Il ruolo dellinsegnante nella formazione didattica ed educativa degli alunni

Il ruolo dellinsegnante nella formazione didattica ed educativa degli alunni

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La scuola è un’istituzione che esiste sin dall’antichità basti pensare che furono i Sumeri nel 3.500 a.C. a ideare il primo sistema scolastico, i greci realizzarono nel VI – V secolo a.C. un sistema scolastico rivolto ai giovani dai sette ai diciotto anni e con un’attenzione posta non solo ad imparare a leggere, scrivere e fare i calcoli ma anche a discipline come la danza, la musica, l’educazione fisica.

Nell’ antica Roma l’educazione era affidata ai genitori e dal III-II secolo a.C. con l’influenza greca a Roma si ebbe l’apertura di scuole pubbliche. In Italia il primo a organizzare delle scuole statali fu il Regno di Sardegna nel 1859  estesa poi prima al Piemonte e alla Lombardia, e successivamente a tutto il Regno d’Italia, nel corso del processo di unificazione nazionale.

Da allora in poi tanti sono stati i mutamenti e l’evoluzione che la scuola ha accolto; una presenza unica e determinante è stata sempre quella dell’insegnante che possa essere stata investita dai genitori, dal maestro privato, da Magistri o litteratores, ha sempre comunque avuto un ruolo cardine nella formazione degli allievi.

Docente Vs Alunno

Nel passato indubbiamente il ruolo dell’insegnante era legato a schemi autoritari e volti alla funzione di formatore, oggi nella scuola delle competenze, il docente si pone come colui che “prende per mano “i suoi allievi” e li accompagna nel processo di formazione e crescita attraverso la trasmissione delle proprie competenze.

Oggi in rete sono tanti coloro che amano dilettarsi argomentando sul ruolo dei docenti nella scuola, peccato che solitamente coloro che si esprimono a riguardo, non sono degli attori attivi sul campo, sì perché parlare di scuola e in modo particolare dei “docenti” è un luogo comune e fa audience originando anche molteplici nonsense, uno fra questi e anche più ricorrente riguarda lo studente che deve essere considerato in primis come una persona prima di attivare il processo didattico.

Appare evidente che soltanto chi ha anni di esperienza di docenza la ritenga un’affermazione lapalissiana in quanto un vero insegnante sa che per poter entrare in sintonia con il proprio allievo deve prima conoscerlo in quanto persona dotata di un suo background che inevitabilmente non si può eludere.

A tal proposito ricordiamo la citazione di Carl Gustav Jung:

“Un cuore comprensivo è tutto, è un insegnante, e non può essere mai abbastanza stimato. Si guarda indietro apprezzando gli insegnanti brillanti, ma la gratitudine va a coloro che hanno toccato la nostra sensibilità umana. Il programma di studi è materia prima così tanto necessaria, ma il calore è l’elemento vitale per la pianta che cresce e per l’anima del bambino.”

La conoscenza dei propri uditori è una priorità, così il momento dell’”appello” diventa un modo per guardare negli occhi i propri studenti, prima che per registrare la loro presenza o imparare il loro nome e cognome. Si tratta di una conoscenza che va al di là della trasmissione delle competenze e del loro apprendimento. Ma questo lo sa solo chi insegna per passione e non certo solo per il tornaconto economico che fra le altre cose anche inadeguato agli standard europei.

In un’aula ci sono tanti occhi e anime che nascondono realtà differenti a seconda della scuola di indirizzo in cui si insegna. Senza voler escludere nessuno, un’attenzione particolare va rivolta a quegli studenti che frequentano gli istituti professionali perché purtroppo ancora oggi, l’opinione errata, diffusa anche tra gli studenti è che chi vuol studiare va al liceo. Alla base c’è una scarsa autostima da parte degli stessi alunni, ed è lì che interviene il docente che ha lo scopo di motivare e stimolare l’allievo e farlo sentire al sicuro durante il suo processo di apprendimento. In molti alunni traspare il pensiero di ciò che hanno fuori e allora è lì che il docente si pone con la sua mano, perché è triste dirlo ma spesso ci sono realtà vissute che non possono non avere ripercussioni sulla vita scolastica dell’allievo:” prof non so chi sia mio padre…”; “mio padre è in carcere”; “prof vivo con mia nonna i miei sono separati”, “prof ho sonno, ho lavorato sino a tardi, vivo da solo con mamma che purtroppo non lavora”. E si potrebbe continuare all’infinito perché la scuola è vita e gli alunni sono i figli di questa vita che si sa non sempre è equilibrata ed uguale per tutti, per cui ogni allievo anche se può apparire uniformato dai modelli dei social e dei tik tok, proviene da una diversa estrazione sociale ed educativa, con una propria personalità, attitudini potenzialità e bisogni cognitivi individuali.

La scuola e le famiglie

La collaborazione tra la scuola e la famiglia rappresenta un punto cruciale per far sì che gli allievi possano raggiungere il successo formativo questo però non va inteso come invadenza o prevaricazione dei ruoli perché all’interno di questa alleanza deve vigere il rispetto dei ruoli in quanto i docenti hanno il diritto di esplicare il loro lavoro senza l’intromissione di genitori che spesso dimenticano che il loro compito  è  di seguire i propri figli nel processo educativo e di apprendimento, evitando  il loro assenteismo e ascoltando i consigli dei docenti o eventualmente di applicare insieme delle strategie per supportare le competenze scolastiche  creando  così un setting di benessere generale.

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