In un’estate di repliche, in vetta agli ascolti c’è la tv dell’archivio

In un’estate di repliche, in vetta agli ascolti c’è la tv dell’archivio

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di Aldo Grasso

Dopo due anni di pandemia, gli spettatori fuggono e conquistare la share diventa più facile

Un’estate di repliche, e il pubblico fugge. L’anno scorso c’era stato il Campionato Europeo che aveva tenuto alta la platea fra giugno e luglio, ma quest’anno il teleschermo propone solo le repliche di «Don Matteo» e «Scherzi a parte», e in vetta alla classifica dei più visti c’è la tv dell’archivio (con l’omaggio di «Techetechete’» alla Carrà). Ma l’effetto deprimente sulla platea è evidente: dopo oltre due anni di pandemia, col caldo che attanaglia l’Italia e la voglia stare fuori di casa, ecco che la tv perde 4 milioni di spettatori, attestandosi in prime time a poco più di 16 milioni di spettatori medi (contro gli oltre 20 milioni dell’anno scorso).

È evidente che, con una platea così limitata, la conquista della share diventa più facile: basta almeno proporre qualcosa di inedito, come nel caso dei concerti (giovedì sera «Tim Summer Hits» sfiora il 13% su Rai2, cifre da ammiraglia). A ben guardare, a questi 16 milioni di «televisivi» nel mese di giugno, in prima serata, andrebbero aggiunti altri 3 milioni di persone: sono quegli spettatori che – pur espunti dal nuovo calcolo della platea, operativo da maggio – erano comunque in casa davanti al teleschermo. Sono gli spettatori medi dell’ascolto ex «non riconosciuto», che ora può essere attribuito a varie attività (piattaforme di streaming, gaming con Playstation, connessi con «chiavette» e simili).

Di questi «spettatori evoluti» sappiamo due cose. La metà circa sta utilizzando una SmartTv (un televisore connesso): diciamo che corrisponde a circa la metà del pubblico medio di Rai1 nel periodo (1,5 milioni di persone), e che al momento, sta presumibilmente consumando contenuto on-demand attraverso le piattaforme. La seconda cosa è che si tratta di un pubblico giovane (quasi il 40% ha meno di 34 anni). Morale della favola: la differenza non la fanno le tecnologie, ma come sempre i contenuti.

In collaborazione con Massimo Scaglioni, elaborazione Geca e TechEdge su dati Auditel.

9 luglio 2022 (modifica il 9 luglio 2022 | 21:49)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-07-09 19:55:00,

di Aldo Grasso

Dopo due anni di pandemia, gli spettatori fuggono e conquistare la share diventa più facile

Un’estate di repliche, e il pubblico fugge. L’anno scorso c’era stato il Campionato Europeo che aveva tenuto alta la platea fra giugno e luglio, ma quest’anno il teleschermo propone solo le repliche di «Don Matteo» e «Scherzi a parte», e in vetta alla classifica dei più visti c’è la tv dell’archivio (con l’omaggio di «Techetechete’» alla Carrà). Ma l’effetto deprimente sulla platea è evidente: dopo oltre due anni di pandemia, col caldo che attanaglia l’Italia e la voglia stare fuori di casa, ecco che la tv perde 4 milioni di spettatori, attestandosi in prime time a poco più di 16 milioni di spettatori medi (contro gli oltre 20 milioni dell’anno scorso).

È evidente che, con una platea così limitata, la conquista della share diventa più facile: basta almeno proporre qualcosa di inedito, come nel caso dei concerti (giovedì sera «Tim Summer Hits» sfiora il 13% su Rai2, cifre da ammiraglia). A ben guardare, a questi 16 milioni di «televisivi» nel mese di giugno, in prima serata, andrebbero aggiunti altri 3 milioni di persone: sono quegli spettatori che – pur espunti dal nuovo calcolo della platea, operativo da maggio – erano comunque in casa davanti al teleschermo. Sono gli spettatori medi dell’ascolto ex «non riconosciuto», che ora può essere attribuito a varie attività (piattaforme di streaming, gaming con Playstation, connessi con «chiavette» e simili).

Di questi «spettatori evoluti» sappiamo due cose. La metà circa sta utilizzando una SmartTv (un televisore connesso): diciamo che corrisponde a circa la metà del pubblico medio di Rai1 nel periodo (1,5 milioni di persone), e che al momento, sta presumibilmente consumando contenuto on-demand attraverso le piattaforme. La seconda cosa è che si tratta di un pubblico giovane (quasi il 40% ha meno di 34 anni). Morale della favola: la differenza non la fanno le tecnologie, ma come sempre i contenuti.

In collaborazione con Massimo Scaglioni, elaborazione Geca e TechEdge su dati Auditel.

9 luglio 2022 (modifica il 9 luglio 2022 | 21:49)

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Pietro Guerra

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