Incrociatore russo Moskva, cosa sappiamo della nave

Incrociatore russo Moskva, cosa sappiamo della nave

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di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

Kiev sostiene di aver colpito l’obiettivo con due missili Neptune. Un altro scenario è quello dell’esplosione a bordo per cause accidentali. In entrambi i casi, è un colpo al prestigio della Russia e di Putin

La sorte della nave da guerra russa Moskva è sospesa: per gli ucraini è piegata su un fianco e sta per affondare, Mosca sostiene invece che la stanno rimorchiando verso un porto. Uno sviluppo comunque drammatico, cominciato nella notte quando gli ucraini hanno annunciato che «l’incrociatore Moskva era stato colpito dai missili ucraini Neptune» e che «era in fiamme al largo di Odessa». Quest’ultima informazione è stata confermata dai russi, i quali sostengono però che l’esplosione sia stata innescata da un incendio. Considerata l’ammiraglia della flotta russa nel Mar Nero, al momento dell’incidente la Moskva si trovava nelle acque territoriali ucraine: l’equipaggio — in genere composto da circa 500 uomini — è stato evacuato a bordo di altre unità mentre un paio di rimorchiatori si sarebbero avvicinati per un’operazione disperata, nel tentativo di salvare un simbolo della Marina.

Il disastro del Moskva, qualunque sia l’origine, è in ogni caso un colpo al prestigio della Russia e del suo leader. Fonti russe — in puro stile sovietico — hanno provato infatti a «tamponare» il rovescio sostenendo che l’idea era quella di scaricare le armi una volta raggiunto uno scalo sicuro. Un’ipotesi ribaltata da Kiev, per la quale l’incrociatore aveva sofferto danni pesanti. La Difesa ucraina sostiene di aver lanciato due missili Neptune — produzione locale, raggio di circa 300 chilometri — che avrebbero centrato l’obiettivo nei pressi dell’Isola dei serpenti. Qualcuno ha ipotizzato che un drone Tb2 di fabbricazione turca possa aver «distratto» le difese, oppure aver favorito l’attacco con i suoi apparati di bordo: una versione che permette di celebrare la capacità ucraina e l’impiego di questo velivolo, già protagonista sulla terra ferma contro le colonne blindate.

L’esperto HI Sutton ha segnalato su Naval News come, dall’inizio del conflitto, l’unità abbia seguito movimenti piuttosto regolari. Come nave comando partecipava al blocco delle coste nemiche e poi rientrava a Sebastopoli, un sentiero prevedibile che potrebbe aver agevolato il compito degli ucraini nel tracciamento. Ci sono anche speculazioni sul tipo di missile — è stato davvero un Neptune? — e sul possibile ruolo dell’intelligence occidentale, che può aver aiutato i difensori nella caccia alla preda. In Mar Nero sono frequenti i voli di ricognitori e droni Usa, velivoli per la guerra elettronica che decollano regolarmente da Sigonella (Sicilia), e spesso fanno il pendolo nella parte meridionale della Romania. Ascoltano, seguono, registrano. Hanno captato qualche comunicazione dell’incrociatore in difficoltà? Insieme a questo scenario, va considerata l’ipotesi di mine: nella zona operativa ve ne sono molte, usate dai due contendenti. Alcune sono finite nelle acque romene e turche costringendo le autorità a lavori di bonifica: proprio per questo la nostra Marina invierà due cacciamine in aiuto a Bucarest.

Nel caso sia conferma la tesi dell’attacco, può esserci ora un impatto sulle tattiche della Marina russa, che ha schierato davanti a Odessa quasi una ventina di navi. L’incrociatore lanciamissili ha partecipato alle prime fasi dell’invasione. Ora i comandanti dovranno valutare rischi, stare in guardia, mentre i militari di Kiev cercheranno di tenere lontani i «vascelli» avversari, tanto più se riceveranno dalla Nato nuovi missili: Londra li ha promessi, mentre Washington nell’ultimo pacchetto ha inserito dei droni di difesa marittima. L’altro scenario, però, è quello dell’esplosione a bordo per cause accidentali: secondo la Difesa russa, a danneggiare la Moskva sarebbe stato un carico di munizioni, innescato da un incendio. I missili anti-nave e anti-aereo a bordo della Moskva vengono stoccate nei depositi della nave, anche questi non proprio aggiornati.

L’unità ha alle spalle molti impegni. Lunga 186 metri ed equipaggiata con 16 missili cruise anti-nave Vulkan, che hanno una gittata di 700 chilometri, la Moskva — entrata in servizio nel 1983 — è stata concepita negli anni Settanta in funzione anti-nave, in particolare per contrastare i Battle Group statunitensi, e garantire nel contempo la difesa aerea tramite il sistema SA-N-6. Come spiega l’esperto Giuliano Ranieri, le difese di punto contro missili anti-nave sono alquanto obsolete, e in ogni caso nessun sistema è impenetrabile: è evidente che l’unità avrebbe dovuto restare a distanza di sicurezza dal raggio di eventuali sistemi costieri ucraini. Ma la logica non sempre detta legge. Se i russi volevano utilizzare la nave per le sue capacità anti-aeree o contro-costa tramite artiglieria imbarcata — afferma Ranieri — allora significa che hanno messo a rischio un’unità progettata e concepita per fare tutt’altro.

Gli incidenti possono accadere, ma questo non sminuirebbe comunque le responsabilità dell’equipaggio. Anche la flotta americana del Pacifico ne ha sofferti parecchi, seguiti però da punizioni severe nei confronti degli ufficiali: storie rese pubbliche, con documentazione accessibile a tutti. La Russia, inoltre, ha già lamentato danni pesanti a una nave da sbarco ferma in porto: anche in quel caso la teoria del missile ucraino è stata accompagnata da quella delle munizioni saltate per aria. I missili anti-nave, del resto, sono una minaccia seria. Nel 2006, durante il conflitto tra Israele e gli Hezbollah, la corvetta Hanit dello Stato ebraico è stata colpita da uno di questi sistemi «sparato» dalla costa: un vecchio C-802 di fabbricazione cinese. I dispositivi dello scudo elettronico non erano attivi, una grave sottovalutazione in area bellica.

14 aprile 2022 (modifica il 14 aprile 2022 | 16:40)

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, 2022-04-14 14:41:00, Kiev sostiene di aver colpito l’obiettivo con due missili Neptune. Un altro scenario è quello dell’esplosione a bordo per cause accidentali. In entrambi i casi, è un colpo al prestigio della Russia e di Putin, Andrea Marinelli e Guido Olimpio

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