I nemici del leopardo delle nevi? Le capre (e il cachemire). «Fototrappole per salvarlo»

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di Elena Comelli

Il «fantasma delle montagne» in pericolo di estinzione. Le foto dell’etologo Francesco Rovero in difesa degli animali (come i felini dell’Asia scacciati dalle troppe capre)

Lo sguardo del leopardo delle nevi è quello di un animale braccato, non di un grande predatore a caccia sul suo territorio, nei Monti Altai della Mongolia. Francesco Rovero, 51 anni, professore di Ecologia all’università di Firenze, ha catturato quello sguardo inquietante con le sue «fototrappole», un sistema nuovo di osservazione della fauna che ha contribuito a sviluppare negli ultimi vent’anni, a partire dalle sue ricerche sui Monti Udzungwa della Tanzania. «In Tanzania abbiamo fotografato per la prima volta in natura diverse specie e nel 2008 abbiamo perfino scoperto una specie nuova, il sengi, o toporagno-elefante gigante, che ha avuto molta risonanza nel mondo scientifico», spiega Rovero. «Con quella scoperta abbiamo dimostrato quanto ci sia ancora di sconosciuto nella natura e quanto il Pianeta su cui viviamo sia complesso, molto più di quello che crediamo di sapere», aggiunge.

Gravità

La sua passione per la natura parte dagli anni di studio delle Scienze naturali proprio a Firenze, sua città natale. Poi Rovero è partito per il Galles, dove ha fatto un dottorato alla Bangor University e da lì è andato in Tanzania, dove ha passato anni a osservare i mammiferi con le nuove tecniche fotografiche, allora sul nascere. Per le sue ricerche ha girato un po’ in tutto il mondo, ma soprattutto in Africa e in Asia Centrale. Il suo studio sul leopardo delle nevi, in cui il «fantasma delle montagne» è stato immortalato molte volte con una sessantina di fototrappole, ha fatto scalpore per la gravità della situazione che salta all’occhio da quelle immagini.

«Dalle nostre osservazioni si dimostra senza ombra di dubbio che il leopardo delle nevi è ormai a rischio di estinzione perché va di moda il cachemire», dice Rovero. Potenza della globalizzazione. Con la domanda di cachemire esplosa negli ultimi anni è esploso anche l’allevamento delle capre Kashmir, da cui si traggono le preziose fibre soffici e calde, passando da circa 20 milioni di capi negli Anni Novanta a circa 67 milioni oggi. «Le greggi di capre sconvolgono gli ecosistemi della Mongolia, primo fornitore al mondo insieme alla Cina, e dilagano anche nei parchi naturali, dove non dovrebbero essere», commenta Rovero. Il leopardo delle nevi, abituato ad attaccare singoli esemplari, come gli stambecchi che si muovono da soli, non si avvicina alle capre in gregge e ha sempre meno territorio a disposizione. «Dalle nostre immagini risulta chiaro che dove ci sono le capre i leopardi si ritirano», spiega Rovero.

Ne è risultata una stima media di 34 individui su un’area di 2600 chilometri quadrati, la più bassa mai registrata. Il boom della capra cachemire, del resto, ha un impatto negativo sulla fauna selvatica anche in India e in Tibet, colpendo molte specie a rischio di estinzione oltre al leopardo delle nevi, dall’antilope tibetana allo yak. Il team impegnato in Mongolia unisce ricercatori dell’università di Firenze e del Muse di Trento (dove Rovero ha lavorato molti anni prima di approdare all’università di Firenze nel 2019) con altri partner internazionali e collabora attivamente con gli ecologisti locali.

«Il bello delle fototrappole è che si prestano bene a coinvolgere volontari nei progetti di ricerca, perché sono uno strumento relativamente semplice da usare e non molto costoso, sono poco invasive e consentono di raccogliere un’enorme mole di dati», racconta Rovero, che è anche autore di un libro su questa tecnica e sul suo utilizzo per migliaia di studi scientifici in ecologia animale impossibili da condurre prima. Un altro modo per denunciare il rapido declino della fauna selvatica nel mondo.

13 febbraio 2022 (modifica il 13 febbraio 2022 | 17:45)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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di Elena Comelli

Il «fantasma delle montagne» in pericolo di estinzione. Le foto dell’etologo Francesco Rovero in difesa degli animali (come i felini dell’Asia scacciati dalle troppe capre)

Lo sguardo del leopardo delle nevi è quello di un animale braccato, non di un grande predatore a caccia sul suo territorio, nei Monti Altai della Mongolia. Francesco Rovero, 51 anni, professore di Ecologia all’università di Firenze, ha catturato quello sguardo inquietante con le sue «fototrappole», un sistema nuovo di osservazione della fauna che ha contribuito a sviluppare negli ultimi vent’anni, a partire dalle sue ricerche sui Monti Udzungwa della Tanzania. «In Tanzania abbiamo fotografato per la prima volta in natura diverse specie e nel 2008 abbiamo perfino scoperto una specie nuova, il sengi, o toporagno-elefante gigante, che ha avuto molta risonanza nel mondo scientifico», spiega Rovero. «Con quella scoperta abbiamo dimostrato quanto ci sia ancora di sconosciuto nella natura e quanto il Pianeta su cui viviamo sia complesso, molto più di quello che crediamo di sapere», aggiunge.

Gravità

La sua passione per la natura parte dagli anni di studio delle Scienze naturali proprio a Firenze, sua città natale. Poi Rovero è partito per il Galles, dove ha fatto un dottorato alla Bangor University e da lì è andato in Tanzania, dove ha passato anni a osservare i mammiferi con le nuove tecniche fotografiche, allora sul nascere. Per le sue ricerche ha girato un po’ in tutto il mondo, ma soprattutto in Africa e in Asia Centrale. Il suo studio sul leopardo delle nevi, in cui il «fantasma delle montagne» è stato immortalato molte volte con una sessantina di fototrappole, ha fatto scalpore per la gravità della situazione che salta all’occhio da quelle immagini.

«Dalle nostre osservazioni si dimostra senza ombra di dubbio che il leopardo delle nevi è ormai a rischio di estinzione perché va di moda il cachemire», dice Rovero. Potenza della globalizzazione. Con la domanda di cachemire esplosa negli ultimi anni è esploso anche l’allevamento delle capre Kashmir, da cui si traggono le preziose fibre soffici e calde, passando da circa 20 milioni di capi negli Anni Novanta a circa 67 milioni oggi. «Le greggi di capre sconvolgono gli ecosistemi della Mongolia, primo fornitore al mondo insieme alla Cina, e dilagano anche nei parchi naturali, dove non dovrebbero essere», commenta Rovero. Il leopardo delle nevi, abituato ad attaccare singoli esemplari, come gli stambecchi che si muovono da soli, non si avvicina alle capre in gregge e ha sempre meno territorio a disposizione. «Dalle nostre immagini risulta chiaro che dove ci sono le capre i leopardi si ritirano», spiega Rovero.

Ne è risultata una stima media di 34 individui su un’area di 2600 chilometri quadrati, la più bassa mai registrata. Il boom della capra cachemire, del resto, ha un impatto negativo sulla fauna selvatica anche in India e in Tibet, colpendo molte specie a rischio di estinzione oltre al leopardo delle nevi, dall’antilope tibetana allo yak. Il team impegnato in Mongolia unisce ricercatori dell’università di Firenze e del Muse di Trento (dove Rovero ha lavorato molti anni prima di approdare all’università di Firenze nel 2019) con altri partner internazionali e collabora attivamente con gli ecologisti locali.

«Il bello delle fototrappole è che si prestano bene a coinvolgere volontari nei progetti di ricerca, perché sono uno strumento relativamente semplice da usare e non molto costoso, sono poco invasive e consentono di raccogliere un’enorme mole di dati», racconta Rovero, che è anche autore di un libro su questa tecnica e sul suo utilizzo per migliaia di studi scientifici in ecologia animale impossibili da condurre prima. Un altro modo per denunciare il rapido declino della fauna selvatica nel mondo.

13 febbraio 2022 (modifica il 13 febbraio 2022 | 17:45)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, di Elena ComelliIl «fantasma delle montagne» in pericolo di estinzione. Le foto dell’etologo Francesco Rovero in difesa degli animali (come i felini dell’Asia scacciati dalle troppe capre) Lo sguardo del leopardo delle nevi è quello di un animale braccato, non di un grande predatore a caccia sul suo territorio, nei Monti Altai della Mongolia. Francesco Rovero, 51 anni, professore di Ecologia all’università di Firenze, ha catturato quello sguardo inquietante con le sue «fototrappole», un sistema nuovo di osservazione della fauna che ha contribuito a sviluppare negli ultimi vent’anni, a partire dalle sue ricerche sui Monti Udzungwa della Tanzania. «In Tanzania abbiamo fotografato per la prima volta in natura diverse specie e nel 2008 abbiamo perfino scoperto una specie nuova, il sengi, o toporagno-elefante gigante, che ha avuto molta risonanza nel mondo scientifico», spiega Rovero. «Con quella scoperta abbiamo dimostrato quanto ci sia ancora di sconosciuto nella natura e quanto il Pianeta su cui viviamo sia complesso, molto più di quello che crediamo di sapere», aggiunge. GravitàLa sua passione per la natura parte dagli anni di studio delle Scienze naturali proprio a Firenze, sua città natale. Poi Rovero è partito per il Galles, dove ha fatto un dottorato alla Bangor University e da lì è andato in Tanzania, dove ha passato anni a osservare i mammiferi con le nuove tecniche fotografiche, allora sul nascere. Per le sue ricerche ha girato un po’ in tutto il mondo, ma soprattutto in Africa e in Asia Centrale. Il suo studio sul leopardo delle nevi, in cui il «fantasma delle montagne» è stato immortalato molte volte con una sessantina di fototrappole, ha fatto scalpore per la gravità della situazione che salta all’occhio da quelle immagini. «Dalle nostre osservazioni si dimostra senza ombra di dubbio che il leopardo delle nevi è ormai a rischio di estinzione perché va di moda il cachemire», dice Rovero. Potenza della globalizzazione. Con la domanda di cachemire esplosa negli ultimi anni è esploso anche l’allevamento delle capre Kashmir, da cui si traggono le preziose fibre soffici e calde, passando da circa 20 milioni di capi negli Anni Novanta a circa 67 milioni oggi. «Le greggi di capre sconvolgono gli ecosistemi della Mongolia, primo fornitore al mondo insieme alla Cina, e dilagano anche nei parchi naturali, dove non dovrebbero essere», commenta Rovero. Il leopardo delle nevi, abituato ad attaccare singoli esemplari, come gli stambecchi che si muovono da soli, non si avvicina alle capre in gregge e ha sempre meno territorio a disposizione. «Dalle nostre immagini risulta chiaro che dove ci sono le capre i leopardi si ritirano», spiega Rovero. Ne è risultata una stima media di 34 individui su un’area di 2600 chilometri quadrati, la più bassa mai registrata. Il boom della capra cachemire, del resto, ha un impatto negativo sulla fauna selvatica anche in India e in Tibet, colpendo molte specie a rischio di estinzione oltre al leopardo delle nevi, dall’antilope tibetana allo yak. Il team impegnato in Mongolia unisce ricercatori dell’università di Firenze e del Muse di Trento (dove Rovero ha lavorato molti anni prima di approdare all’università di Firenze nel 2019) con altri partner internazionali e collabora attivamente con gli ecologisti locali. «Il bello delle fototrappole è che si prestano bene a coinvolgere volontari nei progetti di ricerca, perché sono uno strumento relativamente semplice da usare e non molto costoso, sono poco invasive e consentono di raccogliere un’enorme mole di dati», racconta Rovero, che è anche autore di un libro su questa tecnica e sul suo utilizzo per migliaia di studi scientifici in ecologia animale impossibili da condurre prima. Un altro modo per denunciare il rapido declino della fauna selvatica nel mondo. 13 febbraio 2022 (modifica il 13 febbraio 2022 | 17:45) © RIPRODUZIONE RISERVATA, Photo Credit: , , www.corriere.it, %%item_url %%, Corriere, Corriere, Corriere, Leggi di più, , https://images2.corriereobjects.it/methode_image/socialshare/2022/02/06/ec14e4e6-86f0-11ec-ab3e-1258ba48ff09.jpg, Corriere.it – Homepage, Corriere.it – Notizie e approfondimenti di cronaca, politica, economia e sport con foto, immagini e video di Corriere TV. Meteo, salute, guide viaggi, Musica e giochi online , https://www.corriere.it/rss/images/logo_corriere.gif, http://xml2.corriereobjects.it/rss/homepage.xml, Elena Comelli

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