Il MarTa simbolo di futuro

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l’editoriale Mezzogiorno, 26 maggio 2022 – 10:10 Taranto e il suo museo di Sergio Talamo Eva Degl’Innocenti lascia Taranto per andare a dirigere i Musei Civici di Bologna. Così il MarTa, il museo ionico nato nel 1887, dopo sei anni e mezzo di rispolvero resta orfano? Non esattamente. La direttrice ha rilanciato un’istituzione che prima della sua nomina zoppicava non poco. Ha dimostrato che la cultura non è per Taranto un complemento d’arredo, ma un fatto costitutivo. Non era un dato chiaro a molti. In fondo, quando a metà dell’Ottocento entra a far parte della nuova entità nazionale, Taranto viene da quattro secoli di scorribande e trafugamenti di bellezze che ne testimoniavano l’antico status di capitale. I reperti più importanti del passato greco-romano si rinvengono per caso, per il fervore di un’edilizia che mira a edificare la città-base navale e sede di produzione industriale nazionale. Il Museo nazionale di Taranto, a fine ‘800, è un deposito di anticaglie. La cultura, il paesaggio e gli itinerari storici, del resto, sono secondari. Persino il mare regredisce a fattore folcloristico legato alla mitologia delle cozze. L’unico mare che conta è quello funzionale alla vocazione militare: il canale navigabile, il porto, l’attracco delle navi-simbolo della flotta italiana. Un percorso degno di una città anche fisicamente divisa in due dal famigerato “muraglione dell’Arsenale”, vissuto dai tarantini come uno dei tanti tributi ad una sovranità limitata, così come le isole riservate ai militari e tanti altri pezzi di un mosaico di subalternità. Dopo la guerra, Taranto come base Nato e l’insediamento dell’Italsider completano il quadro. Nasce così la “città degli altri”, degli americani, dei romani, dei genovesi, dei baresi che detengono l’università. Una città cui non serve una cultura del turismo, con la costa sfigurata dagli abusi edilizi, né tantomeno un museo vero. Magna Grecia è una bella parola, evoca grandi condottieri, nulla più. Ben presto si riduce al nome di una via. Eva Degl’Innocenti arriva a Taranto dopo aver studiato e lavorato in Inghilterra e Francia. Il ministro Franceschini, seguendo le tracce del suo predecessore Rutelli, che era venuto a Taranto ed era stato ad un tempo incantato dalle bellezze e indignato dai soprusi subiti, decide di puntare su di lei. E la nuova direttrice unisce il suo bagaglio ad un pragmatismo tipico di molte donne quando arrivano alle vette del potere. Quindi: interventi di modernizzazione anche tecnologica (prima di lei, eravamo alle brochure cartacee), uso dei social media come fattore sistematico e professionale di promozione, richiamo di testimonial di eccezione, partecipazione attiva ad iniziative ed eventi, proprio come un “pezzo” di una nuova Taranto capitale culturale. Ad esempio, il MarTa Lab, che digitalizza 40 mila reperti del museo in dati aperti, si occupa di riproduzioni con stampanti 3D e laser scanner, fa attività di e-learning con centinaia e centinaia di classi da tutta Italia. I risultati sono tangibili. Non solo l’aumento costante dei visitatori, ma soprattutto l’idea del MarTA come meta obbligata: chi va a Taranto non può non tuffarsi nell’importante passaggio storico fra greci e romani, fra lo splendore classico e il marchio dei nuovi dominatori. «In Francia ho capito che un museo è in primis un importante strumento di governance territoriale», dice Eva, e lancia lo slogan Past for future. La sua impronta oggi può essere una traccia del futuro di Taranto. 26 maggio 2022 | 10:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-26 08:10:00, Taranto e il suo museo,

Pietro Guerra

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