di Marta SerafiniJoachim Ebeling, al timone della nave tedesca arrivata a Catania carica di profughi salvati in mare: «Ai 35 rimasti non trovavo le parole per spiegare la situazione» «Ci sono due tipi di marinai: quelli che hanno paura del mare, e quelli che hanno il terrore del porto. Io appartengo alla seconda categoria, ma per questa volta farò un’eccezione. E da questo molo non mi muoverò». Joachim Ebeling, 59 anni, originario di Brema, da 20 anni in mare, non si scompone. Le autorità italiane gli hanno appena comunicato che deve portare la sua nave, la Humanity 1 , di nuovo fuori dal porto. Disobbedisce agli ordini di Roma? «Guardi io non posso che farlo. Altrimenti violerei così tante norme del diritto internazionale che allora sì sarei colpevole». Lei è già stato capitano della Alan Kurdi, altra nave di Ong che venne sequestrata. Ha mai visto una situazione simile? «No, è la prima volta. Ma non c’è problema. Resto qui immobile». Il momento più difficile? «Quando ho dovuto spiegare ai 35 rimasti a bordo che per loro non c’era via libera. Non riuscivo a trovare le parole». C’è già chi la paragona a Carola Rackete… «Non scherziamo (ride). Non ho il taglio di capelli adatto io…». 6 novembre 2022 (modifica il 6 novembre 2022 | 23:37) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-11-06 20:58:00, Joachim Ebeling, al timone della nave tedesca arrivata a Catania carica di profughi salvati in mare: «Ai 35 rimasti non trovavo le parole per spiegare la situazione», Marta Serafini