di Fabrizio Dragosei
Ma il dollaro si apprezza continuamente, e l’export italiano è cresciuto del 22,4% sul 2021. E un documento segreto del Cremlino parla di «decrescita grave»
La Russia e i suoi alleati stanno reggendo benissimo alle difficoltà economiche e, anzi, sono in decisa ripresa mentre l’Occidente è a pezzi, l’economia crolla e il dollaro non lo vuole più nessuno.
Al forum economico di Vladivostok, tra sodali e rappresentanti di Paesi amici, Vladimir Putin traccia la sua visione di come vanno le cose nel mondo, schivando abilmente tutti quei dati e quelle cifre reali che contraddicono la sua narrazione.
L’Italia, nazione forse sotto particolare attenzione per via delle elezioni, è «strangolata dalle direttive dell’Europa rigidamente sottoposta alla dittatura degli Stati Uniti», secondo l’analisi russa.
Questo proprio nel giorno in cui il nostro Istituto per il commercio estero rende noto che l’export italiano è cresciuto nei primi sei mesi del 22,4 per cento sul 2021 che già era andato benissimo.
La valuta Usa, che secondo Putin ha oramai quasi terminato i suoi giorni, è richiestissima, tanto da far segnare continui apprezzamenti su tutte le altre. Come al solito infatti, in momenti di crisi, la banconota verde diventa per gran parte del mondo un bene rifugio. E la Russia? «Non abbiamo perso nulla e non perderemo nulla. In realtà abbiamo guadagnato molto, soprattutto la nostra sovranità».
Il leader del Cremlino ammette che in alcuni settori economici e in determinate parti del Paese ci possono essere difficoltà. «Ci stiamo rafforzando dall’interno». Proprio ieri però è emerso un documento segreto del governo, reso noto da Bloomberg, secondo il quale l a decrescita del prodotto lordo è assai più grave di quella indicata dai dati pubblici (molti indicatori sono stati secretati).
La Russia potrebbe addirittura non ricominciare a veder crescere la sua economia prima del 2030. In alcune aree, come quella della produzione di automobili, ad esempio, il calo è catastrofico: -58%. E le sanzioni che bloccano l’import di numerosi componenti per l’industria, soprattutto quelli ad alta tecnologia, rendono le cose sempre più difficili.
Proprio sul capitolo sanzioni Putin e i suoi collaboratori hanno parecchi problemi. Da un lato, infatti, il Capo del Cremlino sostiene che non hanno alcuna conseguenza e che stanno sempre di più penalizzando solo coloro che le hanno imposte («La febbre occidentale delle sanzioni», l’ha definita). Ma dall’altro lato tenta qualsiasi manovra possibile per farle revocare. Compresa l’ultima, il blocco del metano inviato nel Vecchio Continente attraverso il gasdotto sotto il Mar Baltico. Un blocco, ha spiegato il presidente, «dovuto alle sanzioni».
La Russia, comunque, vorrebbe approfittare della situazione e dei problemi per attivare la seconda linea del gasdotto, il cosiddetto Nord Stream 2, fermato dall’Europa dopo il 24 febbraio. Se la prima linea non può mandare il gas perché non ci sono le necessarie turbine funzionanti, sembra essere il ragionamento, allora fateci aprire il rubinetto della seconda conduttura. Per tranquillizzare i suoi, Putin ha da detto che il tetto al prezzo del gas voluto dall’Occidente «è un’assurdità senza futuro».
Poi ha annunciato a Vladivostok che il gas che non va più in Europa sarà reindirizzato verso i clienti asiatici, prima fra tutti l’amica Cina. Ma si tratta di una semplice indicazione di volontà perché questo prodotto viaggia solo attraverso i gasdotti e quello esistente che unisce Russia e Cina è già saturo. Una seconda linea che dovrebbe passare per la Mongolia deve ancora essere progettata. Se tutto va bene, se ne parlerà fra diversi anni.
Sull’Operazione militare speciale in Ucraina Putin ha sostenuto ancora una volta che la Russia il 24 febbraio non ha iniziato nulla: una guerra era già in corso e mirava all’annientamento delle popolazioni russofone del Donbass. Mosca, quindi, ha semplicemente intensificato i suoi sforzi per proteggere quella gente da un governo «illegittimo» nato da un golpe.
Il Cremlino ha poi dimostrato la sua «buona volontà» nella questione del grano ucraino, facendo in modo che riprendessero le esportazioni per alleviare la crisi alimentare del Terzo Mondo. Però buona parte delle navi partite dai porti ucraini, ha detto Putin, non sono finite in Africa ma in Europa.
7 settembre 2022 (modifica il 7 settembre 2022 | 15:02)
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