di Marta Serafini
I cereali vengono rubati o distrutti. «Va a fuoco la sicurezza alimentare del pianeta», sostiene il ministro degli Esteri Kuleba
«Questa fabbrica l’hanno bombardata cinque giorni fa. Ma lo vedi tutto questo grano? Brucia e brucia ancora». L’odore del fumo nero che si alza dai tetti di lamiera in fiamme si mescola a quello del grano bruciato, come se un’enorme pannocchia fosse finita arrostita. È l’ennesimo deposito che i russi hanno colpito in queste ore. L’ennesima montagna di cereali andata distrutta.
Non si scompone il maggiore Volodya del 63esimo battaglione meccanizzato. Ma ha gli occhi tristi. «Non capisco cosa vogliano ottenere se non far morire di fame tutti gli ucraini», spiega mentre sistema le frequenze radio. «È lo spettro dell’Holodomor di cui ci parlavano i nonni», aggiunge citando la carestia del 1932-33 per la quale venne accusato Stalin. Tutto intorno, a pochi chilometri da Snihurivka, sulla linea del fronte tra Mykolaiv e Kherson, le macerie di un villaggio completamente distrutto. Non possiamo rimanere molto, i droni russi volano sopra le nostre teste. «Ma lo vedi quel cartello? Ironia della sorte c’è scritto: “non bruciate il grano”».
Durante il tragitto verso il secondo villaggio, Volodya accelera. «Non scrivete i nomi esatti dei posti, se no aiutate i russi», si raccomanda. Lungo la strada mostra i campi. Anneriti. Bombardati, anche quelli. «Li colpiscono con le bombe incendiarie, come se fossero obiettivi militari, così vanno avanti a bruciare per giorni e tutto il raccolto va perduto». Pochi chilometri più in là inizia la parte di territorio controllata dai russi. Qui i soldati di Mosca saccheggiano il grano raccolto e lo spostano verso i corsi d’acqua per portarlo verso il mare. Poi, provano a imbarcarlo per venderlo all’estero. Siria, Egitto, Nord Africa. L’obiettivo è chiaro: impadronirsi dei prodotti agricoli nelle zone occupate e distruggere tutto quello che è rimasto nelle mani degli ucraini. «Vogliono ricattare il mondo».
I soldati di Kiev avanzano verso Kherson. «Questi villaggi prima erano sotto controllo dei russi, li abbiamo ripresi, negli ultimi giorni siamo andati in avanti di 18 chilometri», continua Volodya. Rallenta. È presto ancora per parlare di controffensiva ma le cose non stanno andando così male sul fronte Sud. «Vuoi vedere una cosa? Ti mostro un cadavere…». È il corpo di un uomo in abiti civili, completamente carbonizzato, il volto ridotto a uno scheletro nero proteso verso il cielo. Ai piedi, ancora le ciabatte di plastica nera e bianca che si sono fuse appiccicandosi alla pelle. «Non sappiamo a chi appartenga, lo abbiamo trovato ieri. Forse i russi lo hanno torturato, forse era un contadino cui volevano estorcere informazioni. Ma ora sarà la polizia a dover fare le sue indagini».
All’orizzonte, si stagliano almeno nove colonne di fumo. Sono i missili russi che continuano a piovere. «Noi qui stiamo usando Nlaw (armi anticarro leggere di nuova generazione), Javelin (armi anticarro portatili), At4 svedesi (lanciarazzi), Panzerfaust (lanciarazzi tedeschi) e Stinger (missili terra aria statunitensi), sistemi radar statunitensi del tipo An/Tpq-36. Stiamo avanzando grazie alle armi che ci sono arrivate dall’Occidente», spiega il colonnello Vadym Valentynovich Cherny. Parla di artiglieria a lungo raggio «efficace e sicura per la distruzione dell’equipaggiamento e del personale nemico. Ma per proteggere i campi di grano non abbiamo mezzi», sottolinea.
Più a Est, i bombardamenti russi hanno distrutto circa 20 ettari di campi a Zaporizhzhia e nella regione di Dnipropetrovsk. Secondo il ministero della Difesa ucraino «non è il grano ucraino che va a fuoco, ma è la sicurezza alimentare del mondo». Una guerra nella guerra che coinvolge tutto il fronte Sud. Nelle ultime ore il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ha convocato l’ambasciatore turco per chiedergli spiegazioni riguardo alla nave russa Zhibek Zhola, cui è stato permesso di lasciare il porto turco di Karasu nonostante le richieste di sequestro di Kiev, secondo cui la nave trasportava grano trafugato.
Di grano si parla anche a Bali, al G20 dei ministri degli Esteri . «Mi rivolgo ai nostri colleghi russi: l’Ucraina non è il vostro Paese. Il grano ucraino non è il vostro grano. Perché state bloccando i porti? Dovete lasciar uscire il grano dall’Ucraina», tuona il segretario di Stato americano Antony Blinken rivolgendosi al ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e alla sua delegazione. Accuse e parole che volano nell’aria, mentre a Snihurivka il fumo nero continua a salire verso il cielo.
8 luglio 2022 (modifica il 8 luglio 2022 | 22:34)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, 2022-07-09 03:05:00, I cereali vengono rubati o distrutti. «Va a fuoco la sicurezza alimentare del pianeta», sostiene il ministro degli Esteri Kuleba, Marta Serafini