L’epopea del babau iniziò nel 1975. Fu Steven Spielberg, proprio lui, a rilanciare l’ombra sottomarina dello squalo assassino basandosi su un romanzo di Peter Benchley pubblicato appena un anno prima. La normalità americana delle vacanze profanata dal killer bianco, l’innocenza delle nuove, incaute generazioni tradita dal pesciolone zannuto, con la sagoma di Moby Dick in lontananza. Un congegno ideale per alimentare il box office a ondate successive con sequel, prequel e spin off più o meno legati al colossal di SS.
La zuppa, 37 anni dopo, non cambia. Là c’erano Roy Scheider, Richard Dreyfuss e Robert Shaw. Qui c’è il solito gruppo di giovani sventatelli che fa baldoria in una tranquilla località balneare sull’oceano. La notte iper-alcolica di Nat, Tom, Milly, Tyler e Greg si conclude con una bravata: gli amiconi rubano due moto d’acqua per farsi un giro al largo. Nat intuisce il pericolo ma non riesce a fermare il desiderio di trasgressione dei compagni. Il gioco finisce male: le due moto, lanciate l’una contro l’altra come nelle giostre medievali, si rompono. Una s’inabissa, l’altra è inutilizzabile, diventa una zattera alla deriva. Nell’urto Greg si ferisce, lasciando nell’acqua una scia di sangue che scatena i sensori di uno squalo bianco in cerca di cibo. Il resto lo potete immaginare.
I ragazzi finiscono prigionieri in mezzo al mare, condannati a rintuzzare la violenza del mostro in attesa di soccorsi che non arrivano mai. Il livello del terrore si alza, sequenza dopo sequenza. Il thriller si trasforma in un horror di sopravvivenza con decimazione del gruppo e spunti metaforici sulla generazione consegnata alla precarietà e al grigiore, se non all’orrore. Il veterano James Nunn non guarda per il sottile, confeziona il suo blockbuster stagionale cercando l’immedesimazione dello spettatore attraverso il personaggio meglio scolpito, quello della saggia Nat (Holly Earl), ma senza mai intellettualizzare la materia. Il collegamento è «di pancia» attraverso un flusso narrativo che prevede l’attesa, le avvisaglie, l’assalto, la battaglia sempre più cruenta. Vero film corale, da brividoni anti-afa, con gli attori che si perdono di vista nel tourbillon mortifero, Shark Bait (tradotto: esca per gli squali) è il tipico film da estate torrida e preoccupata.
SHARK BAIT di James Nunn
(Gran Bretagna, 2022, durata 87’)
con Holly Earl, Jack Trueman, Catherine Hannay, Malachi Pullar-Latchman, Thomas Flynn, Manuel Cauchi
Giudizio: ** 1/2 su 5
Nelle sale
30 luglio 2022 | 09:35
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