di Gianna Fregonara e Orsola Riva
Il ministro dell’Istruzione: «Per la seconda prova è giusto differenziare»
Anche per il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi quella di oggi è la prima «vera» maturità: lo scorso anno, come già nel 2020, l’esame era stato solo orale. Questa mattina invece si riparte dal tema.
Come avete scelto le tracce?
«Abbiamo cercato di dare ai ragazzi degli spunti di riflessione a partire da un argomento o da un autore. Non è tanto importante che dimostrino di aver studiato, ma che sappiano argomentare il loro punto di vista con un uso appropriato e responsabile delle parole, perché ogni parola è un monumento. L’esame serve per valutare la maturazione di una persona, la sua capacità di rendersi responsabile di un pensiero anche critico».
La prima prova è quella classica, ma la seconda, la cosiddetta prova di indirizzo, è — per così dire — depotenziata. Sono le singole scuole a prepararla e vale al massimo 10 punti su 100.
«Non è depotenziata: abbiamo voluto che la preparassero le scuole perché in questi due anni i ragazzi hanno fatto percorsi anche molto diversi fra loro. Ci sembrava importante che lo scritto tenesse conto di quello che effettivamente era stato fatto, per un atto di giustizia».
Però, facendola pesare così poco, uno studente può ottenere il massimo dei voti anche se nella versione di latino o nella prova di matematica non ha la sufficienza.
«L’esame di maturità non è un test: serve a valutare il percorso svolto dai ragazzi in un periodo particolarmente difficile. E infatti la media dei voti del triennio quest’anno conta fino al 50 per cento sul voto finale. Non serve usare il bilancino. Anche in caso di uno scivolone nello scritto, le commissioni possono essere equilibrate: sono autonome e hanno la responsabilità di valutare la persona».
Va bene non usare il bilancino, però ogni anno a luglio arrivano i risultati delle prove Invalsi che raccontano tutta un’altra storia rispetto ai voti di maturità. L’anno scorso quasi la metà dei ragazzi non raggiungeva la sufficienza in italiano e matematica, mentre all’esame ci fu un boom di cento e di lodi.
«I dati Invalsi sono importanti, ma servono per indirizzare le attività di politica, gestione e organizzazione della scuola. Il voto di maturità è un’altra cosa: segna un passaggio di fase che può essere celebrato anche in maniera differente».
— Scuola: gli insuperabili ostacoli per l’affermazione del merito
Però poi i ragazzi arrivano all’università con una preparazione insufficiente e gli atenei devono attivare corsi di italiano per le matricole per colmare i buchi. Che con la Dad sono ulteriormente peggiorati.
«Sono anni che ci scontriamo con questi deficit, linguistici e matematici, non è una questione di oggi. Per questo ho voluto riportare i ragazzi a scuola, perché eravamo ben consapevoli dei costi di un terzo anno fuori dalla comunità. Ma il problema è a monte ed è uguale un po’ in tutti i Paesi. Il nostro modo di comunicare è cambiato. Io quand’ero ragazzo scrivevo lettere su lettere alla mia morosa. Oggi nessuno lo fa più».
L’anno prossimo come sarà la maturità? Si torna all’esame pre-Covid?
«Se si esce dalla logica dell’emergenza, che ci ha permesso di agire con ordinanze, c’è una legge che prevede quale sia l’esame. Il nostro indirizzo è di tornare alla norma in vigore prima del Covid, facendo tesoro di quello che è successo in questi tre anni».
Per esempio, lasciando le commissioni interne, composte dai prof della classe con solo un presidente esterno?
«Il presidente rappresenta la necessaria componente di obiettività, ma serve la voce importante dei professori che hanno seguito i ragazzi».
A settembre ci sarà ancora il rischio, in caso di aumento di contagi, di tornare alla Dad?
«Il nostro indirizzo è che la scuola sia in presenza e in sicurezza».
Il Senato ha votato la riforma della formazione degli insegnanti di medie e superiori. Basterà a rendere la professione docente attraente per i migliori laureati?
«Sono molto contento di questa riforma: disegna un percorso limpido di formazione fatto da un master universitario in cui si impara a insegnare, con una parte di didattica della materia e di nuova pedagogia e una parte di tirocinio».
Da più parti però si obietta che manchi un vero e proprio percorso di carriera.
«Non è così. C’è un sistema di formazione in servizio che prepara gli insegnanti a nuove funzioni come la progettazione didattica e il tutoraggio e che, solo previa valutazione positiva, dà diritto a premi fino al 20 per cento dello stipendio. Questa è una forma di carriera: non è più solo questione di anzianità di servizio».
21 giugno 2022 (modifica il 21 giugno 2022 | 23:27)
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, 2022-06-21 22:25:00, Il ministro dell’Istruzione: «Per la seconda prova è giusto differenziare», Gianna Fregonara e Orsola Riva