L’istruzione è la pietra miliare di una società progredita e i docenti ne sono gli architetti silenziosi. Tuttavia, in Italia, la retribuzione dei docenti rimane una questione irrisolta, come evidenziato da recenti ricerche che mettono in luce disparità significative rispetto ai colleghi europei.
Recentemente l’Osservatorio conti pubblici italiani ha condotto una ricerca esplorando la dimensione del lavoro sommerso, le ore lavorative non riconosciute contrattualmente. Questa indagine ha gettato luce sulle sfide che i docenti italiani affrontano, incluse lunghe ore di lavoro non retribuite.
Nel 2022, il Movimento Docenti ha approfondito ulteriormente la questione. Il loro studio ha analizzato gli stipendi dei docenti e il lavoro sommerso, tentando di quantificare le ore effettive lavorate dai docenti. La scoperta è stata sorprendente: un monte ore annuo tra 1630 e 2000 ore, ben oltre le “18 ore a settimana” spesso citate. Queste ore includono preparazione delle lezioni, correzione dei compiti, riunioni, tra le altre attività.
Per affrontare il problema del lavoro sommerso, il Movimento Docenti suggerisce di dettagliare le incombenze dei docenti in termini di ore, mirando a centralizzare le loro 36 ore settimanali presso la sede scolastica di riferimento. Ciò richiederebbe ambienti di lavoro adeguati, strumentati per pianificare, progettare e svolgere altre attività didattiche.
In aggiunta, è stata proposta una revisione dell’orario di lavoro, estendendolo su cinque o sei giorni a settimana, con implicazioni positive sulle condizioni di lavoro, come il diritto alla mensa o l’introduzione di buoni pasto. Ma oltre a questi cambiamenti logistici, è cruciale una revisione degli stipendi dei docenti.
Un confronto stimolante emerge tra i docenti universitari e quelli delle scuole: nonostante un ruolo simile, i professori universitari guadagnano tra 3 e 5 volte di più. È tempo che la società riconsideri la percezione del valore e dell’importanza dei docenti, riconoscendo il loro contributo fondamentale all’istruzione e alla formazione dei giovani. La riforma non solo valorizzerebbe la professione docente, ma sarebbe un passo avanti verso la creazione di un sistema educativo più giusto ed equo.
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