I missili russi dal fronte  del mare, a terra trincee e bombe sulle città ucraine

I missili russi dal fronte  del mare, a terra trincee e bombe sulle città ucraine

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di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

Mosca si affida ancora ai cruise per compensare l’uso ridotto dell’aviazione. Gli esperti: l’Armata, frenata dalla resistenza, prova a riorganizzarsi. Intanto fa danni devastanti nei centri abitati e ai siti strategici

I russi bersagliano le città ucraine da due mari, con missili cruise lanciati dal Mar Nero e dal Mar Caspio. L’azione avrebbe colpito infrastrutture militari — almeno così sostiene Mosca — fra sabato notte e domenica. «I cruise Kalibr sono stati lanciati dalle acque del Mar Nero contro lo stabilimento di Nizhyn, dove si riparano i veicoli blindati degli ucraini danneggiati nei combattimenti», ha affermato il portavoce della Difesa Igor Konashenkov, aggiungendo che per il secondo giorno di fila è stato usato un missile ipersonico Kinzhal — che viaggia a una velocità di 6 mila chilometri all’ora e può colpire obiettivi a 2 mila chilometri di distanza — dallo spazio aereo della Crimea. «Il Kinzhal», sostengono, «ha distrutto un grande deposito di benzine e lubrificanti delle forze armate ucraine nei pressi di Kostyantynivka, nella regione meridionale di Mykolaiv». Sull’efficacia della super arma bisogna però aspettare analisi dell’intelligence: secondo gli esperti di The War Zone, il primo raid avrebbe centrato una fattoria e non un bunker — come sostenuto dagli invasori —, un sito a est e non a ovest.

I missili russi hanno poi preso di mira un centro di addestramento ucraino per i foreign fighter che si stanno unendo alla resistenza uccidendone «decine» nella regione nordoccidentale di Zhytomyr, sostiene sempre la Difesa, ma anche una scuola d’arte nel centro di Mariupol, a poca distanza dal teatro bombardato mercoledì, dove avevano trovato rifugio circa 400 civili: la città del sudest è circondata, le vittime potrebbero essere ormai nell’ordine delle decine di migliaia, le autorità locali sostengono che molti cittadini sono stati prelevati forzatamente e trasportati in Russia. In città sarebbe stata distrutta anche la Azovstal, una delle più grandi acciaierie d’Europa: un danno irreparabile, se confermato. Le comunicazioni sono però molto complicate, ed è difficile verificare le notizie che filtrano da Mariupol: se la città cade, i russi prenderebbero il controllo di un porto importante sul Mar d’Azov e soprattutto aprirebbero un corridoio per connettere la Crimea — al momento collegata alla Russia soltanto da un ponte costruito dopo l’annessione — al Donbass, controllato dalle forze filorusse. In ogni caso, l’attacco russo a Mariupol, sostiene il presidente Volodymyr Zelensky, sarà ricordato nei secoli.

Sul campo i progressi restano limitati e da sabato l’avanzata sarebbe di nuovo in pausa per far arrivare alle prime linee rifornimenti e attrezzature per riparare i mezzi, sostiene il briefing quotidiano della Difesa britannica. Per questo, chiusa la prima fase dell’operazione, le truppe si stanno «trincerando» in alcuni settori in attesa di sviluppi. Alcuni analisti arrivano a sostenere che l’Armata ha raggiunto il suo massimo (almeno per ora) e dunque deve limitarsi a tenere ciò che ha conquistato: mantiene quindi la pressione con artiglierie e razzi, bocche da fuoco che mettono in pericolo i civili. Un ricercatore dell’istituto britannico Rusi tuttavia sottolinea che i soldati di Putin ora si sono adattati alla situazione difficile e pur lentamente avanzano. È un giusto richiamo a non sottovalutare la potenza dell’invasore: in ogni conflitto previsioni e piani devono poi superare la realtà del campo.

Non avendo conquistato il controllo dei cieli, gli uomini di Putin colpiscono ora dal proprio spazio aereo o, appunto, dai mari — lo fecero anche per le attività in Siria —, cercando di sottomettere così l’Ucraina: in questo modo possono spingere Zelensky ad accettare condizioni molto meno favorevoli nei negoziati. Secondo i calcoli del Pentagono, i russi hanno aumentato le missioni aeree — ora circa 200 al giorno — mentre l’aviazione ucraina si limita a circa 10, a cui si aggiungono i droni turchi diventati un simbolo della resistenza, al punto che in rete gira una canzone intitolata proprio Bayraktar, come il velivolo. Le missioni aeree dei russi, però, sono rischiose: così come aprono vuoti nelle colonne di tank e blindati con i Javelin, gli ucraini riescono ad abbattere gli aerei — ne dichiarano 96, più probabile che siano una ventina — con gli Stinger. Funzionano alla stessa maniera dei «giavellotti»: si spara dalla spalla, lo usano piccole squadre agili che colpiscono e fuggono, per non essere intercettate dal fuoco nemico.

I piloti russi li conoscono bene. Durante la campagna sovietica in Afghanistan gli americani li fornirono ai ribelli, che abbatterono parecchi elicotteri cambiando così il corso della guerra. Nel nuovo pacchetto di aiuti inviato da Washington agli ucraini dovrebbero esserci 800 armi anti-aeree, probabilmente proprio Stinger. Da seguire l’arrivo di eventuali sistemi per le quote più alte, che sono stati promessi a Kiev: la Slovacchia fornirà i suoi S300 e in cambio riceverà batterie di Patriot olandesi e tedeschi (era la pre-condizione). Il New York Times ha poi rivelato che gli Usa avrebbero chiesto alla Turchia la disponibilità a dare i famosi S400 russi, arma che era stata al centro di un forte contrasto con Washington. Sembra però una news da «nebbia di guerra», un modo per infastidire Mosca, tanto più che Ankara sta mediando e oggi sostiene che sarebbe stato raggiunto un accordo su almeno 4 punti: neutralità e rinuncia alla Nato, demilitarizzazione e garanzie di sicurezza, la famigerata denazificazione, l’eliminazione delle restrizioni sull’uso della lingua russa in Ucraina. Domani, lunedì, riprenderanno comunque i negoziati online.

Andando oltre i dettagli, è evidente che la Nato vuole accrescere lo scudo. La Difesa aerea sembrava il punto debole di Kiev — prima della guerra avevano in totale 125 aerei da combattimento: 7 Mikoyan MiG-29 e 34 Sukhoi Su-27, entrambi jet da combattimento, e poi 14 bombardieri Sukhoi Su-24M e 31 Sukhoi Su-24 — ma ha resistito nonostante un arsenale considerato obsoleto. I mezzi più nuovi hanno almeno 30 anni, i piloti ucraini avevano poche ore di volo e ancora meno esperienza di combattimento, in rapporto ai colleghi russi che hanno fatto la campagna in Siria. Nonostante questo, sono riusciti a preservare lo spazio aereo e, secondo il Pentagono, hanno ancora l’80% degli aerei a disposizione.

Anche per questo — per evitare ulteriori perdite sanguinose — i russi insistono con i cruise. Che la battaglia si stia spostando verso il mare lo conferma anche uno degli ultimi annunci della propaganda ucraina: dopo aver rivendicato l’uccisione di 5 generali e 6 colonnelli, arrivati al fronte per sopperire all’inesperienza delle truppe russe, le forze della resistenza hanno dichiarato domenica di aver eliminato Andrey Paliy, vice comandante della flotta russa nel Mar Nero. Ufficiale con una lunga carriera alle spalle, nato nel 1971, aveva ricoperto anche la carica di numero due del contingente in Siria. Una figura preminente. Fonti di intelligence citate dal Washington Post sostengono che ogni giorno morirebbero o resterebbero feriti non meno di mille russi.

20 marzo 2022 (modifica il 20 marzo 2022 | 20:51)

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, 2022-03-20 23:32:00, Mosca si affida ancora ai cruise per compensare l’uso ridotto dell’aviazione. Gli esperti: l’Armata, frenata dalla resistenza, prova a riorganizzarsi. Intanto fa danni devastanti nei centri abitati e ai siti strategici, Andrea Marinelli e Guido Olimpio

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