Scala, perché era giusto che Conte suonasse

Scala, perché era giusto che Conte suonasse

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MARTED 21 FEBBRAIO 2023

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
i puristi melomani hanno protestato. Io, invece, credo che chi ha avuto la fortuna di assistere a questo concertoevento lo ricorder per tanto tempo.
Marina Ferlazzo

Qualcuno ha pregato il grandissimo Paolo Conte di non profanare lo storico teatro alla Scala ma al giorno d’oggi chi pi di lui merita di esibirsi nel tempio della musica e dell’opera classica?
Eriano Bevitori

Ora dopo Paolo Conte alla Scala, nei prossimi mesi ci potrebbero finire anche i vari Baglioni, Venditti, De Gregori, Mannoia, Pooh, ecc.?
Tonino Messana

Cari lettori,
Era giusto lasciar suonare e cantare Paolo Conte prima di giudicarlo. Ovviamente chiunque pu essere criticato. Ma non soltanto Conte un grande artista, che ha onorato la Scala. I teatri sono certo istituzioni; e la Scala l’istituzione per eccellenza. Per i teatri sono anche luoghi vivi, che appartengono al popolo. Oggi noi pensiamo la lirica come il divertissement di un’lite. Ma la lirica nell’Ottocento era considerata una passione popolare. E questo vero ancora oggi. Ricorder sempre una serata di dieci anni fa al circolo Parma Lirica, alla periferia della citt. Mogol aveva scritto con Giuseppe Fulcheri le parole di La Capinera. Melodramma moderno in due atti, tratto dall’opera di Verga, musiche di Gianni Bella, e voleva farle ascoltare in anteprima a un pubblico di loggionisti severissimi. L’atmosfera era quella appunto popolare di una bocciofila; ma il rigore con cui i parmigiani discutevano di musica era impressionante. Chi era abbonato al Regio da sessant’anni, chi aveva il figlio baritono in Australia… Quel che vale per la Scala vale, mutato il molto che c’ da mutare, per il Colosseo. C’ un filone culturale contrarissimo ad aprirlo agli spettacoli: Cos il Colosseo diventa un’arena!. Ma il Colosseo un’arena. Come non capire che la differenza rispetto ad altri monumenti meravigliosi, dall’Egitto allo Yucatan, che l si paga un biglietto per visitare pietre morte di una civilt morta, mentre in Italia i monumenti antichi sono vivi, anche perch ospitano spettacoli che in qualche forma sono eredi diretti — si pensi alla tragedia e alla commedia — o indiretti della civilt greco-latina?

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

Ultimo e il bullismo altezzoso delle lite

Aldo Cazzullo mi consiglia di non paragonare il giovane Ultimo ai mostri sacri della canzone italiana degli anni Settanta. In realt, non ho avanzato alcun paragone. Ho rilevato solo che nel passato, in particolare la creativa federazione giovanile comunista di Roma, guidata dal compianto e geniale Gianni Borgna e anche dal sottoscritto, per capire meglio gli orientamenti della giovent di allora, andava a cercare i grandi talenti della musica (allora alle prime armi), li invitava alle feste di piazza e ci dialogava. Questo valeva anche per i cantori pi politici; o per le espressioni della tradizione popolare e dialettale; o per la raffinata riproposizione del cabaret berlinese del primo Novecento di Adriana Martino; o per la ricerca teatrale e letteraria di Carmelo Bene e Pasolini. Potrei continuare. Oggi, invece, la sinistra si rinsecchita nella funzione principalmente di governo. Ecco il mio invito, nel contesto di un discorso ben riportato da Tommaso Labate, di interessarsi ad Ultimo. Che nella sua musica non ha alcun fine ideologico. Politico o partitico. N indica una via da percorrere. N si atteggia a profeta; piuttosto semplicemente s stesso. Risultando n adulatore corretto dei gusti dominanti, n trasgressore scorretto a testimoniare una protesta, un piccolo scandalo. Si sottrae da questo gioco degli specchi, al fondo elitario e subalterno. Amo molto le sue canzoni. Ne avverto il dolore e la speranza di una generazione senza riferimenti. La voglia di riscatto, la rabbia e l’autenticit. Tanto pi commovente, in quanto grido che non attende risposte. Alcuni in sala stampa a Sanremo hanno applaudito alla sua mancata vittoria. Non gli hanno perdonato una conferenza di qualche anno fa. Senza cogliere che dietro la maschera da duro, c’ una grande sensibilit. Persino turbamenti esistenziali. Ultimo nella vita ce l’ha fatta, ma rimasto legato a San Basilio, ai suoi amici, al suo linguaggio, che sono un tutt’uno con la sua arte. Radici che la sinistra ha troppo poco coltivato. L’episodio di Sanremo mi sembrata una metafora. Non vorrei che quello che apparso ai critici musicali un bullo, diventasse egli stesso vittima del bullismo altezzoso delle lite. Che, quando disprezzano, lo fanno senza la grazia e l’innocenza (Pasolini) delle persone che ignorano come l’etichetta in voga imponga di apparecchiare la tavola.
Goffredo Bettini

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