Incontinenza da sforzo: che cos’è e quali sono i rimedi a disposizione per riuscire a gestirla senza problemi

Incontinenza da sforzo: che cos’è e quali sono i rimedi a disposizione per riuscire a gestirla senza problemi

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di Daniela Natali

È un problema che può colpire anche persone relativamente giovani, soprattutto donne A innescare il fastidioso disturbo può bastare a volte anche un semplice colpo di tosse

Può capitare. Anche a donne tutt’altro che anziane, sui 40, 50 anni. E sportive. Episodi di incontinenza proprio mentre si corre, si pedala. Si tratta di «incontinenza da sforzo». E lo sforzo può essere di diversi tipi. Basta anche quello necessario per sollevare un bambino da terra. O un colpo di tosse, uno starnuto. «L’incontinenza urinaria — spiega Stefania Chierchia, segretario della Fondazione italiana continenza — è definita, dall’International Continence Society: perdita involontaria di urine in luoghi e momenti non opportuni e in assenza di altre cause transitorie, quali, per esempio, cistite e prostatite».

In Italia colpisce più di cinque milioni di persone. Tra i 45-50 anni interessa il 10-15% delle donne, mentre tra gli uomini di pari età la percentuale scende al 5%. Con l’avanzare degli anni la differenza tra i generi, però, si eguaglia e la patologia aumenta sino ad arrivare a colpire il 50% degli anziani istituzionalizzati.

Esistono donne più a rischio?

«I fattori di rischio possono essere transitori o costituzionali e sono, principalmente, legati a età, menopausa, gravidanza e parto (in particolare quello naturale per via vaginale). Altri elementi predisponenti: obesità, fumo (causa di tosse frequente), stitichezza ma anche gli sport d’impatto come pallavolo o atletica».

Per gli uomini quali sono i fattori di rischio?

«Alcune condizioni, come la chirurgia prostatica per tumore o per un adenoma prostatico ostruttivo. Nelle prime settimane dopo la chirurgia prostatica per tumore è frequente che si manifestino perdite urinarie, spesso di modesta entità, ma nel corso del primo anno dopo l’intervento, la grande maggioranza dei soggetti recupera la normale continenza».

Alcune attività sportive espongono di più a questo problema?

«Non vorrei assolutamente che passasse il messaggio che lo sport fa male. Va però detto che qualsiasi tipo di esercizio fisico si ripercuote sull’attività dei muscoli addominali, sul diaframma respiratorio e sui muscoli del pavimento pelvico: maggiore sarà lo sforzo cui ci si sottopone, maggiore sarà il lavoro che la muscolatura pelvi-perineale dovrà mettere in atto. Nella maggioranza dei casi le atlete trascurano però questa parte del corpo, dimenticando di “allenare” questi muscoli non funzionali al gesto agonistico.

È da questo che nascono i problemi. Gli sport a maggior rischio di incontinenza urinaria sono sicuramente quelli che generano bruschi aumenti della pressione endoaddominale; tra questi, come accennato: pallavolo, ma anche tennis, corsa, atletica, sollevamento pesi. Quanto al ciclismo è causa di traumatismo ripetuto perineale/uretrale e questo può generare una infiammazione uretrale nelle donne e uretrale/prostatica negli uomini che a sua volta espone al pericolo di incontinenza».

Consigli?

«Il suggerimento della Fondazione Italiana Continenza è quello di allenare anche l’area muscolare del pavimento pelvico. Senza però esagerare nel senso opposto perché a un pavimento pelvico troppo “allenato” causa gli stessi problemi di uno debole. Il progetto “riabilitativo” viene stilato da un medico fisiatra che poi affida il paziente alle cure di un fisioterapista o di infermieri specializzati in questo settore che si avvarrà di tecniche e strumenti più indicati.

Quali esercizi si possono eseguire?

Il Pelvic Floor Muscle Training, il training per allenare i muscoli del pavimento pelvico, presuppone un piano d’azione stilato da un medico. «Si può cominciare da semplici esercizi — spiega Gianfranco Beltrami, vicepresidente della Federazione italiana medicina sportiva —. Gli esercizi di Kegel, dal nome del ginecologo che li ideò negli anni ’40, sono davvero facili. Anche mentre si sta lavorando seduti a una scrivania, o si sta in piedi, dopo aver svuotato la vescica si possono contrarre i muscoli del pavimento pelvico per 5/10 secondi consecutivi, come se si dovesse trattenere l’urina; rilasciare lentamente i muscoli per altri 5/10 secondi. Si debbono fare 10 serie di esercizi e ripeterli due tre volte al giorno. Sono utilissimi anche per l’incontinenza nell’uomo.

L’elettrostimolazione è invece una forma di ginnastica passiva, indolore, praticata mediante una sonda vaginale o anale munita di elettrodi. Il biofeedback è una tecnica che aiuta ad aumentare la consapevolezza dei propri processi fisiologici riuscendo quindi a controllarli meglio. Un consiglio: non fate l’errore di non bere sperando di ridurre l’inconveniente. Bere in modo non adeguato significa esporsi al rischio di disidratazione e di infezioni urinarie, causa di incontinenza».

Sono possibili altri tipi di intervento?

«In alcuni casi si può prendere in considerazione anche un supporto farmacologico per sostenere il paziente durante la riabilitazione o in attesa di poterla completare. E se il problema persiste, nonostante riabilitazione e farmaci, c’e la possibilità di un intervento chirurgico. Se si è in presenza di un’aumentata mobilità uretrale durante gli sforzi, si valuterà il posizionamento di una benderella (“amaca”) sottouretrale. In caso di un prolasso vescicale invece sarà necessario eseguire un intervento di riposizionamento vescicale.

Riguardo alle soluzioni chirurgiche per gli uomini, sempre in base a una attenta valutazione clinica e strumentale e al grado di incontinenza, si deciderà quale tipo di intervento proporre al paziente, dai meno ai più invasivi».

5 novembre 2022 (modifica il 5 novembre 2022 | 17:38)

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, 2022-11-05 16:47:00, È un problema che può colpire anche persone relativamente giovani, soprattutto donne A innescare il fastidioso disturbo può bastare a volte anche un semplice colpo di tosse , Daniela Natali

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