di Massimo Massenzio
Oltre 1.300 interventi del Soccorso Alpino nella regione e un numero di morti che è il più alto degli ultimi anni anche per la tragedia del Mottarone nel maggio scorso
Il 2021 è stato l’anno nero delle montagne piemontesi con 92 morti in quota, 15 in più dei 12 mesi precedenti. Si tratta del dato più alto registrato negli ultimi anni dai tecnici del Soccorso alpino e speleologico piemontese, sicuramente influenzato dalla tragedia del monte Mottarone, lo scorso 23 maggio, quando morirono 14 persone nel crollo della funivia partita da Stresa.
«È stato lo scenario di intervento più drammatico in cui ci siamo trovati a operare — ricordano gli operatori del Sasp — . Intorno alle 12.30, quando è precipitata la cabina, in pochi minuti sono arrivate sul posto due eliambulanze con a bordo i tecnici del Sasp che hanno supportato le equipe sanitarie per stabilizzare e recuperare i due minorenni inizialmente sopravvissuti all’impatto. In seguito sono arrivate le squadre a terra che hanno bonificato la zona e provveduto alla rimozione delle salme».
Complessivamente le persone soccorse dal Sasp sono diminuite (1.355 rispetto alle 1.512 del 2020), ma in oltre 600 casi è stato necessario recuperarle con l’elicottero.
Scendono anche le chiamate alla centrale operativa, mentre resta molto alto il numero degli interventi di carattere sanitario (1.226) con un’insolita impennata delle operazioni sulla collina torinese con 11 infortunati in zone impervie a due passi dalla città. Decisamente in calo, invece, il dato complessivo dei feriti in montagna (1.355 contro 1.512), cifre che però restano ancora troppo alte e dovute, a volte, a impreparazione o imprudenza. «È necessaria molta cautela — raccomanda Simone Bobbio, responsabile comunicazione del Soccorso alpino —. Quando si va in montagna bisogna avere l’attrezzatura adatta, consultare sempre il meteo e non avventurarsi in imprese al di sopra delle proprie capacità. Indossare scarpe adatte può evitare infortuni gravi, la fatalità è sempre in agguato».
Le cause principali degli incidenti sono le cadute (46%), i malori (15%), mentre l’incapacità, la perdita di orientamento o l’improvviso cambiamento meteo rappresentano il 17% dei casi. Oltre il 90% degli infortunati sono italiani, per il 76% sono maschi e la fascia d’età più coinvolta va dai 50 ai 60 anni. Il periodo di maggiore attività per il soccorso alpino è l’estate, ma sono state tante anche le missioni invernali. Quest’anno, in particolare, c’è stato un aumento degli interventi in valanga, con ben 6 morti. Fra loro anche due alpinisti molto esperti come Cala Cimenti e Patrick Negro, il campione di fama mondiale e l’inseparabile amico, lo «sherpa buono» che aiutava tutti. L’8 febbraio il distacco di un costone nevoso li ha travolti a Sauze di Cesana, lasciando incredula un’intera vallata.
Tante e complicate, infine, sono state le operazioni notturne, come quella del 26 febbraio, in Val Maira, quando due alpinisti sono rimasti bloccati in parete per una notte intera prima di essere salvati dall’intervento di 25 soccorritori.
Il numero degli operatori del Sasp (1182) è in leggero aumento e non si tratta dell’unico segnale positivo, come conferma il presidente Luca Giaj Arcota: «Lo scorso 20 luglio, il Consiglio regionale ha approvato una proposta di legge che aggiorna la legislazione in materia di soccorso alpino. A partire dal riconoscimento del Sasp come servizio di pubblica utilità e nella definizione precisa dei rapporti con il servizio sanitario e la protezione civile. Dopo un 2020 segnato dalla pandemia, con il record di interventi, dal punto di vista degli incidenti in montagna registriamo un lento e progressivo ritorno alla normalità».
6 aprile 2022 (modifica il 6 aprile 2022 | 22:06)
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, 2022-04-06 19:50:00, Oltre 1.300 interventi del Soccorso Alpino nella regione e un numero di morti che è il più alto degli ultimi anni anche per la tragedia del Mottarone nel maggio scorso, Massimo Massenzio