Il rapper Kuti e le violenze a Peschiera «Il razzismo non c’entra: quei ragazzi sono italiani, attenti a emarginarli»

Il rapper Kuti e le violenze a Peschiera «Il razzismo non c’entra: quei ragazzi sono italiani, attenti a emarginarli»

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di Cesare Giuzzi, Alfio Sciacca

Trent’anni, origini nigeriane, una laure a Cambridge, vive in Italia da quando aveva 3 anni. «La violenza è un problema dei giovani non degli immigrati di seconda generazione che sono degli italiani a tutti gli effetti. Improprio parlare di banlieu »

«Quello era un raduno di giovani ventenni italiani e nel 2022 tra i giovani ventenni italiani ce ne sono molti di origini straniere. Punto. Ma stiamo parlando di italiani e quindi il problema legato alle violenze di cui si sono resi responsabili, va affrontato per quello che è: un problema dei giovani italiani di 18-20 anni». A una settimana dal raduno di Peschiera del Garda, con il lungolago preso d’assalto da oltre duemila ragazzi, dopo l’allarme per le risse, gli accoltellamenti e le molestie sul treno per Milano, il rapper Tommy Kuti prova ad andare «controcorrente» e fornisce una chiave di lettura totalmente diversa da quella che «sta passando sui mezzi di comunicazione» che, confessa, forse anche lui e ha compreso in ritardo. Bresciano di Castiglione delle Stiviere, di origini nigeriane, vive in Italia da quando aveva due anni e ha una laurea in scienze delle comunicazioni a Cambridge.

Chi sono quei ragazzi che hanno dato vita al raduno di Peschiera, con i tafferugli e le aggressioni varie?

«Allora, partiamo dall’inzio. Quando io ho letto le prime notizie su Peschiera ero a casa perché mi sono rotto una gamba e sono convalescente. Mi son detto: “ecco dei coglioncelli che si sono messi a far casino”. Dopo qualche giorno ho cominciato a ricevere telefonate da tutte le parti che mi chiedevano di commentare quest’episodio di razzismo. E questo ha cominciato un po’ a spaventarmi. Primo perché penso che parlare di razzismo sia una cazzata e poi perché mi spaventa che 2022 in Italia non si vede l’ora di puntare il dito contro un nemico solo perché ha un diverso colore della pelle. A questo si sono poi aggiunti i politici che hanno fomentato la paura per il diverso, per l’immigrato. La solita retorica becera. Ma questi ragazzi che sono andati a Peschiera potevano anche essere di origini africane o altro, ma se oggi vai cercare in qualunque gruppo di ragazzi a quell’età almeno il 30% hanno origini straniere, ma sono italiani. Come si fa a dire: “proteggiamo l’Italia da questa gente”. Ma questi non sono stranieri, sono italiani al cento per cento. Sono nati qui, hanno frequentato le scuole italiane e tutto il resto».

Si, ma a Peschiera è stata una devastazione…

«Ma è chiaro che tutto questo va condannato. Ma non perché quei ragazzi hanno un diverso colore della pelle: sono degli italiani che hanno fatto delle cose sbagliate da condannare. Ma raduni e tafferugli come questi ci sono sempre stati. Per due anni con il Covid sono spariti, ma ora stanno tornando a Peschiera come sui Navigli a Milano. La verità è che ci si deve rendere conto che questa è l’Italia di oggi, fatta anche di gente con un diverso colore della pelle, e non ha senso puntare il dito contro di alcuni ragazzi in particolare, facendoli sembrare come se non fossero di un altro paese. A quel punto sì che crescerebbero il disagio e i problemi».

Qualcun ha fatto accostamenti con le Banlieu francesi…

«Un paragone che non regge proprio. Non si può accostare la situazione delle banlieu parigine con l’Italia. Al momento non siamo in quella fase. È sbagliato utilizzare la narrazione di un altro Paese per spiegare questi fatti. Dobbiamo analizzare la situazione italiana per quello che è. Nelle banlieu i giovani si scaldavano perché venivano picchiati o uccisi dalla polizia, ci sono stati atteggiamenti di razzismo esplicito da parte delle istituzioni. In Italia, almeno per il momento, non siamo a quel punto. Magari ci saranno delle situazioni di degrado e disagio nei quartieri in cui vivono, ma non credo che urlino per qualche ingiustizia sociale. Magari urlano e potranno urlare ancor di più ora perché si stanno accorgendo di vivere in un Paese che non li considera. E questo potrebbe diventare pericoloso. Quello che leggi su alcuni giornali è spaventoso. La questione è molto semplice: noi ragazzi di seconda generazione se facciamo delle cose buone siamo italiani, se facciamo delle brutte cose siamo degli stranieri».

Insomma cos’è stato quel raduno, perché l’hanno chiamato l’Africa a Peschiera?

«Non lo so, ma a me sembra un ritrovo di tiktoker. Non lo so cosa volessero dire con quella roba dell’Africa, magari era solo una cosa che funzionava sui social. Ma se un ragazzo dice una cosa stupida non può diventare la voce di tutti. Ripeto quello era raduno di giovanissimi che in parte sono anche di origini straniere, ma probabilmente in Italia c’è ancora chi si stupisce che i giovani italiani abbiamo tanti, diversi, colori della pelle».

Ma ci sono stante anche le molestie in treno…

«Io non giustificherò mai alcuna forma di violenza e, a maggiore ragione, le molestie sulle donne. I responsabili sono da condannare e perseguire. Ma non in quanto stranieri, ma in quanto violenti. La violenza è un problema strutturale dell’Italia e non un problema degli immigrati di seconda generazione»

Perché sei uno dei pochi rapper che parla di questa vicenda mentre altri tuoi colleghi evitano di rilasciare dichiarazioni?

«Voglio essere chiaro anche su questo perché un po’ sono vittima di questa cosa. Però ho notato che in Italia noi artisti di seconda generazione veniamo spesso intrappolati in questi schemi da voi giornalisti. C’è un problema di immigrati, di razzismo, e ci chiamate solo per questo. Ma io sono italiano. Una mia canzone comincia con la frase “non mangio mai la pasta senza il parmigiano” e parlo di tante cose e anche di questo Paese. E invece mi interpellate solo per parlare di razzismo. Per questo capisco altri artisti che non vogliono parlare. Quando intervistate Vasco Rossi non gli chiedete di parlare della droga, ma gli fate domande sul suo ultimo disco. A me fanno invece solo domande legate all’immigrazione, alle seconde generazioni e robe del genere. Ma io faccio solo canzoni e, soprattutto, sono un italiano»

8 giugno 2022 (modifica il 8 giugno 2022 | 13:32)

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, 2022-06-08 12:26:00, Trent’anni, origini nigeriane, una laure a Cambridge, vive in Italia da quando aveva 3 anni. «La violenza è un problema dei giovani non degli immigrati di seconda generazione che sono degli italiani a tutti gli effetti. Improprio parlare di banlieu », Cesare Giuzzi, Alfio Sciacca

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