di Paolo Morelli
Mathieu Jouvin, il nuovo direttore dell’ente lirico, si racconta dopo la nomina
«Lascio Parigi con un po’ di tristezza, ma con la consapevolezza di farlo per arrivare al Teatro Regio di Torino». Mathieu Jouvin è emozionato, ma sicuro e pragmatico, si sente «onorato» della scelta del Consiglio di indirizzo dell’ente lirico torinese, che ha indicato il suo nome come prossimo Sovrintendente. L’ha annunciato il sindaco, Stefano Lo Russo, venerdì sera, nomina ratificata poi sabato mattina. Beninteso: prima che sia tutto ufficiale, a livello amministrativo e burocratico, è prima necessario l’apposito decreto del Ministro della Cultura, Dario Franceschini. Intanto, però, Jouvin si prepara, migliora il suo italiano – che in verità già parla piuttosto bene – e a breve arriverà a Torino per incontrare il personale, il direttore generale Guido Mulè e il direttore artistico Sebastian Schwarz. Fino a quel momento, precisa, non si sbilancerà su eventuali riconferme o azioni da intraprendere nell’immediato. Prima vuole conoscere il maniera approfondita la situazione interna e iniziare il lavoro, ha le idee chiare ma attende di confrontarsi con il suo futuro staff. «Sono molto fiero – dice – di poter dirigere questo teatro, è qualcosa di magnifico. Del resto amo moltissimo La Bohème (che proprio al Regio ha debuttato il 1° febbraio 1896, ndr). Sento molta responsabilità e resto concentrato».
Signor Jouvin, in questo momento lei è ancora vicedirettore del Théâtre des Champs-Élysées, quando prenderà servizio a Torino?
«Intanto sarò in città progressivamente, già dalla prossima settimana, per incontrare tutti. Attendo, in realtà, il decreto di nomina del Ministro, ma penso che al 100% potrò cominciare entro i primi di luglio. Nel frattempo verrò molto spesso per incontrare il personale e organizzare, dividendo il mio tempo fra Torino e Parigi».
Cosa pensa della situazione finanziaria del Regio?
«Conosco il lavoro fatto dalla commissaria straordinaria, Rosanna Purchia, che ha stabilizzato tutto. La mia storia professionale mi porta a delle riflessioni sul modello di funzionamento del teatro: ne serve uno che sia duraturo, come l’ha fatto l’Opera di Parigi. Il mio lavoro sarà definire un modello che possa risolvere la situazione e consenta al teatro di operare in serenità. Il personale? È presto per rispondere, prima voglio insediarmi, dialogare e prendere il giusto tempo».
Perché ha deciso di partecipare alla manifestazione d’interesse?
«Perché volevo dirigere un teatro. Ogni giorno ho davanti a me una visione più larga di quella di un direttore amministrativo e voglio metterla in pratica. Tuttavia la storia di un teatro è la cosa più importante e oltre a candidarsi occorre portare qualcosa in più. Io credo di avere una proposta interessante, al servizio del teatro, che è una realtà importante. E poi sono stato sedotto da Torino. Infine mi piaceva molto l’idea di venire in Italia, c’è un legame storico con la Francia».
Che progetto ha in mente per il Regio?
«Il progetto è definito ma voglio ascoltare ancora parecchio prima di parlarne. Punterò sulla nozione di “squadra”, di “équipe”, così come l’attenzione al pubblico giovane, oltre naturalmente alla qualità artistica. Qui ci sono un’orchestra e un coro eccezionali, depositari di una grande tradizione musicale. Dovremo lavorare molto sulla drammaturgia rispettando tradizione e repertorio, essendo creativi allo stesso tempo. Ci vuole equilibrio».
Ha parlato di giovani, come pensa di coinvolgerli?
«Ci sono tanti abbonati e dobbiamo pensare a come i giovani fruiscano degli spettacoli dopo il Covid, perché le abitudini sono diverse e loro hanno in tasca oggetti come gli smartphone. Sarebbe interessante avere tra il pubblico giovane degli “ambasciatori” che possano parlare agli altri. Per i più piccoli c’è la possibilità, ad esempio, di avere una Carmen “ridotta” che anticipi la “vera” Carmen. Puntiamo sulle persone che scelgono di appartenere al teatro».
A proposito di musica, ha pensato all’idea di tornare ad avere un direttore musicale?
«Prima bisogna discuterne con l’orchestra, non si sceglie da un giorno all’altro. Occorrono tranquillità e serenità per fare bene le cose».
Lei è già stato al Regio?
«Certo, la settimana scorsa ho visto la Norma. Ho trovato il teatro impressionante per la qualità musicale. Inoltre la sala è piacevole, c’è un’ottima sonorità. Del resto il lavoro fatto da Carlo Mollino è incredibile».
Ci sono somiglianze fra il Teatro Regio e il Théâtre des Champs-Élysées?
«Sono due teatri straordinari ma molto diversi. Io, piuttosto, farei un confronto con l’Opera di Lione. È un po’ più piccolo ma è un teatro rinnovato, si somigliano di più. Champs-Élysées mi mancherà, ma, come ha detto Joachim du Bellay, “felice è chi, come Ulisse, ha fatto un bel viaggio”».
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4 aprile 2022 (modifica il 4 aprile 2022 | 22:36)
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