I dirigenti del Bologna licenziano in tronco l’allenatore Sinisa Mihajlovicperché ha raccolto la miseria di tre punti in cinque partite e la prima reazione, figlia di questi tempi ipersensibili, è: guarda come ci siamo ridotti, non portano più rispetto nemmeno a un malato.
Mihajlovic combatte da anni contro la leucemia e il Bologna finora gli era sempre stato vicino, per cui l’esonero diventa una pugnalata alle spalle, una scelta cinica che espelle definitivamente la poesia da uno sport dominato dai freddi numeri degli ingaggi e dei risultati.
Però la si può raccontare anche in un altro modo. Mihajlovic non ha mai praticato il vittimismo né sopportato il pietismo. (Come politico avrebbe scarso successo).
Dal giorno in cui si è ammalato, ha chiesto di essere giudicato in base al suo lavoro e non al suo stato di salute. Ora, è un dato di fatto che il suo lavoro stesse andando piuttosto male. Sicuramente non sarà dipeso solo da lui, ma nel calcio l’allenatore è il primo a pagare, non foss’altro perché è più economico sostituire il tecnico che la squadra intera.
Si potrà non essere d’accordo con questo andazzo, ma qui non stiamo mettendo sotto processo i riti del calcio. Stiamo discutendo se Mihajlovic dovesse essere trattato diversamente da chiunque altro, in quanto colpito da leucemia. A un uomo con il suo carattere non si manca di rispetto mandandolo via nonostante sia malato, ma rinunciando a mandarlo via soltanto perché è malato.
Il Caffè di Gramellini vi aspetta qui, da martedì a sabato. Chi è abbonato al Corriere ha a disposizione anche «PrimaOra», la newsletter che permette di iniziare al meglio la giornata. La si può leggere qui. Chi non è ancora abbonato può trovare qui le modalità per farlo, e avere accesso a tutti i contenuti del sito, tutte le newsletter e i podcast, e all’archivio storico del giornale.
7 settembre 2022, 07:06 – modifica il 7 settembre 2022 | 07:06
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, 2022-09-07 05:12:00,
I dirigenti del Bologna licenziano in tronco l’allenatore Sinisa Mihajlovicperché ha raccolto la miseria di tre punti in cinque partite e la prima reazione, figlia di questi tempi ipersensibili, è: guarda come ci siamo ridotti, non portano più rispetto nemmeno a un malato.
Mihajlovic combatte da anni contro la leucemia e il Bologna finora gli era sempre stato vicino, per cui l’esonero diventa una pugnalata alle spalle, una scelta cinica che espelle definitivamente la poesia da uno sport dominato dai freddi numeri degli ingaggi e dei risultati.
Però la si può raccontare anche in un altro modo. Mihajlovic non ha mai praticato il vittimismo né sopportato il pietismo. (Come politico avrebbe scarso successo).
Dal giorno in cui si è ammalato, ha chiesto di essere giudicato in base al suo lavoro e non al suo stato di salute. Ora, è un dato di fatto che il suo lavoro stesse andando piuttosto male. Sicuramente non sarà dipeso solo da lui, ma nel calcio l’allenatore è il primo a pagare, non foss’altro perché è più economico sostituire il tecnico che la squadra intera.
Si potrà non essere d’accordo con questo andazzo, ma qui non stiamo mettendo sotto processo i riti del calcio. Stiamo discutendo se Mihajlovic dovesse essere trattato diversamente da chiunque altro, in quanto colpito da leucemia. A un uomo con il suo carattere non si manca di rispetto mandandolo via nonostante sia malato, ma rinunciando a mandarlo via soltanto perché è malato.
Il Caffè di Gramellini vi aspetta qui, da martedì a sabato. Chi è abbonato al Corriere ha a disposizione anche «PrimaOra», la newsletter che permette di iniziare al meglio la giornata. La si può leggere qui. Chi non è ancora abbonato può trovare qui le modalità per farlo, e avere accesso a tutti i contenuti del sito, tutte le newsletter e i podcast, e all’archivio storico del giornale.
7 settembre 2022, 07:06 – modifica il 7 settembre 2022 | 07:06
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, Massimo Gramellini