Al di là delle normative e dei limiti ancora in vigore (come quello delle mascherine al chiuso) come comportarsi personalmente per proteggersi dal Covid, soprattutto se si fa parte di una categoria a rischio? Le risposte dell’immunologa Viola
L’Italia riapre e il 1 aprile sarà cessato lo stato di emergenza dovuto all’epidemia da Covid-19 durato più di due anni. Moltissime le misure restrittive che vedono la fine (ne abbiamo parlato in dettaglio QUI
), come il sistema delle Regioni a colori. Un secondo passo verso il totale ritorno alla normalità è previsto il 1 maggio con la fine del green pass.
Tra le decisioni prese dalla cabina di regia del governo c’è quella di togliere la quarantena imposta ai contatti stretti dei positivi anche per chi non è vaccinato. Intanto, se pure è finito lo stato di emergenza, non è finita la pandemia che in Italia, come nel mondo, sta riprendendo vigore. Secondo i dati del monitoraggio settimanale appena usciti, l’Rt è in crescita a 0,94 e l’incidenza continua ad aumentare (ne parliamo QUI
) arrivando a 725 nuovi casi su 100mila abitanti. I nuovi positivi su variazione settimanale sono cresciuti in media del 41%, anche se la velocità di salita della curva sta rallentando.
In questo contesto, con l’abbandono della maggior parte delle restrizioni e al di là delle prescrizioni che rimangono, abbiamo chiesto ad Antonella Viola, immunologa dell’Università di Padova, che cosa deve fare il cittadino che vuole proteggersi contro il virus?
«L’unica raccomandazione che dobbiamo dare alle persone è di indossare sempre le mascherine Ffp2 quando siano nei luoghi chiusi o pieni di gente. È dimostrato essere l’unico strumento che veramente ci protegge dal contagio». Il governo mantiene l’obbligo di mascherine al chiuso fino al 30 aprile, anche se le Ffp2 sono previse solo in alcuni contesti. «Ovviamente vaccinarsi è il mezzo cardine per la protezione da malattia e dalle conseguenze severe del Covid: chi non lo ha fatto deve fare la terza dose per completare il ciclo vaccinale, anche perché due sole dosi non bastano contro la variante in circolazione».
Senza quarantene si può pensare a una protezione maggiore a seconda del rischio personale?
«Se non ci sono più le quarantene, ci saranno molti più positivi in giro e l’unico modo per difenderci rimane quello di indossare le mascherine nei luoghi chiusi. L’alternativa è stare a casa. Il punto è che i giovani vaccinati si sentono giustamente al sicuro dalla patologia (difficilmente vanno incontro a malattia severa, a meno che non siano “fragili” per altre ragioni) però ricordiamoci che possono portare il virus a casa dai genitori o dai nonni. È il motivo per cui insisto sul mantenere la mascherina nei luoghi chiusi: non è tanto perché il ragazzo deve proteggersi, ma perché è una fonte di contagio. Se tutti facciamo ancora questo sacrificio in questo momento proteggeremo le persone più a rischio».
Gli anziani sono ancora in pericolo?
«Moltissimi hanno fatto le terze dosi a novembre, dicembre: la protezione sta calando e nelle prossime settimane diminuirà molto. Già adesso stiamo vedendo tante persone che, nonostante la terza dose, si sono contagiate. In alcuni casi fanno anche la malattia, anche se nella maggior parte delle persone non sarà severa perché il vaccino protegge dai ricoveri e dai decessi. Il problema principale, nei prossimi mesi, sarà proteggere gli anziani più fragili».
Cosa ci dice sul futuro del virus questo nuovo rialzo dei casi generalizzato?
«Questa coda è dovuta alla variante Omicron BA.2 (QUI l’articolo sulla variante con le domande e risposte), che è ormai prevalente in Europa, Africa e Asia e sta crescendo in America. In Europa ci sono Paesi che hanno picchi altissimi già adesso. Questa variante è molto più trasmissibile della “prima” versione di Omicron ed è immunoevasiva (cioè in grado di eludere in modo parziale la protezione offerta da vaccini o guarigione, ndr). Cosa ci dice sul futuro? Che il virus continua a cambiare in una direzione molto chiara, quella di avere una Spike (la proteina che si aggancia alle cellule umane, ndr) che infetta tantissimo; ci sono ormai evidenze anche di un mix tra Omicron e Delta (quindi una riorganizzazione del virus) in cui la Spike di Omicron è comunque mantenuta. Anche questo ci sta dicendo che la strada che il virus ha scelto è quella di mantenere questa Spike che ha un’affinità molto forte per il recettore ACE2 delle cellule umane e che quindi è in grado di contagiare in maniera molto efficiente (si pensa che l’attuale BA.2 sia il virus a trasmissione aerea più contagioso mai apparso sul Pianeta, ndr)».
Rischiamo di prendere il Covid ogni tre mesi? È un virus stagionale, oppure contano di più i comportamenti?
«La stagionalità del Covid dipende soprattutto dai nostri comportamenti: è ovvio che con le scuole chiuse, gli uffici chiusi e tutti al mare il rischio contagio è molto più basso. Che abbiano una certa influenza anche il sole e le temperature è noto, ma i dati dicono che il fattore comportamento è il principale fattore discriminante, quindi sì, rischiamo di prendere il Covid ogni 4-5 mesi, nonostante la protezione da malattia grave».
Per quanti mesi proteggono da malattia severa i vaccini in uso con le tre dosi?
«Gli studi sono ancora in corso, ma quello che si è visto è che comunque, anche nei confronti della malattia severa, dopo quattro mesi c’è un calo, per questo motivo Israele ha fatto le quarte dosi».
La quarta dose andrà fatta? Non è un rischio?
«I dati dimostrano chiaramente che non c’è il problema dell’anergia (si temeva che il sistema immunitario sottoposto a vaccinazione ravvicinata non reagisse più, ndr): il sistema immunitario risponde producendo anticorpi. C’è però una bassa efficacia della protezione, cioè il vantaggio che offre la quarta dose è minimo e, soprattutto, non sappiamo se duri solo qualche settimana o si mantenga, per cui in questo momento c’è uno scetticismo nella comunità scientifica verso la quarta dose. Dal punto di vista operativo poi non è pensabile di vaccinare le persone ogni tre-quattro mesi».
Pfizer e Moderna stanno chiedendo l’autorizzazione per la quarta dose, in Italia qual è l’orientamento?
«L’idea è quella di somministrarla eventualmente agli over 65 e non a tutta la popolazione. Anche gli over 65 però non possono essere vaccinati ogni quattro mesi, per cui probabilmente in Italia offriremo la quarta dose a settembre. Per questo motivo da ora fino all’autunno bisogna fare attenzione: se la curva si mantiene bassa, la situazione è accettabile, se comincia a salire troppo bisogna correre ai ripari».
Non ci libereremo mai dal SARS-CoV-2?
«Non per adesso: è appena uscito un altro lavoro scientifico che ha dimostrato il passaggio del virus dal cervo dalla coda bianca all’uomo. Ormai è evidente che gli animali sono un serbatoio naturale del SARS-CoV-2 e le specie che possono ospitare il salto del virus dall’uomo all’animale e riproporlo all’inverso verso l’uomo sono tante. Per questo si dice che non potremo eliminare il Covid: sarà un problema di salute globale con il quale dovremo fare i conti. Questi vaccini ci hanno salvato da una situazione catastrofica, ma non sono la soluzione finale».
Sarebbe più utile studiare un vaccino pan coronavirus o un vaccino che freni anche il contagio?
«Entrambi gli aspetti: il vaccino pan coronavirus ci serve perché ci sono tanti altri coronavirus che sono pronti a fare il salto di specie e quindi ci proteggerebbe dai problemi futuri; adesso c’è invece bisogno di un vaccino che sia in grado di proteggerci dal contagio, ma anche di durare nel tempo. Basarci solo su una Spike per costruire i vaccini non è la strada giusta, dobbiamo pensare ad altro: ci sono diversi gruppi di lavoro che stanno portando avanti strategie di vaccinazione con un approccio diverso, basato su altre proteine del SARS-CoV-2 però ci vuole ancora un po’ di tempo, nel frattempo dobbiamo usare le mascherine».
La fine delle restrizioni, ma anche lo smantellamento del Cts (Comitato Tecnico Scientifico) e della struttura commissariale, potrebbero in qualche modo ostacolare gli studi che sono necessari per monitorare l’andamento del virus?
«Le strutture dovrebbero ormai essere consolidate sia a livello regionale che a livello statale, inoltre l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) fa questo lavoro per definizione. Sono d’accordo con la fine dello stato di emergenza perché sono passati due anni, abbiamo concluso la campagna di vaccinazione e dobbiamo passare a uno stato di vigile convivenza. Il messaggio sbagliato però è che, finita l’emergenza, sia finito anche il Covid».
18 marzo 2022 (modifica il 18 marzo 2022 | 14:50)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, 2022-03-18 20:14:00, Al di là delle normative e dei limiti ancora in vigore (come quello delle mascherine al chiuso) come comportarsi personalmente per proteggersi dal Covid, soprattutto se si fa parte di una categoria a rischio? Le risposte dell’immunologa Viola , Silvia Turin
Powered by the Echo RSS Plugin by CodeRevolution.