa Dell’Orto uccisa con quattro colpi di pistola. L’ultima lettera: «Perché tanta violenza?»

di Barbara Gerosa

Originaria di Lomagna, in Brianza, Luisa Dell’Orto è stata assassinata da tre banditi armati. Il liceo a Lecco, due lauree, nel 1987 la prima missione in Camerun, poi Madagascar e la ricostruzione di Haiti. Aveva anche vissuto per tre anni in una capanna di fango nella foresta dei pigmei. La sorella: per lei aiutare gli altri veniva prima di tutto

Il giorno del suo compleanno. Oggi, 27 giugno. Avrebbe compiuto 65 anni e avrebbe festeggiato circondata dai suoi bambini, i piccoli delle famiglie più disagiate della provincia inviati in città nell’illusione di un possibile riscatto. Trasformati invece in baby schiavi. «Restavèk», come vengono chiamati in creolo ad Haiti, a cui suor Luisa ha dedicato la sua vita. È morta a pochi passi da loro, dal centro dedicato a Charles de Foucauld nel cuore di Port-au-Prince, dove era appena stata per incontrare i piccoli e rassettare i locali. Tamponata da un’auto con a bordo tre banditi armati, uccisa con quattro colpi di pistola e abbandonata in fin di vita all’interno della vettura. Senza che nulla le fosse rubato.

Suor Luisa Dell’Orto, originaria di Lomagna, nella Brianza lecchese, è stata assassinata sabato mattina ad Haiti, nel quartiere che da vent’anni era diventato la sua casa. Una baraccopoli dove la chiamavano l’angelo dei bambini. «Sembra non sia stata una rapina e nemmeno un tentativo di rapimento, ma uno dei tanti casi di violenza assurda, che la proliferazione delle armi permette. Luisa non aveva nemici», spiega padre Elder Maurice Hyppolite, sacerdote salesiano, docente nell’isola caraibica. «Era cosciente che qualcosa sarebbe potuto capitare, anche nell’ultima lettera lo diceva che la situazione era molto difficile. Però ci teneva a restare, a dare testimonianza», racconta la sorella Maria Adele, che a Lomagna, nel giorno del dolore più grande, ha aperto la porta a tutti.

Perché la porta di Luisa era sempre aperta. E allora eccole le sue parole nel saluto inviato il giorno di Pasqua all’associazione Il Germoglio, nata in paese proprio per sostenere la religiosa nella sua missione. «Ma perché agiamo così? Perché questa violenza che sentiamo a volte pure in noi? — scriveva —. Mi direte che sono un po’ folle. Perché restare qui ed esporsi al rischio? Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato. Potere contare su qualcuno è essenziale per vivere».

Suor Luisa era la colonna del centro Kay Chal, realizzato grazie ai fondi raccolti dalla Caritas italiana. Si era occupata della ricostruzione dopo il devastante terremoto del 2010. Ad Haiti era arrivata nel 2002, ha aperto una scuola elementare e una cooperativa di ricamo per insegnare un lavoro alle donne, era docente all’università. Dopo il liceo scientifico a Lecco e la laurea in Storia e Filosofia, nel 1984 era entrata nella congregazione delle Piccole sorelle del Vangelo di Lione.

Nel 1987 la prima missione in Camerun, a Salapoumbé, nella foresta tra i pigmei Baka dove ha vissuto tre anni. «In una capanna. Beveva acqua piovana, ha avuto tre volte la malaria e mi raccontava quando la sera sentiva il rumore delle formiche carnivore che si avvicinavano. Il terrore di quei momenti e la gioia dell’abbraccio con i bambini, colma dell’opera di evangelizzazione — ricorda Maddalena Boschetti, una delle più care amiche di suor Luisa, rientrata da Haiti poche settimane fa e pronta a ripartire nei prossimi giorni —. Semplicità, profondità, servizio. Le parole che la descrivono. Non era incosciente, conosceva i rischi, ma si era messa al servizio di chi ha bisogno».

Marta Aspesi, che con la Caritas ambrosiana ha vissuto nell’isola caraibica per quattro anni condividendo il lavoro della religiosa uccisa, la ricorda così: «Dormiva tre ore a notte. La sua casa era il punto di riferimento del quartiere, era la mamma dei bambini schiavi che aiutava a studiare. Kay Chal, che accoglie fino a 400 ragazzini, è gestita da persone del luogo, ma lei era il lievito della pasta».

Nel 1994 la seconda laurea in Teologia, in Svizzera. Dal 1997 al 2001 missionaria in Madagascar. «Dove si è occupata della formazione delle giovani postulanti», aggiunge un tassello al racconto suor Armelle, che a Torino vive nella casa madre della congregazione. Papa Francesco le ha dedicato un pensiero, ieri, durante l’Angelus: «Affido la sua anima a Dio e prego per il popolo haitiano, specialmente per i piccoli, perché possano avere un futuro sereno».

L’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, questa sera 27 giugno sarà a Lomagna per la recita del rosario accanto alle sorelle Maria Adele e Carmen, al fratello, padre Giuseppe, barnabita a Cremona, ai nipoti e a tutta la comunità sotto choc. «L’ho sentita sabato mattina poco prima della tragedia. Le ho detto che finalmente aveva piovuto e poi era tornato il sole. E lei mi ha risposto che dopo la bufera arriva sempre il sole», scuote la testa Maria Adele. Giovedì ad Haiti i suoi bambini la saluteranno con una celebrazione funebre alla Casa di Carlo.

Port-au-Prince, 16/4/22

Sabato santo… giorno a cui si ripensa alla sofferenza vissuta, e si resta in silenzio perché è davvero difficile trovare una spiegazione alla crudeltà che l’uomo può infliggere ai fratelli. Una settimana fa, una famiglia ha chiesto al parroco di celebrare una messa di funerale per il proprio figlio ucciso in una zona controllata da uno dei gruppi di banditi più organizzati del Paese (…) Perché agiamo così? Perché questa violenza che sentiamo a volte pure in noi?

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26 giugno 2022 (modifica il 26 giugno 2022 | 22:54)

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, 2022-06-26 23:29:00, Originaria di Lomagna, in Brianza, Luisa Dell’Orto è stata assassinata da tre banditi armati. Il liceo a Lecco, due lauree, nel 1987 la prima missione in Camerun, poi Madagascar e la ricostruzione di Haiti. Aveva anche vissuto per tre anni in una capanna di fango nella foresta dei pigmei. La sorella: per lei aiutare gli altri veniva prima di tutto , Barbara Gerosa

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