Fa discutere quanto accaduto in una scuola primaria di Prato. Così come segnala Fratelli d’Italia, in una scuola primaria un bambino italiano si trova in una classe con 19 compagni cinesi.
Il partito fa riferimento alla circolare ministeriale, emessa nel 2010, dall’allora ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, che limita la presenza di alunni stranieri al 30% per classe. La norma, in contrasto con lo stradario che assegna le scuole in base al domicilio, e l’articolo 34 della Costituzione che tutela il diritto allo studio, crea uno scenario intricato per i dirigenti scolastici.
A Il Tirreno un dirigente scolastico critica il provvedimento per il suo focus sugli “stranieri” anziché sugli “italofoni” o “non italofoni”. Sottolinea che molti bambini di origine straniera nati in Italia non hanno difficoltà con la lingua. Tuttavia, affronta sfide maggiori con gli studenti che non conoscono l’italiano, specialmente quelli che si iscrivono a metà anno.
Nelle scuole, si adottano diverse strategie per l’integrazione. Ad esempio, in un altro istituto di Prato, dove il 22% degli studenti è straniero, si svolgono attività di alfabetizzazione durante l’orario scolastico. Il preside riconosce i progressi ma ammette che esistono ancora delle difficoltà, come nel caso di studenti che resistono all’integrazione.
Un altro dirigente sottolinea la necessità di riflettere sulla formazione delle classi per garantire la socializzazione in lingua italiana anche agli studenti italiani.
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