Mercoledì scorso in un istituto superiore a Carpi un atto di grave violenza ha turbato la quotidianità di docenti e studenti. Un insegnante di sostegno, 26enne, si è trovato in ospedale con una prognosi di trenta giorni e una frattura al naso, dopo aver tentato di fermare una rissa tra studenti.
La vicenda ha visto coinvolti più di dieci giovani, minorenni stranieri da altri istituti, entrati nel cortile durante la ricreazione. Armati di tirapugni, sembravano mossi da intenti punitivi verso un loro coetaneo, per ragioni extrascolastiche. Grazie alle descrizioni dei testimoni, la maggior parte degli aggressori è stata identificata.
Il docente, ingegnere civile e in servizio a scuola come docente di sostegno, in un’intervista al Corriere della Sera, ha sottolineato il disagio sociale riflettendo sulla mancanza di affettività e umanità nella generazione attuale: “Questi sono i risultati della mancanza di affettività, di umanità. Questi sono i figli dei nostri giorni, specchio di una società ormai alla deriva, senza punti di riferimento”. La sua intrepida azione di difesa verso la vittima sottolinea un profondo senso di giustizia e responsabilità sociale.
La preside ha espresso il suo shock, riconoscendo la coesione della comunità scolastica nell’affrontare l’accaduto. Ha sottolineato il valore educativo che l’istituto vuole dare all’incidente, trasformandolo in un’opportunità di crescita.
Il sindaco di Carpi, ha rimarcato la necessità di rivedere l’organizzazione della ricreazione nelle scuole. La sicurezza rimane una priorità, ma l’approccio richiede una strategia più complessa e integrata.
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