Il governo dà il via libera alla riforma costituzionale e vara il premierato. Meloni: La madre di tutte le riforme

Il governo dà il via libera alla riforma costituzionale e vara il premierato. Meloni: La madre di tutte le riforme

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“La madre di tutte le riforme”. Con queste parole, Giorgia Meloni ha descritto la decisione del Consiglio dei ministri, che ha unanimemente approvato l’introduzione del premierato in Italia.

La riforma mira all’elezione diretta del presidente del Consiglio, sottolineando il diritto dei cittadini di decidere chi li governerà.

La finalità principale è quella di mettere fine ai continui ribaltoni, ai giochi di palazzo e ai governi tecnici, che nel passato sono stati percepiti come decisioni imposte ai cittadini. Nonostante questo cambiamento radicale, Meloni ha sottolineato che il ruolo del presidente della Repubblica rimarrà inalterato, assicurando che le sue competenze non verranno modificate, ad eccezione dell’incarico al presidente del Consiglio ora eletto direttamente.

Guardando al passato, l’Italia ha avuto 68 governi negli ultimi 75 anni, con una durata media di soli un anno e mezzo. Di questi, 12 sono stati presidenti del Consiglio negli ultimi 20 anni. L’importanza di questa riforma risiede nell’obiettivo di garantire una stabilità governativa.

La riforma prevede che il presidente del Consiglio venga eletto a suffragio universale contemporaneamente alle Camere. Sarà poi compito della legge elettorale garantire una maggioranza solida. Un elemento chiave è l’introduzione di una norma anti-ribaltone: il presidente eletto potrà essere sostituito solo in circostanze specifiche e unicamente da un parlamentare. Questo metterà fine all’instabilità e ai continui cambiamenti di governo.

Un altro punto della riforma riguarda i senatori a vita: “Non ci saranno più, fatto salvo per gli ex presidenti della Repubblica e gli attuali senatori a vita. Dopo il tagli dei parlamentari l’incidenza dei senatori a vita è molto aumentata”, continua ancora Giorgia Meloni in conferenza stampa.

L’iter parlamentare della riforma costituzionale

Il testo è composto da 5 articoli e prevede l’elezione a suffragio universale (cioè direttamente da parte dei cittadini) del presidente del Consiglio. Non è specificato che il premier debba essere eletto in un turno unico. Ciò significa che non è esclusa l’eventualità di un ballottaggio (come avviene nei Comuni).

È prevista anche una nuova legge elettorale con un premio di maggioranza. La coalizione o la lista che prenderà più voti (ma è stata fissata una soglia) otterrà il 55% dei seggi in Parlamento. Nel testo è inserita una norma antiribaltone, per impedire che in caso di caduta di un governo se ne possa costituire uno nuovo con una maggioranza diversa da quella uscita dalle urne.

L’articolo della Costituzione che regola i passaggi per le riforme costituzionali è il 138. Dopo l’approvazione del testo, ogni legge di questo tipo deve passare per due letture da parte di entrambi i rami del Parlamento. Sia la Camera sia il Senato devono approvare la riforma con la maggioranza assoluta, cioè con almeno il 50 per cento più uno dei voti. Questo però non fa automaticamente entrare in vigore la riforma.

Per far sì che venga approvata bisogna infatti che il Parlamento – in entrambe le camere – approvi il testo con la maggioranza qualificata, cioè dei due terzi dei suoi componenti. Se questo non accade, è possibile per almeno un quinto dei parlamentari richiedere un referendum per l’approvazione finale (chiamato referendum confermativo).

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