di Fabrizio Roncone
Viaggio tra spiagge e discoteche di Rimini: «Niente romanticismo. Vuoi una pasticca?»
I n redazione, a via Solferino, nel bel mezzo dell’estate, c’è venuto un dubbio: ma i «Latin lover», sulla Riviera romagnola, ci sono ancora?
Boh.
Andiamo a vedere?
(Pensateci: è una fortuna che resista con ostinazione uno spazio frivolo e spensierato oltre il Donbass e questa scellerata prospettiva di elezioni, questi che ci portano a votare dentro una pandemia, una crisi energetica, l’inflazione alle stelle e una recessione in arrivo. Vabbé: ricordarsi di prendere una crema spray protezione 50 per la testa, i vecchi Ray-Ban e una nuova Moleskine, perché l’ultima è finita con il racconto di Conte, Salvini e lo Zio Silvio che facevano venire giù il governo di Mario Draghi in un fumo di macerie).
Quattro giorni dopo.
Rimini sotto un cielo stupendo, temperature tipo girarrosto, un’ora per trovare parcheggio e alcune pratiche per accendere un mutuo e pagare al parcometro (il nuovo sindaco di centrosinistra Jamil Sadegholvaad, padre iraniano e madre romagnola, scriverà dicendo che è un’esagerazione: ma qui, tanto, ci sono le ricevute dei pagamenti). Comunque, calma. Predisporsi con animo lieve. Procedere subito con un aperitivo. Ignorare — per adesso — l’ossessivo bum bum della musica sparata a palla che arriva dalla spiaggia e varcare il cancello del leggendario Grand Hotel, un po’ albergo e un po’ immaginifico museo felliniano, la suite numero 315 del Maestro affittabile su prenotazione (mille euro a notte), le colonne di marmo bianco e gli stucchi in stile Liberty, la pianista che esegue Chopin, il cameriere che, nella penombra, con un mezzo inchino, chiede: «Quale gin preferisce?».
Rileggere il programma di lavoro sugli appunti: visita chiringuito/ trovare vecchio play-boy/ per Riccione telefonare Cecchetto/ fenomeno discoteche/ sentire Confesercenti/ cercare turisti russi. Mezz’ora, poi entra un WhatsApp: «Sono Lando, ti aspetto fuori». Ma puoi chiamare un figlio Lando, come il protagonista di quel fumetto per adulti degli anni Settanta? Arrivo, Lando.
Me l’ha presentato la mia fonte: serve uno che mi accompagni in questo viaggio. Lando ha 32 anni, fisicaccio completo di tartaruga, bermuda da surf e tatuaggi giapponesi (credo, giapponesi) sul polpaccio destro. «Faccio l’elettricista fino alle sei del pomeriggio. Poi divento un bel “patacca”: che, da queste parti, sarebbe un tipo fondamentalmente simpatico, magari solo un po’ sbruffone. Ma che con le ragazze ci sa fare». Dove andiamo? «Al chiringuito del bagno 44, che va forte. Poi passiamo pure al chiringay, ci sono i preparativi per il Summer Pride. Però prima magari ti metti un costume, che vestito così sembri un carabiniere in borghese» (è chiaro che Lando ignora la bellezza di una lisa Brooks Brothers bianca).
Poco dopo, al tramonto, siamo dentro un girone che Dante non aveva previsto. Tanto per inquadrare la scena: centinaia di uomini e donne (l’età varia tra i 18 e 40 anni) sono sulla spiaggia, a pochi metri dalla riva, tutti ammassati intorno a un grande capanno-bar. Spritz e vodka-lemon a pioggia, certi barcollano, le gigantesche casse acustiche contribuiscono al senso di stordimento. Il tanfo del sudore e l’odore dolciastro degli olii. Corpi tatuati e depilati (anche i maschi), trionfo di perizoma, smalti colorati sulle unghie, bellezza diffusa, allegria diffusa che, lentamente, si trasforma in una tonnara di danze sensuali. «I Latin Lover, come li cerchi tu, corteggiatori seriali da una conquista a notte, non esistono più. L’ultimo è stato Zanza. Con lui è morto un mondo — spiega Lando —. Adesso tutto accade nei chiringuito. Ogni bagno ne ha uno. Un’idea arrivata di rimbalzo da Formentera, Ibiza, dalle isole greche». Essere romantici, in questa bolgia, è impossibile. «E infatti nessuno ha voglia di essere romantico. Vieni, fai amicizia. Poi, se la tipa e il tipo si piacciono, aspettano che faccia buio e procedono». Dove? «Volendo, dietro le cabine. Ma quasi tutti preferiscono farlo sulla sdraio». E le discoteche? «Qui, formalmente, sarebbe vietato ballare proprio per non togliere lavoro ai locali della notte. Che comunque sono ripartiti bene. Può spiegarti tutto Alain».
Dopo tre anni di pandemia, i lockdown, i green pass e le mascherine (ormai sembra ci sia il divieto di indossarle), Rimini è ancora Rimini . La città della seduzione di massa. Luogo privilegiato del camuffamento, dell’illusione, dell’irrealtà. Di nuovo ancora voci tedesche, inglesi, i gutturali suoni scandinavi dentro un battente carnevale estivo di qualità media a costi medi, le piadine mediamente buone ovunque, un senso dell’accoglienza mediamente eccellente, ogni hotel mediamente orgoglioso di annunciare che per agosto, ci spiace, ma siamo al completo.
E Riccione, invece? Cosa fanno a quest’ora nella «Perla Verde dell’Adriatico»? (cit. depliant turistico). A Riccione hanno sempre cercato, e per lunghi periodi trovato, una luce più chicchettosa, lussuosa, moderna. Benito Mussolini ci veniva con la moglie Rachele (poi, in idrovolante, con la scusa di andare a controllare dall’alto «le nostre impenetrabili difese costiere», raggiungeva Claretta Petacci, che lo aspettava a Rimini); gli anni Sessanta furono il tempo dei concerti mitici di Mina e di Gianni Morandi, i cummenda che arrivavano da Milano con la Giulietta Sprint, le balere con l’orchestra di Raul Casadei, le stelle — in cielo — che sembravano più basse; negli Ottanta, quando la Riviera decide di aprire la fabbrica del turismo, ecco che a Riccione esplode il fenomeno delle discoteche, le più belle al mondo stavano su queste colline. Poi però qualcosa s’è spezzato, luci soffuse come stasera, viale Ceccarini senza più quel brivido di eccitazione internazionale.
Perché? «Riccione è rimasta solo una località di vacanza, ma senza divertimento. Quel certo divertimento, intendo» — spiega Claudio Cecchetto, 70 anni e addosso una storia grandiosa, fondatore di Radio Deejay e Radio Capital, produttore e talent scout straordinario (Fiorello, Amadeus, Jovanotti), e poi pure, con una botta di inattesa passione politica, candidato sindaco proprio qui, a Riccione. «È andata male, sono consigliere: ma qualche idea la metto volentieri a disposizione». Racconti. «I giovani devono riprendersi la notte. Illuminerei le spiagge a giorno, organizzerei serate in spiaggia. Il Jova Beach Party di questa estate è la prova che esiste una voglia forte di stare insieme, a piedi nudi, sulla sabbia. Purtroppo sembra che i giovani dei bei tempi andati invecchiando siano diventati vecchi davvero. E che vogliano impedire ai loro figli di divertirsi». Prosegua. «Negli anni 90 inventai Acquafan, portai a Riccione il Disco per l’Estate e i microfoni di Radio Dj. In viale Ceccarini c’era la fila per entrare al Disco Doc 70. E poi inaugurammo “Balcone per l’estate”. Eravamo al primo piano, ogni sera facevo affacciare ed esibire un cantante». Immagini sbiadite. «Se non c’era casino, lo chiedevano. Oggi lasciamo i giovani con un drink nella mano sinistra e il cellulare nella destra».
Spesso aperto sull’applicazione Tinder. «È comoda e veloce — ammette Lando, che intanto s’è cambiato e indossa una camicia in stile hawaiano su un pantalone di lino verde pistacchio —. Ti descrivi e cerchi. Magari fai dieci metri e trovi subito la tipa o il tipo che fa per te». Era molto diversa la tecnica del più grande play boy della costa, Maurizio Zanfanti in arte Zanza (perché ti pizzicava e poi volava via, come — appunto — una zanzara) morto, in servizio, la notte del 26 settembre 2018 . Personaggio mitico o «avventuriero», come lo descrive con severità Wikipedia. Anche la Bild gli aveva dedicato un grosso articolo: «Italienischer Papagallo machte amore mit 6.000 fraulen». Seimila donne, aveva avuto . Anche se non era troppo alto: ma ti arrivava davanti con il chiodo aperto sul petto villoso, le catene al collo, i capelli lunghi ossigenati. «Mai entrato in palestra — raccontò al Resto del Carlino —. Mi sono fatto bastare l’attività fisica nei letti». La stagione record fu quella del 1985: 207 conquiste. «In giugno e luglio arrivi, senza fatica, a due al giorno. Ad agosto, una al pomeriggio e tre la sera». Zanza non sarebbe piaciuto a Salvini: poco sovranista. «Preferisco svedesi e norvegesi. Le italiane? Le lascio a mio fratello». Gli domandavano: qual è il segreto? «La gentilezza. Prima i fiori, subito dopo l’invito a cena. La fai sentire la tua regina, e poi la porti a vedere la luna». Come quella notte. In via Pradella, a Rimini. La ragazza ventitreenne che era con lui: «In macchina, quando abbiamo finito, un attimo prima che gli prendesse il coccolone, Zanza mi ha chiesto: ti è piaciuto?». Quella domanda che ormai gli uomini non fanno quasi più. Aveva 63 anni.
Lando, gonfio di rimpianto: «Il Zanza ha avuto la fortuna di attraversare i meravigliosi Ottanta». Stagione pazzesca anche in Riviera: al cinema raccontata solo nell’efferato «Rimini Rimini» (1987, Sergio Corbucci), frullatone di pedalò e topless, corna e terribili doppi sensi. Il testo sacro resta «Rimini» di Pier Vittorio Tondelli, storia di un giornalista che viene catapultato nella Romagna di quel periodo. Il lancio del libro avvenne al Grand Hotel (torna sempre): incaricato di presentare l’evento era un giovane Roberto D’Agostino. Che ricorda: «Quel giorno del 5 luglio 1985 durò qualche giorno. Eravamo tutti fatti e strafatti e bevuti. Ma anche felici e incoscienti. La presentazione di un romanzo, con Tondelli che aveva magnetizzato tutti i gay d’Italia, si trasformò in un orgasmo di lunga durata, con gruppi di svalvolati su e giù ad ammucchiarsi nelle stanze e lungo i piani del Grand Hotel. Ciò che vidi a Rimini quel giorno resta per me il quadro vivente di quella stagione, bellissima e terribile».
Ancora Lando: «Bottarella?». No, grazie. «Ti sei offeso? Oh, un po’ di Bamba ci aiuta ad arrivare alle 2». Ne gira molta? «Come ovunque». E pasticche? «Di qualsiasi tipo. Perché: ne vorresti una? Non mi sembri il tipo».
Alain — «Si pronuncia alla francese» — è il direttore artistico del «Villa delle Rose», una delle discoteche più belle d’Italia. «È la prima stagione senza restrizioni, va alla grande». C’è voglia di ballare. «Il sabato salgono anche da Napoli. Arriviamo a oltre 3 mila persone». Altri locali? «Il Musica, la Baia Imperiale, noi abbiamo una collaborazione con il Cocoricò». Al Cocoricò capitai sei anni fa, quando chiuse, dopo che un ragazzino di 16 anni era morto per un cocktail ecstasy-alcol. «Ora il filtro comincia prima dell’ingresso. Controlliamo chi arriva, e in che stato. La sicurezza vigila nei bagni». Alain ha detto anche che «purtroppo sono spariti i russi»: all’aeroporto di Rimini, ad aprile, cancellati 50 voli settimanali da Mosca e da Kiev. «Intendiamoci, in Riviera non arrivava l’oligarca, quello andava a Capri o in Costa Smeralda: però, ecco, qui veniva un turista medio interessato al nostro stile di vita…» — questa è la voce di Marco Pasi, direttore Confesercenti Emilia Romagna: la notte è stata lunga e adesso siamo davanti a un caffè nel Bagno dell’ex allenatore Alberto Zaccheroni, il Maré di Cesenatico (voi che l’estate risalite il Mekong, prendetevi una pausa e fatevi un giro in questa cittadina incantevole). «In generale, la gente viene perché è vero che non abbiamo un gran mare, ma il livello dei servizi è, francamente, notevole. Lei però cercava i “Latin Lover”, giusto?». A Rimini, al Bagno 26, ho incontrato Gabriele Pagliarani, un sessantenne che si definisce il Bagnino d’Italia, un furbacchione che per finire sui giornali ha bevuto un po’ d’acqua di mare infetta (poi miracolosamente tornata pulita dopo poche ore); m’ha detto: «Con la milf giusta, piazzo ancora la zampata». «Dicono tutti così. A Torre Pedrera ci sarebbe anche Zizì, ma credo sia molto anziano».
Un paio d’ore più tardi, in un bar sulla spiaggia, Zizì viene avanti incerto nel passo, con gli occhiali scuri e un libro di vecchie foto in mano. Un leone esausto. “Mi ricordo di quella volta che…”».
Chiudiamola qui.
Prima di ripartire, però, per una bizzarra promessa, si va da Zanza. Il parroco della chiesa Regina Pacis si rifiutò di celebrare i suoi funerali, «Troppo clamore»: la cerimonia fu così organizzata al cimitero di Rimini. Poi l’hanno portato qui, in collina, a San Martino Monte l’Abate. Una bomboniera tra i cipressi, le cicale, la foto di quando era giovane.
Ecco tre margherite di campo, Zanza. Da parte di un mio amico.
30 luglio 2022 (modifica il 30 luglio 2022 | 21:55)
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, 2022-07-30 19:57:00, Viaggio tra spiagge e discoteche di Rimini: «Niente romanticismo. Vuoi una pasticca?», Fabrizio Roncone