Il suicidio di Cloe Bianco mi riguarda. Quali danni ai «nostri ragazzi» da una gonna e una parrucca?

Il suicidio di Cloe Bianco mi riguarda. Quali danni ai «nostri ragazzi» da una gonna e una parrucca?

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di Roberto Saviano

La foto che ho scelto questa settimana ritrae sorridente, in primo piano, Cloe Bianco, una insegnante dell’istituto tecnico Scarpa-Mattei di San Donà di Piave che si è suicidata perché subiva discriminazioni per la sua identità di genere di cui aveva deciso di mettere a parte il suo ambiente lavorativo.

Non conoscevo Cloe Bianco, non sapevo del dramma che stava vivendo, fino alla sua morte. Troppo tardi, ho pensato istintivamente. Sono cresciuto con una serie di moniti, quello che più mi si è piantato in testa è: non credere che ciò che accade agli altri non possa accadere a te. Chi mi ha cresciuto probabilmente si riferiva a incidenti quotidiani come la rottura di un braccio o di una gamba per eccessiva esuberanza, una caduta dal motorino, un litigio che finisce in rissa. Però io ho rielaborato questo concetto al punto da finire col pensare che tutto ciò che accade agli altri può davvero accadere a me, dunque richiede la mia attenzione. Perché se non accade a me, può riguardare un mio familiare; se non lei o lui, persone legate a loro, e così via, in una catena che di fatto annulla ogni distinzione tra noi e loro. Per essere ancora più chiari, non urlerei mai da un palco: «Sono Roberto, sono un uomo, sono italiano, sono cristiano»: affermare sé stessi in questo modo significa negare gli altri. Significa dire: io sono questo e tutto il resto è altro da me.

La discriminazione

Ecco, io non la penso così. Io penso che siamo tutti partecipi di un destino comune e se Cloe Bianco si è suicidata perché subiva discriminazioni per la sua identità di genere, ciò mi riguarda. Perché può accadere a te che mi leggi, o a qualcuno a cui vuoi bene. O può accadere a qualcuno vicino ai tuoi affetti. E allora lo vedi che tutto ciò ci riguarda? Cloe Bianco era una insegnante dell’istituto tecnico Scarpa-Mattei di San Donà di Piave che, entrata in ruolo, decide di mettere a parte il suo ambiente lavorativo della sua identità di genere. Nulla di scandaloso, ma una coraggiosissima e direi sana volontà di aggiungere verità alla propria vita. Come ha reagito il mondo attorno a lei? Non posso giudicare ogni singola reazione perché immagino – e spero! – non siano state tutte solo di scherno e disapprovazione. Queste, però, devono essere state prevalenti e avere avuto il sopravvento sulle altre. Quando c’è di mezzo la scuola, quando c’entrano i «nostri ragazzi», ci si consentono le più indicibili enormità. E allora «l’abbigliamento di Cloe non era consono», e ancora: «gli studenti sono rimasti traumatizzati». Viene chiamata in causa l’assessora di Fratelli d’Italia all’istruzione, formazione, lavoro e pari opportunità Elena Donazzan, che ha fatto tutto quanto in proprio potere per silenziare Cloe Bianco, per costringerla a vivere nascosta. Oggi leggiamo testimonianze discordanti: dagli ex studenti che denunciano pesantissime discriminazioni verso la loro insegnante, al dirigente scolastico secondo cui la scuola non fece nulla per metterla in difficoltà. Però Cloe fu sospesa per tre giorni, e la sospensione è una punizione, significò sanzionare il suo coming out. Che messaggio è questo? Menti, fingi, non mostrarti per quello che sei, la società non ti accetta, la tua comunità ti espellerà come corpo estraneo. Ma sono davvero queste le esperienze che devono fare i «nostri ragazzi»?

L’assessora Donazzan non infanghi il ceto produttivo

Ho commentato questa terribile vicenda e l’assessora Donazzan mi ha risposto tirando in ballo il ceto produttivo veneto che avrei offeso non ho ben capito perché. Ma ora sono io a esortare l’assessora a smetterla di infangare il ceto produttivo veneto che, sono certo, non vorrà prendere come propria stella polare l’ignoranza di una classe politica che si crede in diritto di poter esprimere qualunque idea, del tutto incurante delle conseguenze. Giorgia Meloni, capo politico del partito nelle cui file milita l’assessora Donazzan, ritiene che la Costituzione garantisca a lei e a chiunque altro la libertà di poter dire qualunque cosa. Ma non è così quando le nostre parole sono discriminatorie e lesive della dignità altrui. La Costituzione italiana stabilisce che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». La tua libertà, di parola e di pensiero, non mi deve discriminare; se questo accade, stai facendo qualcosa che non dovresti. Elena Donazzan non si è dimessa e non ha nemmeno chiesto perdono, ha anzi mantenuto la sua posizione sulla tragedia di Cloe Bianco. Per la scuola, per gli studenti e per la comunità tutta, questo è il vero danno. Non una prof che decide di fare coming out e indossa una gonna e una parrucca. Dare il giusto peso ad azioni e parole è fondamentale.

30 giugno 2022 (modifica il 30 giugno 2022 | 23:27)

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, 2022-06-30 21:29:00, La foto che ho scelto questa settimana ritrae sorridente, in primo piano, Cloe Bianco, una insegnante dell’istituto tecnico Scarpa-Mattei di San Donà di Piave che si è suicidata perché subiva discriminazioni per la sua identità di genere di cui aveva deciso di mettere a parte il suo ambiente lavorativo., Roberto Saviano

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