I sogni di Giuseppe, morto a 16 anni in un incidente stradale: voleva diventare calciatore e imparare in fretta un mestiere

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di Riccardo Bruno

Luigi Sciamanna, ex allenatore di Giuseppe Lenoci: «Era un bravo ragazzo e un giorno gli regalai delle lenti a contatto, ricordo la sua felicità perché si era sentito aiutato»

Giuseppe — 16 anni, morto in un incidente stradale nelle Marche — aveva fretta di imparare un mestiere, iniziare a lavorare e guadagnare quella sicurezza economica che finora gli era mancata. E forse sognava ancora di diventare un calciatore famoso, lui che aveva mostrato di avere talento con il pallone ai piedi e fiuto del gol. «Aveva fatto anche qualche provino, con il Sassuolo e con la Sangiorgese, una squadra legata al Milan» ricorda Luigi Sciamanna, che è stato il responsabile della scuola calcio dell’Asd Campiglione-Monturano dove ha sempre giocato Giuseppe Lenoci, il sedicenne morto ieri mattina durante uno stage di accompagnamento al lavoro. Sciamanna è stato molto di più di un allenatore, quasi un secondo padre per lui e per tutti quei ragazzini che prendono a calci un pallone sperando di cambiare rotta alla loro vita. Non è una famiglia agiata quella di Giuseppe. Il padre va avanti con contratti a tempo determinato nelle aziende calzaturiere della zona del Fermano o dove c’è bisogno, anche la madre arrotonda facendo saltuariamente servizi di pulizia. Due figli, Giuseppe e un fratellino di qualche anno più piccolo, anche lui appassionato di calcio.

L’ex allenatore

«Giuseppe è sempre stato un tipo introverso, taciturno, ma un bravissimo ragazzo — ricorda il suo ex allenatore —. Giocava con il ruolo di attaccante, era battagliero, un po’ più alto dei suoi coetanei, così in area faceva valere il suo fisico. Si allenava con serietà e impegno, sempre rispettoso degli avversari, mai un litigio in campo. Era di animo buono, per questo si faceva volere bene da tutti». Negli ultimi anni la sua crescita come calciatore era rallentata, come spesso capita a questa età aveva dovuto ridimensionare i sogni di gloria. Sciamanna ha cambiato società, non era più il suo allenatore, ma non aveva perso di vista Giuseppe, sapeva che si era iscritto a un corso professionale a Fermo. «Quando mi hanno chiamato per dirmi cos’era successo stentavo a crederci. È una tragedia, non solo per la sua famiglia». Ha tanti ricordi di quel ragazzino di poche parole e di grande volontà. «Me ne viene in mente uno in particolare — dice Sciamanna —. Non aveva gli occhiali anti-urto, così lo portammo dall’ottico e gli comprammo delle lenti a contatto. Non potrò mai dimenticare l’espressione che fece una volta che se li mise. Era veramente soddisfatto e non tanto perché quelle lenti l’avrebbero aiutato a giocare meglio. Era felice perché si era sentito aiutato».

15 febbraio 2022 (modifica il 15 febbraio 2022 | 09:05)

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