Enver Tskitishvili: «Ci odiano e hanno tentato di distruggerci: ma ricostruiremo tutto, come nella seconda guerra mondiale: rifonderemo Mariupol»
Da una località segreta in Ucraina, Enver Tskitishvili fa fatica a trattenere la commozione quando ci spiega che cosa si prova ad assistere alla distruzione della tua casa dallo schermo di un cellulare. Il direttore generale delle acciaierie Azovstal di Mariupol – luogo simbolo della devastazione dell’invasione russa – ci dice che da tre mesi assiste quasi in diretta all’uccisione di amici e dipendenti in quella che fino a poco fa era l’azienda che dirigeva, e che sente come casa. Quei bunker così sicuri, profondi sei metri, costruiti nel 1977 secondo le regole architettoniche dell’Unione Sovietica, si sono trasformati in trappole infernali. E così, uno dei più importanti complessi industriali d’Ucraina e d’Europa è diventato un labirinto della morte, baluardo della resistenza di una città dove si stima che la conta dei civili uccisi dall’esercito russo superi le 20mila persone.
Qualche giorno fa, Tskitishvili ha festeggiato la notizia dell’evacuazione di tutti i civili dalle sue acciaierie. Oggi chiede che la comunità internazionale aiuti a creare le condizioni per la liberazione anche delle centinaia di soldati feriti e ancora intrappolati tra i tunnel di Azovstal. «Quegli uomini sono i nostri eroi. Fanno parte del Battaglione Azov che da mesi tiene impegnato una parte consistente dell’esercito russo frenando l’avanzata nelle altre città».
Si aspettava che Mariupol e le acciaierie Azovstal diventassero uno degli obiettivi dell’esercito?
«No, certo che no. Sapevo che potevamo finire nel mirino, ma mai avrei pensato che una città pacifica come la nostra sarebbe stata bombardata con bombe a grappolo, o che venisse distrutta dai razzi».
C’entra la presenza del Battaglione Azov?
«Sicuramente i russi hanno un conto aperto con Mariupol e Azov perché nel 2004 non sono riusciti a prendere la città grazie ai nostri soldati. Lo stabilimento di Azovstal è l’unico in Ucraina che produce acciaio per veicoli corazzati per armature: ci odiano».
Anche voi, come in Donbass, vi sentite in guerra dal 2014?
«Dal 2014, quasi ogni giorno ci sono stati scontri a dieci chilometri da Mariupol. Vivevamo in pace ma sapevamo che prima o poi l’artiglieria avrebbe potuto raggiungerci. Così abbiamo iniziato a sistemare i nostri rifugi antiaerei, li abbiamo completamente restaurati».
Quanti?
«Trentasei sul territorio dello stabilimento dove possono starci oltre 12000 persone. Poi, ogni settimana, proponevamo corsi ai nostri dipendenti su come vivere in un bunker: facevamo lezioni, mostravamo video».
Quando la gente ha iniziato a nascondersi nei vostri rifugi?
«Qualche giorno dopo l’inizio della guerra. Abbiamo invitato non solo i nostri dipendenti e le loro famiglie, ma tutti i cittadini. Il problema più grande è stato lo spegnimento totale dell’impianto, non lo spegnevamo del tutto dal 1943».
Cioè?
«Funzionavamo 24 ore su 24, abbiamo dovuto spegnere gli altiforni e le batterie dei forni a carbone che emettono gas molto pericolosi. Il gas dell’altoforno non ha colore, né odore, né sapore ed è più pesante dell’aria. Se una persona lo inala muore in trenta secondi».
E come avete fatto?
«Abbiamo chiesto aiuto alla nostra gente sotto i bombardamenti, altrimenti avremmo avvelenato l’intera città. Sono stati degli eroi. Ho tanti esempi di lavoratori eroi».
Racconti.
«Quando hanno iniziato a bombardarci, Vladimir, un ragazzo di 34 anni caporeparto, ogni giorno usciva dal bunker con l’ambulanza dello stabilimento e andava casa per casa dalle persone che non potevano muoversi e le portava nei rifugi: si è fatto migliaia di chilometri fino a quando un proiettile ha colpito il veicolo».
È ancora vivo?
«Sì e non si è fermato. Poi, Vladimir e altri dipendenti hanno preso le auto aziendali e hanno evacuato moltissimi civili. Hanno salvato moltissime vite, rischiando la loro sotto le bombe».
A un certo punto, è girata la notizia che nei sotterranei di Azovstal si producessero armi chimiche.
«Una bugia del regime, volevano incolpare noi per poi usarle loro. Un’altra fake news che girava è che Azov non rilasciasse i civili e li usasse come scudi umani: tutto falso. Li hanno protetti, sfamati e poi aiutati ad andarsene».
Cosa rappresenta Azovstal per Mariupol?
«Quasi 11mila persone lavorano per Azovstal, 11mila nello stabilimento di Ilyich. A Mariupol, una persona su cinque, in qualche modo, è legata alla nostra azienda».
Che cosa producete?
«In particolare, una lastra d’acciaio utilizzata nella costruzione di edifici. Lo sapete che nel meccanismo per rimuovere la Concordia dopo l’incidente c’era il metallo di Azovstal? Anche quando è caduto il ponte di Genova gli ingegneri hanno usato il nostro acciaio».
Azovstal riaprirà?
«Torneremo a Mariupol, sì. Riapriremo e rifonderemo questa città che diventerà ancora più bella. Abbiamo già ricostruito lo stabilimento nel 1943, durante la seconda guerra mondiale, e parte della città nel 2014. Ricostruiremo tutto di nuovo».
13 maggio 2022 (modifica il 13 maggio 2022 | 11:30)
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, 2022-05-13 11:52:00, Enver Tskitishvili: «Ci odiano e hanno tentato di distruggerci: ma ricostruiremo tutto, come nella seconda guerra mondiale: rifonderemo Mariupol», Greta Privitera