I container per i tifosi: «Abbiamo pagato 200 dollari a notte ma siamo contenti così»

I container per i tifosi: «Abbiamo pagato 200 dollari a notte ma siamo contenti così»

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di Arianna Ravelli, inviata a Doha

La visita alla Free zone, uno dei quattro Fan village realizzati per ospitare i tifosi. Dormono dentro container con frigo, due letti, micro-bagno e aria condizionata. Leonard dal Texas: «Mia moglie sarebbe scappata subito, io ci sto 20 giorni con mio figlio»

Liss, Javier e Luis chiedono la cortesia di una foto davanti alla scritta Qatar 2022. Sono arrivati dal Messico da un paio d’ore e questi sono i primi passi che fanno dentro la Free Zone, uno dei quattro Fan Village realizzati dal nulla. Il Qatar ha realizzato stadi da zero, ha finito la metropolitana, ha tirato su nuovi hotel, ma il problema di dove mettere i tifosi in arrivo da tutto il mondo era reale. L’hanno risolto così. Qua ci stanno 4mila persone: è una città a parte, ci sono lo Starbucks con la coda (è un format tutto compreso), la farmacia, il supermercato, l’hamburgeria, un enorme spiazzo con divani e pouff disseminati davanti al maxischermo. E soprattutto ci sono file e file di container, che qui chiamano cabine come quelle che sulle navi ospitano le persone in crociera, mentre assomigliano proprio ai container che sulle navi trasportano le merci (con quelli veri d’altronde ci hanno fatto uno stadio intero, il 974, che poi sarà smontato dopo i Mondiali). File e file di parallelepipedi tutti uguali con numeri e coordinate per non perdersi.

Fossimo in un’altra latitudine, in un altro tempo e spazio, un’area così farebbe pensare a un campo per sfollati, magari dopo un terremoto. Invece Liss, Javier e Luis sono venuti di loro spontanea volontà e sono pure felici di starci. Hanno appena preso possesso delle loro cabine. «Tutto considerato ci sta bene, era la soluzione più economica, tutti gli altri hotel in città sarebbero costati di più». Economici, si fa per dire: sul sito ufficiale c’è scritto che i prezzi variano da 740 rial (195, 45 euro) a 1512 (399,36). «Sì noi abbiamo speso circa 220 dollari a notte». Sarebbe una follia per chiunque, non per questo popolo ammalato di pallone, come il tifoso giapponese che cammina per la strada principale, regala gadget di captain Tsubasa (da noi l’Holly del famosissimo cartone animato Holly e Benji) e che è la star della mattinata dopo la vittoria sulla Germania.

La città dei caravan ormai ha preso vita. Ha i suoi ritmi, sono le 10 della mattina, il sole è caldo e non c’è moltissima gente in giro, le aree all’ombra tutte già occupate, la fermata della metro per andare in città è qui vicina. Le disorganizzazioni dei primi giorni sono state superate, quando per fare il check in alla reception centrale bisognava stare in coda anche due ore, le macchine elettriche che dovevano trasportare i bagagli nelle file più lontane avevano le batterie scariche e alcuni container non erano ancora stati puliti ed erano ricoperti della sabbia del deserto (qua è una costante lotta con la natura, basta non occuparsi di un giardino per un paio di settimane e si trasforma tutto in sabbia). «Per me la sistemazione va bene, ho tutto quello che mi serve — spiega Iait El Mudden Mohamed che viene dal Marocco e ieri era allo stadio a vedere la partita contro la Croazia, fiero di essere stato immortalato con altri sei dalla tv con le magliette con le iniziali che formavano la scritta «Marocco» —, l’organizzazione è stata così così però sfido chiunque a fare meglio. È difficile gestire una città simile, ti prego scrivi che il Qatar sta gestendo bene i Mondiali». Fatto.

In cielo c’è il traffico costante degli aerei, l’aeroporto è qui vicino. «E qua attorno ci sono anche dei pozzi per l’estrazione del gas. L’aria è inquinata, più che a Los Angeles, secondo me, e meno di Pechino», è il giudizio di Leonard Blongiardo, americano di origini italiane, che ora vive a San Antonio, in Texas, parenti a Milano, pazzo del calcio. «Sono qui perché ho seguito tutti i Mondiali dal ‘94, tranne quello in Russia perché non erano qualificate né Italia né Usa e quindi che senso aveva?». Leonard ci fa entrare nel suo container (e per questo svegliamo il figlio 14enne, Cristiano, che ancora dormiva, sorry): «Per me e lui va anche bene stare qua, c’è tutto quello che serve se uno è disposto ad accontentarsi, ovviamente è tutto molto spartano. Fosse qui mia moglie se ne sarebbe andata il giorno dopo!» ride. Come dare torto alla signora: all’ingresso c’è un frigo con sopra un bollitore per il caffè, poi il mini bagno con doccia (e acqua calda, da non dare per scontata), due letti gemelli, un comodino in mezzo, l’immancabile condizionatore con anche il ventilatore che non si sa mai. «Staremo qui venti giorni, ma gli altri hotel erano già prenotati. Va bene per noi, io giocavo a calcio, ora ho smesso per le ginocchia, anche mio figlio gioca. Guardate che da noi il calcio sta crescendo molto più di quanto non pensiate in Europa». Oggi è il giorno del Ringraziamento, ma niente tacchino nella Caravan City. «Mi piacerebbe andare in albergo dal team Usa e incontrarli». Onestamente, se lo meriterebbe.

24 novembre 2022 (modifica il 24 novembre 2022 | 16:44)

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, 2022-11-24 15:53:00, La visita alla Free zone, uno dei quattro Fan village realizzati per ospitare i tifosi. Dormono dentro container con frigo, due letti, micro-bagno e aria condizionata. Leonard dal Texas: «Mia moglie sarebbe scappata subito, io ci sto 20 giorni con mio figlio» , Arianna Ravelli, inviata a Doha

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