Il danno morale alla città

Il danno morale alla città

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l’editoriale Mezzogiorno, 29 marzo 2022 – 09:06 di Silvio Suppa Il furto alla statua di San Nicola, malgrado il ritrovamento successivo degli ori, si può leggere in vari modi. Ma alla fine resta un’immagine sempre più frammentata della vita civile barese. Anche altre città italiane o europee non sono prive di forme di degrado, sovente compensate, però da grandi aperture economiche e sociali, o da intense attività culturali e artistiche. Ma a Bari il ragionamento è più contorto, perché la città non ha mai nascosto la sua anima materialistica, ben raccontata nel vecchio invito a saldare debiti e acquisti: «Pochi, maledetti e subito», alludendo ai soldi. Negli affari, a Bari la certezza ha sempre fatto aggio sulla grazia, in un sistema di relazioni veloci che ha fondato la sua ricchezza sugli scambi; però il materialismo puntava ai pagamenti, non ai sacrilegi. Il reato consumato nella casa di San Nicola è invece episodio di altra natura, è un furto con scasso che, per il popolo barese, devoto al suo patrono al punto da dedicargli anche lo stadio in cui si giocano le partite di calcio, segna una caduta civile. Peggio, segna una nuova sfrontatezza delinquenziale. E cambia poco, se l’autore – come emerge dalle indagini – è un povero disperato. A Bari l’inviolabilità fisica e spirituale della basilica non è stata mai messa in dubbio da nessuno; come spiegare, allora, l’intenzione di un furto, con un danno morale che va oltre ogni valore venale? Una risposta verrà dagli organi inquirenti; ma a noi interessa la sostanza di questo vergognoso episodio. Soprattutto in un contesto in cui niente sembra al sicuro da ogni arbitrio, da ogni affronto. La città cerca di darsi lustro, di dotarsi delle architetture tipiche di una crescita sociale, ma intanto non è in grado di assicurare la protezione dei suoi monumenti, specie di quelli più antichi e di significato universale. Le telecamere non sono tutto, e a San Nicola non esiste guardiania interna. Le tre sfere rubate al Santo sono il simbolo di tre borse dotali a lui attribuite, per tre ragazze povere, senza speranza di matrimonio. È un simbolo che vuol dire generosità e provvidenza, protezione e amore, parole ormai cancellate dal vocabolario di una città dove ogni notte si infrange una vetrina e si ruba allegramente nei negozi, dove la vita semplice non si ispira più al senso o al bisogno di ordine, e molti dormono dove capita, o violano case private, per rubare, o campano come capita. Nello sfondo, resta sempre il potere, che dovrebbe contrastare il reato come mezzo di vita, proprio quel potere che, confuso nelle sue tecniche amministrative, non sa più riconoscere la parte scomoda di quella citta che dovrebbe governare. 29 marzo 2022 | 09:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-03-29 07:07:00, l’editoriale Mezzogiorno, 29 marzo 2022 – 09:06 di Silvio Suppa Il furto alla statua di San Nicola, malgrado il ritrovamento successivo degli ori, si può leggere in vari modi. Ma alla fine resta un’immagine sempre più frammentata della vita civile barese. Anche altre città italiane o europee non sono prive di forme di degrado, sovente compensate, però da grandi aperture economiche e sociali, o da intense attività culturali e artistiche. Ma a Bari il ragionamento è più contorto, perché la città non ha mai nascosto la sua anima materialistica, ben raccontata nel vecchio invito a saldare debiti e acquisti: «Pochi, maledetti e subito», alludendo ai soldi. Negli affari, a Bari la certezza ha sempre fatto aggio sulla grazia, in un sistema di relazioni veloci che ha fondato la sua ricchezza sugli scambi; però il materialismo puntava ai pagamenti, non ai sacrilegi. Il reato consumato nella casa di San Nicola è invece episodio di altra natura, è un furto con scasso che, per il popolo barese, devoto al suo patrono al punto da dedicargli anche lo stadio in cui si giocano le partite di calcio, segna una caduta civile. Peggio, segna una nuova sfrontatezza delinquenziale. E cambia poco, se l’autore – come emerge dalle indagini – è un povero disperato. A Bari l’inviolabilità fisica e spirituale della basilica non è stata mai messa in dubbio da nessuno; come spiegare, allora, l’intenzione di un furto, con un danno morale che va oltre ogni valore venale? Una risposta verrà dagli organi inquirenti; ma a noi interessa la sostanza di questo vergognoso episodio. Soprattutto in un contesto in cui niente sembra al sicuro da ogni arbitrio, da ogni affronto. La città cerca di darsi lustro, di dotarsi delle architetture tipiche di una crescita sociale, ma intanto non è in grado di assicurare la protezione dei suoi monumenti, specie di quelli più antichi e di significato universale. Le telecamere non sono tutto, e a San Nicola non esiste guardiania interna. Le tre sfere rubate al Santo sono il simbolo di tre borse dotali a lui attribuite, per tre ragazze povere, senza speranza di matrimonio. È un simbolo che vuol dire generosità e provvidenza, protezione e amore, parole ormai cancellate dal vocabolario di una città dove ogni notte si infrange una vetrina e si ruba allegramente nei negozi, dove la vita semplice non si ispira più al senso o al bisogno di ordine, e molti dormono dove capita, o violano case private, per rubare, o campano come capita. Nello sfondo, resta sempre il potere, che dovrebbe contrastare il reato come mezzo di vita, proprio quel potere che, confuso nelle sue tecniche amministrative, non sa più riconoscere la parte scomoda di quella citta che dovrebbe governare. 29 marzo 2022 | 09:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA ,

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