Il Metaverso e l’economia che controlla

Il Metaverso e l’economia che controlla

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editoriale Mezzogiorno, 18 maggio 2022 – 08:06 di Fabio Calenda «Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non libertà prevale nella società industriale avanzata, segno di progresso tecnico». Dopo 60 anni, l’incipit de «L’uomo a una dimensione» di Herbert Marcuse (1964), recupera attualità in uno scenario profondamente mutato. Egli individuava una cappa di conformismo narcotizzante distendersi sulle società affluenti dell’Occidente, in un clima di ottimismo per il benessere conseguito, o considerato alla portata, e di fiducia per le «magnifiche sorti e progressive». Da qui, la svirilizzazione del pensiero critico e la soggezione inconsapevole, da parte dei singoli, ai sottili e pervicaci condizionamenti del «potere». In estrema sintesi, controllo sociale col guanto di velluto. Non poteva prevedere la precarietà di status e la dilatazione delle diseguaglianze prodottesi successivamente; le contrapposizioni rabbiose; la perdita di autorevolezza delle istituzioni preposte a mediarle (partiti, sindacati, associazioni); il ruolo della tecnologia nell’esacerbarle. Il cui sviluppo sotto un certo profilo lo ha smentito. I social sono divenuti palestre di libero pensiero – e di incontrollate pulsioni – consentendo una voce a masse di persone, che al suo tempo ne erano prive. Evoluzione positiva, anche se foriera di ben noti problemi. Semplificazione e banalizzazione di temi complessi, con conseguenze deleterie su scelte (più spesso non scelte) necessarie alla collettività; insorgenza spesso inappropriata di proteste e sdegno; esplosione della demagogia; polarizzazione di opinioni e contrasti; toni fuori dalle righe, stimolati da una comunicazione fulminea e pervasiva per vastità di audience. Tanto da avvezzarci a sanguinose contumelie, profuse non soltanto da gente comune o politici di mezza tacca, ma anche da leader di primissimo piano a livello mondiale. Fin qui, l’impatto del progresso tecnico sui grandi numeri delle relazioni politiche e sociali. Diverso quello sul controllo delle menti dei singoli. A cui i giganti del web, Facebook in testa, si stanno dedicando con enorme disponibilità di risorse. Ha fatto già molto discutere la modalità subdola dei famigerati algoritmi, per mappare gli orientamenti di chiunque attui ricerche in rete. Oggi assistiamo a un formidabile salto di qualità, col cosiddetto metaverso, dalle potenzialità rivoluzionarie in molteplici campi, tra cui gaming, business aziendale, smart working, finanza digitale (criptovalute). Qui interessa la sua capacità a influire su propensioni, desideri, stili di vita delle persone. Alle quali spalanca un mondo virtuale tridimensionale, in cui ciascuno, tramite il proprio avatar, è in grado di «vivere» le più disparate esperienze, interagire con innumerevoli contatti, senza spostarsi dal proprio divano. Ecco pertinenti gli aggettivi adoperati da Marcuse. Quale libertà più «confortevole»? Anche «levigata», vista per l’immaterialità in cui si esplica, dissimulata da strumenti atti ad approssimare – e in prospettiva sempre più a replicare- sensazioni fisiche quali sapori o odori. Ancor più «ragionevole» e «democratica», nell’offrire a tutti la possibilità di compiere viaggi esotici, o indossare abiti di alta moda, in un contesto in cui la crescita di stimoli e informazioni, parallela a quella delle diseguaglianze, amplia il divario tra il «vorrei» socio culturale e il «posso» economico. Il metaverso si presenta quindi come il supereroe del progresso tecnico, dalle imprese rivolte in un terreno sterminato, ancora non del tutto esplorato, coinvolgendo, aziende, politica e società civile. Si presenta col volto radioso delle infinite possibilità. Dietro cui si cela il più subdolo controllo. Non più rivolto direttamente a indurre ad acquisti o influenzare opinioni- come evidenziato fin dal lontano 1957 dal libro «I persuasori occulti» di Vance Packard -, bensì a farlo sprofondare con dolcezza in una realtà virtuale, ad «aumentarla» secondo i propri desideri («realtà aumentata» è uno dei connotati del metaverso), estraniandolo da confronti e conflitti vitali del mondo reale. Confinandolo in un’asettica e illusoria autosufficienza, o meglio, dipendenza già in atto presso moltitudini, non solo di adolescenti, con strumenti tecnologici dal raggio d’azione ben più limitato. Col metaverso la sollecitazione diviene ben più globale: un’esistenza fittizia e appagante. Quanto più ne subirà il fascino, tanto più l’uomo si ridurrà, appunto, a una dimensione. La newsletter del Corriere del MezzogiornoSe vuoi restare aggiornato sulle notizie della Campania iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui. 18 maggio 2022 | 08:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-18 06:07:00, editoriale Mezzogiorno, 18 maggio 2022 – 08:06 di Fabio Calenda «Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non libertà prevale nella società industriale avanzata, segno di progresso tecnico». Dopo 60 anni, l’incipit de «L’uomo a una dimensione» di Herbert Marcuse (1964), recupera attualità in uno scenario profondamente mutato. Egli individuava una cappa di conformismo narcotizzante distendersi sulle società affluenti dell’Occidente, in un clima di ottimismo per il benessere conseguito, o considerato alla portata, e di fiducia per le «magnifiche sorti e progressive». Da qui, la svirilizzazione del pensiero critico e la soggezione inconsapevole, da parte dei singoli, ai sottili e pervicaci condizionamenti del «potere». In estrema sintesi, controllo sociale col guanto di velluto. Non poteva prevedere la precarietà di status e la dilatazione delle diseguaglianze prodottesi successivamente; le contrapposizioni rabbiose; la perdita di autorevolezza delle istituzioni preposte a mediarle (partiti, sindacati, associazioni); il ruolo della tecnologia nell’esacerbarle. Il cui sviluppo sotto un certo profilo lo ha smentito. I social sono divenuti palestre di libero pensiero – e di incontrollate pulsioni – consentendo una voce a masse di persone, che al suo tempo ne erano prive. Evoluzione positiva, anche se foriera di ben noti problemi. Semplificazione e banalizzazione di temi complessi, con conseguenze deleterie su scelte (più spesso non scelte) necessarie alla collettività; insorgenza spesso inappropriata di proteste e sdegno; esplosione della demagogia; polarizzazione di opinioni e contrasti; toni fuori dalle righe, stimolati da una comunicazione fulminea e pervasiva per vastità di audience. Tanto da avvezzarci a sanguinose contumelie, profuse non soltanto da gente comune o politici di mezza tacca, ma anche da leader di primissimo piano a livello mondiale. Fin qui, l’impatto del progresso tecnico sui grandi numeri delle relazioni politiche e sociali. Diverso quello sul controllo delle menti dei singoli. A cui i giganti del web, Facebook in testa, si stanno dedicando con enorme disponibilità di risorse. Ha fatto già molto discutere la modalità subdola dei famigerati algoritmi, per mappare gli orientamenti di chiunque attui ricerche in rete. Oggi assistiamo a un formidabile salto di qualità, col cosiddetto metaverso, dalle potenzialità rivoluzionarie in molteplici campi, tra cui gaming, business aziendale, smart working, finanza digitale (criptovalute). Qui interessa la sua capacità a influire su propensioni, desideri, stili di vita delle persone. Alle quali spalanca un mondo virtuale tridimensionale, in cui ciascuno, tramite il proprio avatar, è in grado di «vivere» le più disparate esperienze, interagire con innumerevoli contatti, senza spostarsi dal proprio divano. Ecco pertinenti gli aggettivi adoperati da Marcuse. Quale libertà più «confortevole»? Anche «levigata», vista per l’immaterialità in cui si esplica, dissimulata da strumenti atti ad approssimare – e in prospettiva sempre più a replicare- sensazioni fisiche quali sapori o odori. Ancor più «ragionevole» e «democratica», nell’offrire a tutti la possibilità di compiere viaggi esotici, o indossare abiti di alta moda, in un contesto in cui la crescita di stimoli e informazioni, parallela a quella delle diseguaglianze, amplia il divario tra il «vorrei» socio culturale e il «posso» economico. Il metaverso si presenta quindi come il supereroe del progresso tecnico, dalle imprese rivolte in un terreno sterminato, ancora non del tutto esplorato, coinvolgendo, aziende, politica e società civile. Si presenta col volto radioso delle infinite possibilità. Dietro cui si cela il più subdolo controllo. Non più rivolto direttamente a indurre ad acquisti o influenzare opinioni- come evidenziato fin dal lontano 1957 dal libro «I persuasori occulti» di Vance Packard -, bensì a farlo sprofondare con dolcezza in una realtà virtuale, ad «aumentarla» secondo i propri desideri («realtà aumentata» è uno dei connotati del metaverso), estraniandolo da confronti e conflitti vitali del mondo reale. Confinandolo in un’asettica e illusoria autosufficienza, o meglio, dipendenza già in atto presso moltitudini, non solo di adolescenti, con strumenti tecnologici dal raggio d’azione ben più limitato. Col metaverso la sollecitazione diviene ben più globale: un’esistenza fittizia e appagante. Quanto più ne subirà il fascino, tanto più l’uomo si ridurrà, appunto, a una dimensione. La newsletter del Corriere del MezzogiornoSe vuoi restare aggiornato sulle notizie della Campania iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui. 18 maggio 2022 | 08:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA ,

Pietro Guerra

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