di Giulio Sensi
Il rapporto post pandemia dell’Osservatorio di Banca Etica su 2.000 realtà. Tiene l’occupazione però la crescita è ancora lenta. Tra i punti critici la scarsa collaborazione con il sistema pubblico e la finanza
I bilanci reggono e stanno tornando ai livelli pre-pandemia, nessuno è stato licenziato, l’occupazione tiene anche se la crescita è lenta: è una fotografia rassicurante, seppur con qualche criticità, quella dell’Osservatorio di Banca Etica contenuta nel rapporto «Il Terzo settore dopo la pandemia». La ricerca, condotta in sinergia con Forum del Terzo settore, Associazione delle Ong italiane, Federsolidarietà, Legacoop Sociali, Tavolo dei soci di riferimento di Banca Etica, Fondazione con il Sud, Aiccon, Isnet, Euricse e Terzjus, ha indagato le dinamiche economiche, finanziare e organizzative di un mondo che impiega più di 860.000 dipendenti e si tiene in piedi grazie anche ai 5,5 milioni di volontari attivi.
«Ci ha sorpreso – spiega uno dei curatori della ricerca, Giulio Marcon – la flessibilità e la capacità di adattamento che l’intero Terzo settore ha avuto in tutte le fasi della pandemia. Una vera e propria resilienza molto più accentuata rispetto al mondo delle imprese profit. Le perdite ci sono state, ma limitate grazie anche alla cassa integrazione, e pochissimi hanno interrotto le attività. È un mondo – aggiunge Marcon – fortemente polarizzato in poche organizzazioni molto strutturate e professionalizzate che creano reddito e una galassia di piccole realtà che vivono più di volontariato e si occupano di temi non redditizi».
Il lavoro
L’indicatore rilevante è quello legato al lavoro: nonostante i numeri più contenuti rispetto al profit, decisivo è stato il contributo del Terzo settore nella crescita dell’occupazione nello scorso decennio e il trend non accenna a diminuire. «L’aumento del numero dei lavoratori – spiega Tommaso Rondinella, altro curatore dell’indagine – è stato molto più forte di quella del sistema. Questo dà la misura della vivacità, dinamicità e capacità di ripresa del Terzo settore stesso e di quanto svolga un ruolo di sostegno non solo in termini di servizi, ma anche nell’inclusione lavorativa». Dati positivi, che non nascondono però la fatica vissuta in particolare in questi anni e che si nota anche con l’analisi dei flussi creditizi. «L’accelerazione vissuta dalle imprese profit – spiega Rondinella – non ha riguardato il Terzo settore. Siamo di fronte a una ripresa che c’è, ma è ritardata e ancora non si vede l’inversione di tendenza, solo una lieve scossa nel 2021. Ciò è dovuto principalmente a un limitato beneficio dei contributi pubblici che invece con i bonus governativi hanno interessato l’economia».
La fatica si nota anche guardando ai dati di Banca d’Italia sugli impieghi bancari. Per il Terzo settore l’accesso al credito e agli altri strumenti finanziari è ancora un percorso ad ostacoli: livelli spesso ridotti di patrimonializzazione, garanzie richieste troppo onerose, procedure eccessivamente complesse per accedere a nuove risorse, competenze interne talvolta insufficienti a gestire i processi, sono i fattori che spiegano l’ancora molto bassa percentuale di enti che godono di affidamenti bancari. Ma la fiducia nel futuro resta alta.
L’indagine ha interpellato un universo di 2.000 realtà non profit clienti di Banca Etica, la prima istituzione finanziaria etica nata in Italia nel 1999. Emerge un quadro ottimistico rispetto alle previsioni per il futuro, in particolare sulla occupazione e la raccolta fondi: circa metà intravede una situazione di stabilità e quasi un terzo ritiene che possano migliorare sensibilmente.
Critico il nodo sulla collaborazione con il pubblico: anche se una quota consistente (quasi il 30%) di risorse per il non profit proviene proprio dal pubblico, la qualità della collaborazione è giudicata appena sufficiente. «Punti critici – spiega Rondinella – sono in particolare l’inadeguatezza della pubblica amministrazione a supportare il Terzo settore nello sforzo di rispondere ai bisogni sociali, l’eccessiva burocratizzazione, i tempi lunghi di realizzazione dei progetti, l’approccio ancora inadeguato alla co-progettazione dei servizi e la scarsa programmazione».
Norme ostili
I fondi del Pnrr e le risorse per la transizione ecologica potrebbero dare una spinta alla crescita, ma la speranza arriva dalla capacità del Terzo settore di accogliere le sfide. «Serve una visione comune, – commenta la presidente di Banca Etica Anna Fasano – un’idea condivisa di società che ancora manca. I numeri dicono che le potenzialità ci sono, ma sia il pubblico a tutti i livelli sia il mondo della finanza possono e devono fare di più. La normativa bancaria, ad esempio, non tiene conto dei soggetti piccoli e medi, della biodiversità tipica del Terzo settore, tutti devono rispondere agli stessi requisiti. Il merito creditizio non dipende però solo dai numeri, ma deve tenere conto anche di altri fattori come le reti e le relazioni. Si rischia di alimentare sempre le stesse organizzazioni meritevoli, rinunciando a creare spazio per l’innovazione. Lavorare per migliorare l’integrazione fra pubblico e privato e cogliere le opportunità della transizione ecologica e digitale: da questo dobbiamo ripartire»
27 agosto 2022 (modifica il 27 agosto 2022 | 17:43)
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, 2022-08-28 05:17:00, Il rapporto post pandemia dell’Osservatorio di Banca Etica su 2.000 realtà. Tiene l’occupazione però la crescita è ancora lenta. Tra i punti critici la scarsa collaborazione con il sistema pubblico e la finanza, Giulio Sensi