Prendendo a prestito la nota locuzione del grande sociologo tedesco Niklas Luhman, è il caso di richiamare il senso degli “effetti perversi” con cui si indicano eventi non desiderati che, malgrado altre intenzioni, si determinano in modo dannoso o inutile.
A scuola, tanti. E capita sovente. Vuoi aiutare o tutelare allievi con qualche problema? Una straripante onda di certificazioni “ad ogni stormir di fronde”, eccessi e devianze (si pensi all’ipercinetico, o al bambino/ragazzo esuberante, che diventa ADHD, talvolta anche in Spettro, ecc). Si tratta di tendenze, comportamenti, spinte fuori controllo la cui paternità è spesso poco visibile, ma che trovano negli ambienti scolastici o prossimi alla scuola (riviste e libri) un favorevole brodo di coltura e si diffondono senza freno. È il caso anche della composizione testuale scritta, tradizionalmente conosciuta come TEMA.
Ne parliamo con il prof. Piero Crispiani (Professore Onorario Università di Macerata e Professore Straordinario Link Campus University di Roma).
Professore Crispiani, spesso la scuola è condizionata dalle mode del momento e dai luoghi comuni. Lo stesso dicasi sul tema.
«La Scuola, ma non di meno la Pedagogia, sono sempre state condizionate dalle mode e dai luoghi comuni, a volte con comportamenti che sono durati decenni. In Pedagogia si chiama “formalismo pedagogico” secondo l’analisi di importanti Autori ed induce a dar seguito a fantasiosi pensieri, ad es. “si legge lettera più lettera”, “il globale genera disortografie”, “il testo breve è meglio del testo lungo”, ecc. Corre voce (metropolitana) che i ragazzi di oggi non sanno fare il “testo breve”, una “relazione breve”… Perché quello lungo lo sanno fare?»
Professore, possiamo dire che la parola ha senso solo nella frase?
«Non è il caso di scomodare la storia della psicologia o della linguistica mondiale per sapere che la parola ha senso nella frase, il testo nel contesto, il sunto nel testo ampio, l’analitico nel globale. Si può fare una sintesi avendo conoscenza di cosa globalmente si può dire, non il contrario. Si comprende la distanza da un oggetto se si percepisce lo sfondo, il contesto. Ma se si annullano gli sguardi globali, di ampio raggio, i testi, cosa devono capire o saper fare i ragazzi? Il secolare insuccesso delle Antologie de contestuali (somma di brani) non ci ha insegnato NULLA?»
Che cos’è il tema, professore?
«Proviamo a ragionare sul tema, ovvero su una composizione testuale personale che può distinguersi in narrativo, argomentativo o descrittivo, oppure sintetizzarli insieme; quindi, portare l’allievo ad un esercizio intellettuale, organizzativo e linguistico di eccezionale valore formativo, oggi quasi dimenticato, perché … “breve è bello!”».
Possiamo parlare di valori formativi quando parliamo del tema?
«Stringendo sui valori formativi, diciamo una serie di fattori che affermano lo straordinario valore formativo del Tema. Un Decalogo come ELOGIO DEL TEMA:
1. Il Tema costituisce un testo, quindi una forma di comunicazione dotata di coesione, coerenza, intenzionalità ed altri connotati propri del testo (testualità, linguistica testuale, cognitività). Non è una somma di frasette.
2. Il Tema è un testo espanso, oggetto di espansioni di enunciati o di frasi, che avvia alla sintassi, alla coniugazione di verbi, all’uso di legatori ed espande il testo. Il ragazzo sa che deve scrivere un po’ di più e sullo stesso argomento.
3. Il Tema integra i tre tipi testuali, ovvero narrativo, argomentativo e descrittivo che compongono il modo di comunicare di qualche istruzione, quindi il metalinguaggio, meta testo, ecc.
4. Il Tema seleziona i concetti e li pone in linea, crea una sequenza almeno ordinata o lineare, a volte anche reticolare, ramificata, ecc. Cosa che i ragazzi di oggi spesso non posseggono.
5. Il Tema seleziona il lessico, le parole, suggerisce di usare la parola meglio appropriata, di variare le parole anziché ripetere le poche disponibili. Amplia il paradigma verbale.
6. Il Tema seleziona forme sintattiche, strutture (meglio dire “processi sintattici), quindi correlazioni maschile-femminile, singolare-plurale, certo-incerto, presente-passato e futuro, ecc. A volte conferisce anche uno “stile testuale”, ma qui andiamo oltre confine.
7. Il Tema esercita il tempo, la funzione essenziale dell’agire umano, quindi: prima dopo, chi sta prima e chi sta dopo, cosa ho detto e cosa devo dire, continuare il discorso, dire il successivo, ecc. Provate con i disprassici (dislessici, disordinati, alunni in “spettro”, ecc. e vedrete gli “smarrimenti cognitivi”.
8. Il Tema esercita il pensiero ipotetico: se dico questo poi potrò dire l’altro, questo si conclude con, pronuncio una ipotesi sapendo che è una ipotesi. Tutto ciò sviluppa pensiero e linguaggio (bisognerebbe mettere un insegnamento con questo nome nei corsi di formazione degli insegnanti.
9. Il tema induce chi scrive a correlare di continuo ciò che scrive con il titolo (traccia) e con quanto già scritto. Connette testo e pre-testo, testo e contesto… dunque l’orientamento mentale.
10- Il Tema esprime (talvolta faticosamente) la propria individualità, chi sono, le mie competenze, i miei pensieri, le spinte a parlare. Quindi crea un dialogo con una persona viva, visibile, reale, diversa da me, non con un tablet criptico ed a linguaggio ignobilmente povero e prevaricato dalle immagini, dai suoni e dall’emulazione degli altri».
Quale messaggio ai docenti e ai genitori che tentennano ancora quando parliamo del tema?
«Semplicemente questo: il tema fa parlare. Il Tablet fa tacere».
, L’articolo originale è stato pubblicato da, https://www.orizzontescuola.it/il-decalogo-dellelogio-del-tema-porta-lallievo-ad-un-esercizio-intellettuale-organizzativo-e-linguistico-di-eccezionale-valore-formativo-oggi-quasi-dimenticato/, Didattica,Italiano, https://www.orizzontescuola.it/feed/, Antonio Fundarò, Autore dell’articolo