L’Italia, come sappiamo bene, ha incluso il cyberbullismo nella legislazione nazionale. La legge n. 71/2017 «Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo», rappresenta una svolta in materia di bullismo online e pone fine al vuoto normativo.
La norma, composta da 7 articoli, definisce chiaramente il cyberbullismo come: “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo» (legge 71/17 art. 1 comma 2).
L’Italia e la norma dettagliata
Ma perché l’Italia ha fortemente voluto istituire una norma così dettagliata? La risposta la troviamo nella recente pubblicazione di Cetty Mannino, edita per i tipi del CeSVoP, il Centro di Servizi per il volontariato di Palermo, dal titolo “Dall’educazione digitale al cyberbullismo. Comparazione dei provvedimenti governativi e delle azioni educative dei paesi europei con l’Italia”. Scrive la brillante giornalista Cetty Mannino la “motivazione è da attribuire ad un tragico fatto di cronaca, avvenuto la notte del 4 gennaio del 2013 quando una ragazza di nome Carolina Picchio, di 14 anni, si è suicidata a causa di un video realizzato dai suoi amici, diffuso sui social e diventato virale. La tragedia ha avviato un processo. L’udienza presso il tribunale dei minori di Torino ha visto concludersi il percorso di messa alla prova per tutti i ragazzi coinvolti nel dicembre del 2018. Misura alternativa al carcere per tutti i 5 ragazzi coinvolti (all’epoca minorenni): dai 15 ai 27 mesi di messa alla prova, con diversi interventi, dalle attività culturali e di assistenza a persone con disabilità e anziani. Tutti, in sede processuale, hanno dichiarato la propria responsabilità. L’unico maggiorenne all’epoca dei fatti aveva già patteggiato con la condizionale 1,4 anni.
Paolo Picchio: “Il cyberbullismo, nella sua forma più crudele, non può essere derubricato a semplice ragazzata”
Nel dicembre 2018 – dichiara Paolo Picchio, presidente onorario Fondazione Carolina e papà della ragazza – si è chiuso un cerchio lungo quasi sei anni. Oggi sappiamo – come riporta con una cruda lucidità e una eccellente capacità giornalistica Cetty Mannino – che il cyberbullismo, nella sua forma più crudele, non può essere derubricato a semplice ragazzata, ma che – come ha scritto “Caro” (Carolina ndr) – le parole fanno più male delle botte. Tutti lo hanno capito, anche i ragazzi che hanno affrontato questo lungo percorso di riflessione e consapevolezza e rispetto alle conseguenze delle loro azioni. Nel nome di mia figlia si è celebrato il primo processo in Europa sul cyberbullismo, a lei è stata dedicata la prima legge a tutela dei minori in materia di cyberbullismo; eppure questo non basta. Ecco perché abbiamo costituito una non profit, Fondazione Carolina, con i massimi esperti in capo educativo, formativo, giuridico e comunicativo, in modo da poterci mettere a servizio delle famiglie e dei ragazzi. Perché oggi come oggi non esiste distinzione tra reale e virtuale. Se rivivo i tanti, tantissimi incontri pubblici di questi anni, mi accorgo che in quegli abbracci cercavo un conforto che oggi, invece, mi chiedono gli stessi ragazzi. Non possiamo lasciarli soli. È a Carolina e ad altre vittime del fenomeno, dunque, che la legge è stata dedicata.
Perché una legge e a cosa mira?
La legge in primis – scrive Cetty Mannino nel suo eccellente lavoro di ricerca – mira ad un’azione di prevenzione, dunque di educazione, e successivamente di contrasto, quindi repressione, mettendo come protagonisti assoluti sia le vittime che i bulli. Tra le novità apportate c’è l’istituzione di: un docente referente per ogni scuola di ogni ordine e grado in materia di cyberbullismo; un tavolo tecnico interistituzionale e interministeriale; il coinvolgimento attivo degli operatori che forniscono servizi di social networking e della rete Internet, delle associazioni studentesche, degli enti del terzo settore attivi in materia e dei genitori.
La tutela della dignità del minore
L’altra novità è rappresentata dall’articolo 2, Tutela della dignità del minore, dove abilita ogni minore ultraquattordicenne, nonché ogni genitore o soggetto esercente la responsabilità del minore, che abbia subito atti di cyberbullismo, ad agire autonomamente, inoltrando al titolare del trattamento un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi dato personale, diffuso nella rete Internet, previa conservazione dei dati originali. La legge indica che se entro 48 ore il titolare del trattamento non abbia comunicato di avere assunto l’incarico di provvedere all’oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto, il soggetto può rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la Protezione dei Dati Personali, il quale, entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta, deve provvede.
Il digitale e lo sviluppo delle competenze
Il digitale, scrive Cetty Mannino, è diventato dunque un argomento indispensabile per lo sviluppo delle competenze, dalla scuola dell’infanzia fino al mondo del lavoro. Dal 2010 il Consiglio d’Europa promuove la Carta sull’Educazione alla Cittadinanza Democratica e ai Diritti Umani, adottata in 47 stati membri, nel quadro della Raccomandazione CM/Rec (2010) con lo scopo di diffondere le buone pratiche, innalzare gli standard in tutta Europa e contrastare il bullismo all’interno delle scuole. Nel 2017 il Consiglio europeo mette l’istruzione e la formazione al centro dell’agenda politica europea e ribadisce l’importanza dell’implementazione delle competenze base, tra cui il digitale. Più recentemente, nel Piano d’azione della Commissione europea per l’istruzione digitale 2021-2027, denominato Ripensare l’istruzione e la formazione per l’era digitale, datato 30 settembre 2020, viene sottolineata l’importanza dell’uso delle tecnologie digitali, non solo per l’apprendimento e l’insegnamento ma anche per la qualità e l’inclusività dei sistemi educativi europei. Il documento denuncia inoltre la mancanza d’aggiornamento e di riqualificazione da parte degli operatori, un fatto che la stessa Commissione attribuisce ad una formazione poco disponibile al momento giusto e nel luogo giusto.
La scuola e la gestione, efficace, dei rischi legati alla trasformazione del digitale
Alla scuola, inoltre, l’Unione Europea riconosce il ruolo della gestione, efficace, dei rischi legati alla trasformazione del digitale. Grande attenzione – scrive Cetty Mannino nello strepitoso volume “Dall’educazione digitale al cyberbullismo. Comparazione dei provvedimenti governativi e delle azioni educative dei paesi europei con l’Italia” – è data anche al divario tecnologico, specie tra la realtà urbana e quella rurale. Secondo l’indagine di Mary Mannino i principali motivi di preoccupazione riguardano soprattutto le modalità per garantire l’accesso: l’equità e l’inclusione. Le persone con disabilità hanno segnalato, inoltre, difficoltà relative ai seguenti aspetti: l’accessibilità alla tecnologia e al materiale didattico digitale; la mancanza di disponibilità di tecnologia assistita e infine la mancanza del sostegno tecnico e delle competenze degli insegnanti, sia in materia di disabilità che di praticabilità.
L’istruzione e la formazione digitale
La crisi causata dal Covid-19 ha messo in luce anche i fattori abilitanti e fondamentali per un’istruzione e una formazione digitale: connettività e attrezzature digitali adeguate agli studenti e gli educatori; insegnanti e formatori competenti e sicuri nell’utilizzo della tecnologia digitale a supporto della loro didattica e della loro pedagogia adattata; leadership; collaborazione e condivisione di buone pratiche e metodi didattici innovativi. In particolare, l’emergenza ha confermato la necessità che tutti gli educatori dispongano delle competenze per utilizzare efficacemente le tecnologie digitali nel loro processo di insegnamento e formazione e che tutti i bambini abbiano accesso all’istruzione digitale.
L’UdA sulla cittadinanza digitale all’interno del percorso di educazione civica: scuola del I Ciclo
Il percorso che proponiamo, brillante davvero e molto adeguato alla scelta di fondo che propone l’articolo, è un modello di progettazione UDA interdisciplinari di educazione civica per la scuola primaria e secondaria di I grado all’Istituto Comprensivo 8 di Modena diretto dalla Prof.ssa Anastasia Cantile.
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