Il figlio non studia, il padre lo prende a calci sul sedere e ne mette in dubbio la paternità: il caso finisce in tribunale per abuso di mezzi di correzione fisici e psicologici

Per la Cassazione (n. 17558 del 27 aprile 2023) si configura il reato di violenza in famiglia e non quello abuso di mezzi di correzione a carico del padre che prende a calci nel sedere il figlio che non studia.

Calci al figlio che non studiava

A un padre veniva contestata la condotta, tenuta per 4 mesi, di maltrattamento del figlio minore, consistita nel colpirlo con calci sul sedere, nel metterlo al corrente dei suoi dubbi sulla paternità, nel chiuderlo fuori sul terrazzo e nel colpirlo con una cinta alla schiena. Il Tribunale lo condannava, quindi, alla pena di giorni 20 di reclusione per il reato di “abuso dei mezzi di correzione o di disciplina”.

Violenza non abuso di mezzi di correzione

Per il Procuratore della Repubblica, che ha impugnato la sentenza in cassazione, il Tribunale avrebbe, in modo errato, qualificato come “abuso di mezzi di correzione” le condotte violente poste in essere verso il figlio minore ed escluso l’abitualità delle condotte sulla base del solo dato relativo al numero dei comportamenti, omettendo di considerare la sistematicità delle condotte di sopraffazione fisica e morale descritta dal minore, il cui racconto era stato considerato attendibile dal Tribunale.

La condotta del padre correlata al rendimento scolastico del figlio

La Cassazione ha condiviso la tesi del Procuratore, reputando che il Tribunale, pur riconoscendo l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal figlio minore, parzialmente riscontrate dalla deposizione della madre, ha qualificato le condotte nel reato di “abuso di mezzi di correzione o di disciplina”, considerando il carattere episodico delle condotte violente commesse nel periodo di 4 mesi contestato e la loro correlazione al rendimento scolastico del minore. Era infatti emerso che l’uomo chiudeva il figlio fuori sul terrazzo di casa in orario notturno per circa un’ora per punirlo del cattivo rendimento scolastico.

Il potere correttivo ed educativo

Per la Cassazione l’abuso presuppone l’eccesso nell’uso di mezzi di correzione o di disciplina in sé giuridicamente leciti, ma tali non possono considerarsi gli atti che, pur ispirati da un “animus corrigendi” sono connotati dall’impiego di violenza fisica o psichica. Alla luce della linea evolutiva tracciata dalla Convenzione dell’ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989, le condotte connotate da modalità aggressive sono incompatibili con l’esercizio lecito del potere correttivo ed educativo, che mai deve deprimere l’armonico sviluppo della personalità del minore (Cassazione, n. 13145/2022).

L’uso della violenza a scopi educativi

La Cassazione ha ribadito che l’uso di qualunque forma di violenza fisica o psicologica a scopi educativi esula dal perimetro applicativo del reato di abuso dei mezzi di correzione: ciò sia per il primato che l’ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti; sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di connivenza utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice (Cassazione, n. 4904/1996).

Il nuovo esame

La sentenza impugnata è stata annullata con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello, che valuterà se le condotte ascrivibili al padre presentino le connotazioni, in chiave di intensità e di abitualità, tali da integrare il reato di maltrattamenti ovvero se siano riconducibili ad altre fattispecie di reato.

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