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«La scuola appartiene al Paese, non alle maggioranze pro-tempore. Ogni governo, ogni ministro vuole lasciare il segno con una “sua” riforma, e non va bene, perché non è di questo che abbiamo bisogno. L’innovazione vera, quella che davvero fa fare passi avanti al sistema, è quella che si costruisce attraverso il coinvolgimento del personale scolastico, che di ogni riforma dev’essere necessariamente protagonista». Così Ivana Barbacci nel corso dell’incontro (“Un’agenda scuola per il futuro del Paese“) organizzato da CISL Scuola, SNALS e Gilda svoltosi oggi a Roma, cui ha partecipato l’economista Carlo Cottarelli.
«Il contesto in cui la scuola agisce è molto cambiato nel tempo, la società la carica di compiti sempre più impegnativi, fra l’altro senza che possa sempre far conto sul supporto delle famiglie in una necessaria alleanza educativa. Tutto ciò non è abbastanza compreso; se chi insegna in Italia è pagato meno che in altri Paesi, la ragione è anche questa. Noi costiamo tanto perché siamo tanti. Nella scuola lavorano 1.200.000 persone: ma il nostro lavoro si rivolge a 8 milioni di studenti, e considerando i loro genitori ne potremmo aggiungere altri 16 milioni. Basterebbe questo a dire l’importanza di un sistema grande e complesso, che tuttavia non riserva a chi ci lavora una retribuzione adeguata».
La segretaria generale della CISL Scuola ha affrontato nel suo intervento anche il tema delle “gabbie salariali”, tornato di recente alla ribalta. «Non credo sia giusto differenziare gli stipendi in base alla residenza, di sicuro non nel contratto nazionale. È vero che il costo della vita cambia, anche molto, da luogo a luogo, ma va tenuta ferma l’unitarietà della professione; questo deve fare, secondo me, il contratto collettivo nazionale di lavoro. Perché non ragionare, piuttosto, di una contrattazione di secondo livello, che coinvolga le istituzioni locali, anche con la messa a disposizione di proprie risorse? Chiedendo loro di farsi parte attiva per sostenere forme di welfare contrattuale, o politiche di agevolazione per quanto riguarda le spese di viaggio e di alloggio?».
Non è mancato un accenno al reclutamento, in presenza della nuova tornata di concorsi da poco banditi. «A dire che i concorsi non saranno, anche questa volta, la panacea di ogni male, si fa una facile profezia. Se anche quest’anno ci sono state migliaia di rinunce alla nomina in ruolo, significa che dobbiamo anzitutto fare di più per rendere attrattiva una professione che non lo è evidentemente abbastanza. Nel frattempo, a quanti lavorano nella scuola come precari non si danno opportunità di stabilizzare il proprio rapporto di lavoro. Per la CISL Scuola non basta bandire concorsi per esami, serve un canale di reclutamento che valorizzi l’esperienza di lavoro. Esperienza da sostenere adeguatamente anche sul piano formativo, sulla falsariga di quanto avviene con l’anno di prova: superato il quale non c’è ragione per cui venga negata la stabilizzazione del contratto».
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