Il regno della confusione

Il regno della confusione

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Mezzogiorno, 28 aprile 2022 – 08:33 di Marco Demarco È troppo chiedere un po’ di coerenza? «Me ne occuperò appena avrò tempo» disse Letta, quando i firmatari della lettera contro il terzo mandato di De Luca gli chiesero di bocciare l’ipotesi. La risposta del segretario Pd esaltò non poco i promotori dell’iniziativa. Ma ieri Letta era a Napoli e si è incontrato con il sindaco Manfredi, non con De Luca. Con quest’ultimo si è invece incontrato, il giorno prima, Franceschini, andato a Santa Lucia a rendere omaggio istituzionale al governatore che pur avendo sul groppone il caso Scabec ha contestato nomine e finanziamenti ministeriali per il San Carlo. Chi doveva incontrarsi ha evitato di farlo, chi aveva legittime ragioni di risentimento ha offerto l’altra guancia, e chi avrebbe dovuto guardare in casa propria ha dato lezioni di buon comportamento al vicino. È solo l’ennesima conferma di quanta confusione ci sia in Italia, e massimamente in Campania e nel Pd, sotto il cielo delle autonomie locali. Questo, tra l’altro, è l’unico Paese in Europa in cui il dibattito sul tema si sta sviluppando in controtendenza rispetto al costituzionalismo contemporaneo: perfino la Francia non è più la patria convinta delle prefetture. E questa è la regione in cui al conflitto tra De Luca e de Magistris si sta ora sostituendo quello ancora più singolare, essendo i protagonisti meno distanti politicamente, tra De Luca e Manfredi. De Luca non sopporta la crescente visibilità di Manfredi, si sa, ma il punto è sostanziale, non virtuale. In gioco ci sono quote di potere: chi gestisce, come, creando quali catene di consenso. Torniamo così al punto di partenza. Più autonomia o meno autonomia? E dunque: più regionalismo o meno regionalismo. Il Pd non sceglie. «Faremo i conti dopo la pandemia», dissero dirigenti come Provenzano e Orlando all’indirizzo dei governatori. Ma poi nulla è successo. Viceversa, chi chiede più regionalismo, e quindi più autonomia, si comporta in realtà come se avesse a cuore l’esatto contrario, il centralismo. Restiamo su De Luca. Quando dice che decide chi mette i soldi, lo fa per contenere l’autonomia del Comune di Napoli sul fronte della cultura e dei trasporti. Ma se il criterio è questo, allora non si capisce perché a decidere per tutti non debbano essere Draghi o Ursula von der Leyen. Sono il governo centrale, attraverso la fiscalità generale, e l’Unione europea, attraverso l’indebitamento comunitario, a mettere i soldi. Allo stesso tempo, chi rivendica autonomia, come Manfredi, dovrebbe almeno spiegare perché la chiede, per fare cosa. Si è detto dei trasporti. De Luca vorrebbe costruire un’unica holding regionale e assorbire anche la napoletana Anm. Il Comune resiste. Bene, ma qual è il progetto alternativo? Corre voce di una holding urbana in cui inserire anche società di gestione di altri servizi come lo smaltimento dei rifiuti. Se è così, basta dirlo, e naturalmente farlo. Finora, invece, il Comune sembra oscillare tra due paradossali strategie. Ad ogni sollecitazione a fare qualcosa di risolutivo, l’amministrazione tende sempre a reagire con uno sbuffo di fastidio, come quando il cronista chiede ragione delle metropolitane ferme il giorno di Pasqua e l’assessore risponde che sì, è vero, il problema c’è, ma per risolverlo ci vorrebbe «un colpo di magia». Se il problema è quello di coordinare le iniziative culturali nei giorni di maggiore afflusso turistico, dal cappello viene invece fuori una cabina di regia, cioè l’ovvio. O colpo di magia o cabina di regia. Tutto qua. Mai, finora — e per restare in rima — una sana lotta all’apatia. È che dire del fatto che De Luca abbia a sua volta convocato per il 2 maggio i direttori di tutti i musei per una regia della cabina manfrediana?Sarebbe stato meglio, per entrambi, per il sindaco e il governatore, nominare i rispettivi assessori alla cultura, piuttosto che tenere in proprio le deleghe. Ma questo non lo hanno fatto. La verità è che l’autonomia è una cosa seria, un’espressione primaria del pluralismo istituzionale, ovvero di uno dei pilastri su cui si regge la nostra democrazia. Meriterebbe maggior rispetto. 28 aprile 2022 | 08:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-28 06:33:00, Mezzogiorno, 28 aprile 2022 – 08:33 di Marco Demarco È troppo chiedere un po’ di coerenza? «Me ne occuperò appena avrò tempo» disse Letta, quando i firmatari della lettera contro il terzo mandato di De Luca gli chiesero di bocciare l’ipotesi. La risposta del segretario Pd esaltò non poco i promotori dell’iniziativa. Ma ieri Letta era a Napoli e si è incontrato con il sindaco Manfredi, non con De Luca. Con quest’ultimo si è invece incontrato, il giorno prima, Franceschini, andato a Santa Lucia a rendere omaggio istituzionale al governatore che pur avendo sul groppone il caso Scabec ha contestato nomine e finanziamenti ministeriali per il San Carlo. Chi doveva incontrarsi ha evitato di farlo, chi aveva legittime ragioni di risentimento ha offerto l’altra guancia, e chi avrebbe dovuto guardare in casa propria ha dato lezioni di buon comportamento al vicino. È solo l’ennesima conferma di quanta confusione ci sia in Italia, e massimamente in Campania e nel Pd, sotto il cielo delle autonomie locali. Questo, tra l’altro, è l’unico Paese in Europa in cui il dibattito sul tema si sta sviluppando in controtendenza rispetto al costituzionalismo contemporaneo: perfino la Francia non è più la patria convinta delle prefetture. E questa è la regione in cui al conflitto tra De Luca e de Magistris si sta ora sostituendo quello ancora più singolare, essendo i protagonisti meno distanti politicamente, tra De Luca e Manfredi. De Luca non sopporta la crescente visibilità di Manfredi, si sa, ma il punto è sostanziale, non virtuale. In gioco ci sono quote di potere: chi gestisce, come, creando quali catene di consenso. Torniamo così al punto di partenza. Più autonomia o meno autonomia? E dunque: più regionalismo o meno regionalismo. Il Pd non sceglie. «Faremo i conti dopo la pandemia», dissero dirigenti come Provenzano e Orlando all’indirizzo dei governatori. Ma poi nulla è successo. Viceversa, chi chiede più regionalismo, e quindi più autonomia, si comporta in realtà come se avesse a cuore l’esatto contrario, il centralismo. Restiamo su De Luca. Quando dice che decide chi mette i soldi, lo fa per contenere l’autonomia del Comune di Napoli sul fronte della cultura e dei trasporti. Ma se il criterio è questo, allora non si capisce perché a decidere per tutti non debbano essere Draghi o Ursula von der Leyen. Sono il governo centrale, attraverso la fiscalità generale, e l’Unione europea, attraverso l’indebitamento comunitario, a mettere i soldi. Allo stesso tempo, chi rivendica autonomia, come Manfredi, dovrebbe almeno spiegare perché la chiede, per fare cosa. Si è detto dei trasporti. De Luca vorrebbe costruire un’unica holding regionale e assorbire anche la napoletana Anm. Il Comune resiste. Bene, ma qual è il progetto alternativo? Corre voce di una holding urbana in cui inserire anche società di gestione di altri servizi come lo smaltimento dei rifiuti. Se è così, basta dirlo, e naturalmente farlo. Finora, invece, il Comune sembra oscillare tra due paradossali strategie. Ad ogni sollecitazione a fare qualcosa di risolutivo, l’amministrazione tende sempre a reagire con uno sbuffo di fastidio, come quando il cronista chiede ragione delle metropolitane ferme il giorno di Pasqua e l’assessore risponde che sì, è vero, il problema c’è, ma per risolverlo ci vorrebbe «un colpo di magia». Se il problema è quello di coordinare le iniziative culturali nei giorni di maggiore afflusso turistico, dal cappello viene invece fuori una cabina di regia, cioè l’ovvio. O colpo di magia o cabina di regia. Tutto qua. Mai, finora — e per restare in rima — una sana lotta all’apatia. È che dire del fatto che De Luca abbia a sua volta convocato per il 2 maggio i direttori di tutti i musei per una regia della cabina manfrediana?Sarebbe stato meglio, per entrambi, per il sindaco e il governatore, nominare i rispettivi assessori alla cultura, piuttosto che tenere in proprio le deleghe. Ma questo non lo hanno fatto. La verità è che l’autonomia è una cosa seria, un’espressione primaria del pluralismo istituzionale, ovvero di uno dei pilastri su cui si regge la nostra democrazia. Meriterebbe maggior rispetto. 28 aprile 2022 | 08:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA ,

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